La sfilata Ermanno Scervino alla Milano Fashion Week – collezione Donna Autunno Inverno 2016/17
L’iperfemminilità si fonde con la sensualità androgina nella donna Ermanno Scervino.
La divisa diviene accessorio di seduzione, il pizzo per gli abiti una scusa per mostrare il corpo in trasparenza.
Gold, silver e bronzo sono i nuovi linguaggi che spiegano, insieme all’handcraftsmanship la qualità dei capi Ermanno Scervino, da sempre leader assoluto dei ricami e delle silhouette femminili.
Rimandi vittoriani nei long dress in pizzo e gotici nei cappotti black; le clutch si fanno minute, al contrario del casco in volpe, must have in primo piano.
La collezione Ermanno Scervino Autunno Inverno 2016/17 stupisce per i tessuti, macramè petit-damier, cesellati e sovrapposti e per i colori – pennellate di gialli, bordeaux e pink, capelli della modella compresi.
C’era una volta una bellissima peccatrice che attirava l’attenzione dei media. Il suo nome è Eva Robin’s, si esibiva nelle ville dei politici, nei salotti colti degli artisti, invitata dagli “illuminati” e dai curiosi, e mostrava la sua verità sessuale: il pene. Il pene su un corpo di donna.
Sulle copertine, tra la sinuosità dei seni naturali (Eva inizia a prendere ormoni femminili all’età di 14 anni) e la sfacciataggine di un pene, si crea un personaggio. E mi sembra cosa molto superflua rispetto a quello che vedo oggi, qui, nella sua casa.
Siamo nel centro di Bologna, ultimo piano di un palazzo. Per le scale, pile di libri e oggetti d’arte. Entrando troviamo la Cina, l’Africa e la Francia tra gli scaffali e i mobili, un boudoir dalle tende chiuse e dalla luce soffusa, un ambiente che obbliga al silenzio.
Tutto sembra avvolto da mistero, le porcellane cinesi ricoperte da collane in turchese, le statue rivolte verso le finestre, gli angoli accesi dalle piccole luci natalizie, il bambin Gesù sotto una lampada giallastra – tanti ammennicoli che ricordano un luogo di preghiera. Eppure Eva Robin’s è atea.
Il sorriso si posa sulle sue labbra come una falena stanca. Il personaggio è scomparso, o meglio, ogni tanto viene fuori timido con qualche smorfia, qualche battuta sarcastica; ma quel coraggio, forse a volte un poco incosciente, di una Eva ventenne, non c’è più.
Lontana dai proiettori, Eva Robin’s si dedica al teatro, che l’ha aiutata a scacciare i fantasmi. E’ bellissima, conserva il fisico di una ragazzina e una sensualità innata, le finte ciglia vibrano, la voce è calda, docile, in sottofondo c’è il Requiem di Mozart.
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Nella suo piccolo boudoir in pieno centro di Bologna, Eva Robin’s si racconta in un’intervista, dopo anni di silenzio.
I suoi amori, i dolori che l’hanno fortificata, la passione e il lavoro che da sempre la lega al teatro e il tempo che passa. Una Robin’s cambiata ma che conserva, sempre, quel fascino magnetico che impone all’ascolto.
Qui l’intervista ad Eva Robin’s ed il servizio fotografico.
C’era una volta una bellissima peccatrice che attirava l’attenzione dei media. Il suo nome è Eva Robin’s, si esibiva nelle ville dei politici, nei salotti colti degli artisti, invitata dagli “illuminati” e dai curiosi, e mostrava la sua verità sessuale: il pene. Il pene su un corpo di donna.
Sulle copertine, tra la sinuosità dei seni naturali (Eva inizia a prendere ormoni femminili all’età di 14 anni) e la sfacciataggine di un pene, si crea un personaggio. E mi sembra cosa molto superflua rispetto a quello che vedo oggi, qui, nella sua casa.
Siamo nel centro di Bologna, ultimo piano di un palazzo. Per le scale, pile di libri e oggetti d’arte. Entrando troviamo la Cina, l’Africa e la Francia tra gli scaffali e i mobili, un boudoir dalle tende chiuse e dalla luce soffusa, un ambiente che obbliga al silenzio.
Tutto sembra avvolto da mistero, le porcellane cinesi ricoperte da collane in turchese, le statue rivolte verso le finestre, gli angoli accesi dalle piccole luci natalizie, il bambin Gesù sotto una lampada giallastra – tanti ammennicoli che ricordano un luogo di preghiera. Eppure Eva Robin’s è atea.
Il sorriso si posa sulle sue labbra come una falena stanca. Il personaggio è scomparso, o meglio, ogni tanto viene fuori timido con qualche smorfia, qualche battuta sarcastica; ma quel coraggio, forse a volte un poco incosciente, di una Eva ventenne, non c’è più.
Lontana dai proiettori, Eva Robin’s si dedica al teatro, che l’ha aiutata a scacciare i fantasmi. E’ bellissima, conserva il fisico di una ragazzina e una sensualità innata, le finte ciglia vibrano, la voce è calda, docile, in sottofondo c’è il Requiem di Mozart.
Chi è Eva Robin’s?
Una volta la definivo come un bambino che cerca di crescere, oggi dico una persona, non più un personaggio (come quando ho decollato negli anni ’80). Mi sono fortificata negli anni, tra successi ed insuccessi. Ma sono gli insuccessi che mi hanno fatto crescere.
Come convive con la dualità Eva – Roberto?
Non ho mai disprezzato la parte che ha generato Eva, anzi mi è indispensabile perchè il mio Io maschile è molto più obiettivo rispetto all’immagine fatale della Robin’s. E’ un bellissimo matrimonio.
Quanta importanza ha avuto il teatro nella sua vita?
Il teatro è stata la mia formazione. Ho iniziato quasi per diletto con “La voce umana” di Jean Cocteau per la regia di Andrea Adriatico, ma il tempo mi ha permesso di capire che il teatro è stato la mia salvezza. E soprattutto permette, a differenza del cinema, di non focalizzare, evitando i primi piani, il tempo che passa.
Lei è stata la prima a sollevare il tema dell’ambiguità (o chiarezza) sessuale, oggi molto attuale. Com’è cambiato dagli anni 80?
Gli ’80 erano gli anni della spensieratezza ma sono passati, io vivo il presente e do importanza al futuro, trovandomi sempre a mio agio con il tempo in cui vivo. Gli ’80 sono stati l’ebbrezza del consumo…anche noi eravamo molto consumate!
Le statistiche parlano di un aumento della prostituzione transessuale. Cosa porta gli uomini a desiderare un trans?
E’ una società fondata sul desiderio e non sul bisogno e allora il transessuale serve per sfuggire da una realtà quotidiana e inoltrarsi in un terreno da brivido. Si arriva al transessuale per il gusto e poi ci si nasconde per il disgusto.
Cosa la ferisce di più?
Veder soffrire una persona che amo.
Il complimento più bello che le hanno fatto?
Mi hai sorpreso.
Lei ha più volte dichiarato che ha avuto rapporti sia con uomini che con donne. Cosa l’affascina dell’uno e cosa dell’altro sesso?
Il rapporto con la femmina è più costruttivo rispetto a quello con i maschi, che è più distruttivo. I maschi pascolano liberi e sono pieni di desideri e di frustrazioni: si soffre di più con gli uomini, che sono fondamentalmente deboli. Con le donne il rapporto diventa educativo, istruttivo, perché apprendo ciò che a me manca del mondo femminile. E’ una scuola. Ma l’amore è sinonimo di dolore, per cui non mi auguro di innamorarmi alla mia età, sarei patetica.
Progetti futuri?
“Jackie e le altre” con i “Teatri di vita”, “Il Frigo” di Copi (il mio cavallo di battaglia), “L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi”, “Delirio di una TRANS populista” di Elfriede Jelinek.
Il personaggio più bello mai interpretato?
Direi Agrado in “Todo sobre mi madre”, che mi ha valso una nomination per l’Ubu.
Copiare il look di un’icona è cosa assai azzardata, soprattutto quando si tratta di Paloma Picasso, ma tentare un tocco di classe in suo onore è possibile.
Figlia di Pablo Picasso e dall’artista francese Françoise Gilet, Paloma si conferma come indiscussa icona di stile, creatrice di gioielli, musa di stilisti e fotografi.
Qui un articolo a lei dedicato e in questo spazio la nostra proposta di look a lei ispirato.
Brand: Michael Kors, Alexander McQueen, Rick Owens, Al e Ro Design, Prada, Bruno Carlo, Dolce & Gabbana, Corrado Giuspino, Dubini, Chantecler, Eugenia Kim, Versace Home.
Il loro motto è “Lavora duramente per raggiungere la perfezione. E se non ci riesci, prova ancora.”
I loro abiti sono rigorosamente prodotti a mano ed ognuno è realizzato da 45 sarti; cravatte alta moda e completi da uomo sono la forza del brand. Stiamo parlando di Kiton, casa di moda e sartoria industriale napoletana.
Per la collezione Uomo Autunno/Inverno 2016/17Kiton non si smentisce e presenta delle eccellenze in fatto di sartoria, sportswear, accessori, denim, con la grande novità del termico.
Il progetto si chiama CULTO ed unisce l’evoluzione dell’arte sartoriale all’avanguardia delle tecnologie. Il risultato è la creazione di capispalla sartoriali termici che grazie ad alcuni materiali eleganti e leggeri, fungono da valvola termica. Quindi addio alla pesantezza dei tessuti invernali, sì alla comodità e alla vestibilità sempre in un capo caldo e moderno.
Forza e preminenza nella formalità Kiton, che torna con un must di stagione nell’abito tre pezzi: il gilet.
I tessuti utilizzati dalla maison sono sempre sinonimo di raffinatezza: il 13.2, il 13.5, il 14 micron – così come le giacche (monopetto e doppiopetto) in filato di puro cashmere che si combinano alla vicuna (la fibra più fine e rara al mondo che si ricava da un piccolo camelide che vive selvaggio sulle Ande – la vigogna) e al guanaco (fibra ricavata da un camelide affine al lama diffuso in Sudamerica – il guanaco presenta un manto doppio: uno più ruvido all’esterno e uno più soffice all’interno. Quest’ultima copertura è molto pregiata).
Le camicie, da sempre il “terzo occhio” delle capacità sartoriali, divengono strutturate con delicatissime filature a “microdisegni”; la selezione cromatica dei pantaloni è ricca ed in velluto di cotone. Grandi protagonisti sono il blu e il grigio in ogni sfumatura, in aggiunta delle note intense bordeaux, verdi e dei classici bianco e nero.
Esclusività anche nel capo più sportivo al mondo: il jeans.
Per la linea denim Kiton sceglie il jeans giapponese Kurabo, prodotto con cotone biologico, lavorato ad alta intensità su antichi telai, proposto in versione slim europea e comoda americana.
Si contraddistinguono per la doppia cucitura con gli iconici bottoni in smalto rosso e sono disponibili in una ricca gamma di blu, per ogni occasione. Un capo indispensabile per l’uomo Kiton che non vuole rinunciare alla comodità, ma lo fa con gusto.
Anche gli accessori vestono la raffinatezza Kiton, dalle scarpe da smoking in coccodrillo lucido nero con stringhe in grois di seta colorate (anche in giallo fluo per i più audaci – ai set di borse da viaggio, shopping bag e zaini.
I colori della collezione sono l’ardesia, il testa di moro, il whisky, il verde felce ed il bordeaux – i metalli utilizzati per le scarpe classiche sono il palladio e l’oro, mentre le fibbie sono in rutenio dark, oro rosa, oro e palladio.
Gli showroom Kiton sono presenti in tutto il mondo e tramandano con grande passione il valore e la tradizione dell’antica sartoria napoletana, da sempre la migliore.
Cosa manca ad alcuni “artisti” per essere definiti tali? L’amore. L’amore per quello che fanno, per il proprio mestiere, per il pennello che tinge la tela, per il soggetto che stanno fotografando. L’amore come elemento essenziale, come la mezza tinta che rende un quadro perfetto – questo è quello che non manca a Santillo 1970 – l’amore per la propria terra.
Ed è alla loro terra d’origine, la Calabria, che i fondatori Santillo 1970 dedicano la nuova collezione autunno-inverno 2016/17 e al progetto speciale Radici Project.
Radici Project pone come obiettivo quello di recuperare le antiche lavorazioni artigianali, utilizzando le materie prime del territorio. La ginestra calabrese, un bellissimo fiore dal giallo intenso, viene mescolata al lino e al cotone, rendendola così più morbida. Il risultato è un tessuto di gran qualità, successivamente lavorato attraverso antichi telai di inizio ‘900 restaurati. Prodotti unici, autentici, che hanno una “vita da raccontare” quelli di Santillo 1970 – che racchiude, in questa capsule, le lavorazioni croquette per le cravatte “handmade”.
Nella collezione autunno-inverno 2016/17 ritroviamo il grande attaccamento di Gennaro e Saverio Santillo per la letteratura e i viaggi, capi dal sapore antico che ci riportano ai romanzi di J. R. R. Tolkien – e allora le sfumature saranno verdi come i boschi incantati, marroni corteccia, rosse come il fuoco e blu intense come i cieli di un paesaggio rurale.
Tutto è retrò, compreso lo showroom situato nel cuore di Milano, a Porta Venezia, dove tra i manichini risalta la forza del brand per l’attenzione ai dettagli – polsini, asole, colletti e rifiniture – sempre e rigorosamente realizzati a mano.
Un viaggio dove la classe, l’eleganza e il buon gusto ritornano in auge, radici al passato, verso gli anni ’30 – ’40, anni che, secondo Gennaro Santillo, rappresentano la massima espressione dello stile.
La collezione FW 2016/17 è composta da dieci capi e si distingue per l’utilizzo delle mescole di pregiati filati quali flanella, cachemire, fustagno, cotone nelle due versioni “classic”, gli immancabili monofilo e brillanti come il drill, e “rough”.
New entry per questo nuovo progetto è il capo “daily use” ricercato ma versatile. Una camicia che non è più ancorata alle vecchie rigide regole del dress code. Sempre attuali sono i modelli “cult” dell’azienda calabrese, fra tutti la polo-camicia.
La storia di Santillo 1970 nasce nel secondo dopoguerra nella bella Napoli, e arriva a noi oggi grazie alla loro passione, alle tradizioni, all’ amore per la famiglia e per la propria terra, una storia dove l’etica e le pratiche sartoriali sono il “leitmotiv” del brand.
Santillo 1970 ha ancora molto da raccontare, è il libro che abbiamo appena iniziato a leggere e non vorremmo finisse mai.
La moda è anche un gioco, così presenta la collezione autunno/inverno 2016/17 il brand SUNNEI, con il gioco delle sedie musicali.
In una lussuosa sala anni ’30 del centro di Milano, i modelli ballano attorno alle sedie sfidandosi in un gioco infantile, senza prendersi troppo sul serio.
Un uomo contemporaneo che ama divertirsi e giocare con la moda, i tessuti sono ricercati ma confortevoli, le t-shirt diventano dei fogli bianchi sui quali disegnare.
Colori caldi per la stagione fredda, come il beige cammello accostato alla ciniglia delle tute e alla lana del cappotto/accappatoio.
Blu, bordeaux e una punta di verde smeraldo colorano la collezione SUNNEI che si alterna a righe e quadri, un decumano artistico in collaborazione con Michele Papetti.
Tutto è Made in Italy, dalla maglieria in lana alle felpe, per un autunno/inverno caldo e morbido, indossando capi basici, semplici, ma originali.
Non solo abbigliamento, SUNNEI si avvicina al mondo delle calzature introducendo la linea di scarpe con la suola running VIBRAM; un brand a 360 gradi che vuole semplificare e ridurre ai minimi termini una moda artefatta di un’epoca complessa.
Gioia e Gioco tra le parole di Loris Messina e Simone Rizzo, il duo SUNNEI che, ballando insieme ai modelli, hanno divertito gli spettatori con una leggerezza che andiamo perdendo, ma che speriamo di riportare in auge.
Eleventy presenta alla Milano Moda Uomo la collezione autunno/inverno 16/17
Una presentazione che non passa certo inosservata quella di Eleventy alla Milano Moda Uomo 2016.
Non manca nulla:
– una collezione maschile curata e studiata nel dettaglio, un inno agli opposti che si attraggono – abbinamenti inaspettati di tessuti e colori; il classico che si fonde con lo sportivo, una filosofia riconducibile alla cultura giapponese wabi sabi
– nuovi concept: la camicia trattata con il collo coreano in flanella; il pantalone da jogging al posto del classico; lo stretch per le giacche in camoscio da indossare su jeans cimosati; il trattamento rain system che rende impermeabili tessuti lanieri come fossero capi in nylon
– un lunch con chef d’eccezione Andrea Berton, che ha allietato buyers e giornalisti (nuovi runner delle settimane della moda milanesi) con deliziosi manicaretti.
La capsule collection PLATINUM, rigorosamente di sartoria napoletana – da sempre la migliore – propone una moda mixed, dai colori del beige, grigi, moro, blu notte, con punte di ruggine e verde delavèe.
Marco Baldassari, designer e perfetto rappresentante dell’uomo Eleventy, dichiara:
“Vogliamo proporre un’eleganza che non sia ostentata, ma trasmetta un concetto di bellezza imperfetta dato da qualità, cura nei dettagli e abbinamenti insoliti di colori e tessuti“.
Si apre con una fila di moto Yamaha la sfilata Dirk Bikkembergs alla Milano Moda Uomo; rombo di motori e Marilyn Manson con “Sweet Dreams“, un’esplosione di adrenalina e forza per presentare la collezione autunno-inverno 2016/17.
Un uomo virile, sportivo, amante del pericolo, con uno stile biker che indossa tute in pelle second skin, chiodi, denim, tute da motociclista dai tessuti tecnici mixati, dettagli in rete e sfoggia tatuaggi dal rimando orientale – non a caso l’ad del brand Maurizio Pizzuti, mesi fa ha ceduto il pacchetto di maggioranza al gruppo cinese Guangzhou Caudillo.
A tutta velocità l’uomo Dirk Bikkembergs vola con mantelle e cappe profilate di cerniere, regge caschi/teschio e si assicura con pantaloni in pelle rinforzati; ma non trascura, su corpi scultorei, l’eleganza della pelliccia sui cappotti, cardigan tricottati e non ultimo il tailoring sparkling per sfrecciare con classe nelle notti più buie.
Riceve gli applausi in passerella un uomo coperto di casco …chi si cela dietro questa sagoma?
«Questa è una controfigura, ma vi comunicheremo presto notizie in merito» spiega l’azienda.
Who knows?
Guarda qui la gallery della sfilata Dirk Bikkembergs Autunno/Inverno 2016/17:
Desiderio di un ritorno alla vera eleganza, dove anche il minimo dettaglio racconta il lusso e il gusto per il bello, sfila in passerella con DAKS.
E’ un uomo dandy, che ricorda Chéri, il bellissimo amante di Colette, un giovanotto con una sfrenata passione per perle e stravaganze; un uomo che non teme l’ostentazione e ne fa uso attraverso camicie in chiffon, smoking con colli e polsi in pelliccia, gioielli vistosi a incoronare gli abiti.
Un’eleganza serale quella di DAKS che ha presentato la sua collezione autunno-inverno 2016/17 in Piazza Duomo allo Scalone Arengario – una sfilata dal gusto antico, accompagnata da un’orchestra in scena.
Tutto è prezioso a partire dalla maglieria: cashmere, alpaca e mohair. I cappelli di lana sdrammatizzano l’outfit con pon pon di pelo, i fiocchi e nastri di gros-grain sono applicati sul rever della giacca e le spille, illuminate dai cristalli, ricreano i colori dell’iconico house-check Daks.
Sfilano mantelle color ruggine e maglie in lurex e bronzo sull’eleganza british, so british anche la scelta dei modelli, dai capelli rossi e la pelle diafana.
L’uomo DAKS veste l’eleganza anche dentro casa, giacche da notte con rever in velluto, ricordano lo sfarzo della dimora Brideshead, dove il fragile e ricchissimo Sebastien si innamora dell’amico Charles, il fascino dell’arte e della passione.
Velluto, sigillo di classe, sui pantaloni, sulle coccarde, ma anche mantelle in velluto e struzzo, astrakan, cavallino, shearling pettinato e pelle plongé nera.
Filippo Scuffi, direttore creativo di Daks, porta l’heritage inglese su un pubblico young. Lode meritata.
Guarda qui tutta la collezione DAKS autunno/inverno 2016/17: