“A rainy day in New York” di Woody Allen, un filmetto in minigonna plissettata

Quando le aspettative sono alte, la delusione è dietro l’angolo. Perchè da Woody Allen ci si aspetta sempre il capolavoro ma, “A rainy day in New York” si rivela invece un filmetto leggero. Un’ambientazione romantica come romantica può immaginarla un adolescente amante dei film in bianco e nero, dei locali retrò, delle musiche di George Gershwin, una New York bagnata dalla pioggia e grigia come la malinconia.

Woody Allen scrive il film meno adulto della sua carriera, dove compaiono ragazzette in minigonne plissettate e scarpe da ginnastica, figure che sono comparse inutili alla trama, spente in confronto alla luce brillante del protagonista: Gatsby Welles, un nome, un programma, un ragazzetto tutt’ossa dall’intelligenza acuta, emotiva, di estrazione borghese cresciuto a pane e pianoforte, un romantico che rifiuta l’educazione colta dei genitori ma che ama la cultura, che conosce i locali più chic di Manhattan, da cui proviene, che gira per il Metropolitan Museum come fosse casa sua, che vince somme esorbitanti al poker e che cerca nelle reginette di bellezza della scuola, la musa da plasmare come un Golem.

A rainy day in New York
A rainy day in New York


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Timothéè Chalamet interpreta Gatsby


Selena Gomez e Timothéè Chalamet
Selena Gomez e Timothéè Chalamet


E invece la fidanzatina del momento che porta a New York per un week end romantico, una Elle Fanning fastidiosa come un gessetto che stride sulla lavagna, una ragazzetta ambiziosa che viene dalla provincia e che scrive sul giornale della scuola, si lascia trasportare dal personaggio colorato che deve intervistare, un regista depresso che trova, nella acerba e puerile bellezza della ragazza, un piccolo spiraglio di vita. Finita in un turbine di feste glamourous dove l’alcool scorre a fiumi quanto le donne di cattivo gusto, vestite di leopardo e troppo truccate, dove gli attori del momento sono playboy da quattro soldi, la figura antitetica a Gatsby si fa sempre più piccola.

Gatsby è il ragazzo alla ricerca dell’amore virtuoso, delle passioni più vere, delle emozioni più forti, dei baci più sentiti, come quello dato a Selena Gomez, altro personaggio femminile di secondo piano, piccola comparsa di sfondo che ruota intorno alla storia dove splende soltanto un Timothéè Chalamet, protagonista aperto al mondo, dalle fantasie romanzesche, una mente indipendente e curiosa, che si scoprirà intrappolata dalla banalità di una ragazzetta che corre appresso alle star della tv, colme solo di vizi e frivolezze.

Selena Gomez e Timothéè Chalamet
una scena dal film


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Selena Gomez e Timothéè Chalamet


La New York raccontata da Allen svela sempre un lato nuovo, una città ideale di perfezione estetica, una melopea della fotografia scenica diretta da Vittorio Storaro; frizzante nonostante tutto la sceneggiatura ricca di citazioni, frutto dell’alter ego di Allen, il giovane Gatsby dall’intelligenza luminosa e penetrante e dall’eloquenza straordinaria che racconta:
i salotti di mia madre, sempre pieni di insetti e di madeleine”, rimandi kafkiani e proustiani.

Rivelatrici alcune scene, come quella girata all’interno di un ristorante dove la giovane Ashleigh, fidanzata di Gatsby sedotta da un attore del momento, buffa, goffa e impacciata, gesticola nervosa mentre dietro di lei compare, come una metafora, un quadro con delle ninfe nude.

A rainy day in New York” manca della penetrazione psicologica e morale, manca della profonda conversazione, manca del perfetto intreccio tra i personaggi, ma a Woody Allen si perdona tutto.

Le luxury bags di Paola Bonacina

Nato come accessorio maschile, in quanto utile a riporvi dentro del denaro e quindi legato alla figura del commerciante, la borsa ha subìto una serie infinita di evoluzioni che hanno reso questo accessorio, il re dell’outfit femminile.

Le prime borse ritrovate furono per di più in cuoio, pelli lavorate dalla più antica tradizione toscana del XII secolo. A forma di marsupi, zaini, cartellette, la borsa doveva assumere un ruolo più funzionale che estetico; è nel ‘500 che si diversifica per forma e materiale: vengono usati tessuti, broccati, velluti, arricchite da fiocchi, pizzi, merletti, ricami, nastrini, applicazioni muliebri e, fino ai giorni nostri, conosce mutamenti stilistici in base non solo alle mode, ma alla funzionalità di chi l’acquista.
Pensiamo solo alla Kelly bag di Hermès e alla sua forma squadrata e strutturata che permise alla Principessa Grace di nascondere ai fotografi la gravidanza. Oggi quell’oggetto di culto è esposto al Victoria and Albert Museum di Londra.



Per ogni donna, per ogni gusto, per ogni funzione, il brand di luxury bags Paola Bonacina, studia l’accessorio più adatto alla donna, seguendo le tendenze del momento con un denominatore comune che è l’eleganza.

Oggetti preziosi per manifattura e scelta dei materiali, le luxury bags Paola Bonacina sono totalmente made in Italy, prodotte da artigiani milanesi, centro nevralgico della moda nel mondo, i cui materiali variano dalle pelli pregiate lavorate, coccodrillo, inserti in visone.



Preziose nei dettagli, le borse Paola Bonacina presentano il logo del marchio sia sulle chiusure esterne, sia come firma nella fodera interna.
Ogni borsa ha personalità e stile proprio, che riflettono il carattere di chi la sceglie come compagna di segreti e di avventure; dal punto di vista simbolico infatti la borsa è un microcosmo privato, che nasconde e che attrae.

Paola Bonacina regala al prezioso elemento colore, come per le nuances pastello della collezione Primavera Estate 19, rosa confetto, giallo limone, lilla e verde menta; grinta per le bag in pitone dipinto, con catena gold o manico rigido; e un tocco di tradizione per i bauletti rigidi che ricordano i beauty case delle nonne, modernizzato dal dripping gold alla Pollock.



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LE BORSE DI PAOLA BONACINA, UNA COLLEZIONE DI SEGRETI E TANTA PASSIONE!

TPN COLLEZIONE SPRING SUMMER 2020

COLLEZIONE SPRING SUMMER 2020

La collezione TPN Spring Summer 2020 fa un viaggio intorno al mondo fermandosi nelle calde terre spagnole e nella tradizione greca. 


Sempre attento alle tendenze, TPN mixa con equilibrio capi ultra moderni a pezzi della tradizione culturale della moda spagnola. Gli abiti tradizionali con pom
pom flamenco si trasformano in romantici abiti dailywear; le maxi ruches delle gonne salgono fino alle spalle formando delle ampie ruote in voile bianco e nero; il pantalone a vita alta aumenta di volume dal ginocchio fino a scoprire la caviglia; frange come criniere selvagge sui pantaloni e sulle t-shirt over creano movimento, come gli strass sulle gonne longuette plissettate. 




TPN dalla Spagna vola fino in Grecia, durante un viaggio estivo, e veste la donna come una dea, con abito monospalla, rigorosamente bianco e nero, dalle fantasie con greche su collo e in vita a mo’ di cintura. Le geometrie simmetriche della Grecia tornano su camicie e pantaloni in cotone, netti su colli e polsini creando un sensuale gioco vedo/non vedo. 


Preziosi ed eleganti, i completi top e pantaloni in pizzo San Gallo, freschi e dallo stile bon ton, un richiamo delicato all’infanzia, ma con la grinta dei tagli e delle forme, tornano sulle maglie monospalla con coda.



Must have della collezione Spring Summer 2020 TPN i lurex, i laminati silver delle t- shirt aderenti con zip, i miniabiti paillettes fantasia, gli shorts in denim impreziositi da cristalli, e la stampa animalier bicolor.

“Portiamo la natura in città” – SALAR COLLEZIONE SPRING SUMMER 2020

“Portiamo la natura in città”.

Manca il tempo ma non la voglia, mancano gli spazi ma non il bisogno, così SALAR MILANO decide di regalare alla donna una collezione che la porti in contatto con la natura, disegnando accessori dalle forme moderne e dai colori freschi, la Spring Summer 2020.

Camaleontica la donna SALAR si muove nell’ambiente urbano con un tocco “nature”, va di corsa ma non rinuncia allo stile, cambiano le mode ma è sempre al passo con i tempi, ma soprattutto ama differenziarsi e lo fa con coscienza. Sposa infatti la filosofia eco-friendly introducendo materiali green come il sughero, riciclabile, impermeabile, elastico ed ignifugo. Lucidato e trattato sottovetro, il sughero si presenta in collezione in quattro diversi colori: bianco, naturale, giallo e marrone.

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Dalla natura fa capolino anche la rafia, chiamata per interpretare i marsupi, come per il modello Jacky Straw fornito di mini bag, porta cellulare e moschettone; gli intrecci della Vicky Braid fatti a mano, e la cilindrica Lollipop Straw dalla curiosa apertura laterale che ricorda tanto gli scrigni delle nonne.

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Super trendy le XIN XIN in pelle (i Baci Baci in lingua cinese), cocco o sughero, delle mini bag con catenina o moschettone, da indossare come mini marsupio alla cintura, nei divertenti colori del verde menta, arancio, fucsia, e le WINNY con manico grande, delle mezze lune dalla riconoscibile chiusura in metallo a forma di borchia, firma del marchio Salar.

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Stile inconfondibile, le SALAR bag diventano subito iconiche per forma ed armonia, riprese nei tessuti dalla linea di scarpe. Lo stivaletto Charlotte presenta la stessa rete usata per le buste portadocumenti interne alle borse, le finiture in denim e in sughero, sono le stesse utilizzate dalle bag new collection dal superlucido trattamento sottovetro.

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La donna SALAR cammina in città immergendosi con il suo stile urban metropolitano ma sempre legata al panorama green. Rafia ai piedi con le Chatty Straw, dai lacci trendy alla caviglia, nelle versioni black e natural. La forma delle scarpe è tonda ma su punta quadrata, i tacchi sono in plexigas a regalare un senso di pulizia e freschezza, di aria e di apertura, riprendendo il concetto “nature” della collezione. New entry il glitter e il denim sottovetro, materiali nuovi per le Sharleen dal tacco a palla in versione gold o silver; tacco a colonna per il sandalo Tottie, rimando al periodo architettonico ionico, dai motivi ricchi e decorativi, forma che permette una calzata comoda e che regala un tocco di autenticità a chi le indossa.

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Luisa Beccaria SS2020, dal gioco del volano al “giardino con vista”

Luisa Beccaria Collezione Primavera / Estate 2020

Il modello di donna che presenta Luisa Beccaria è sempre fedele a se stesso, controcorrente rispetto alle mode (per fortuna direi), e con quell’aura regale che dona dolcezza e distanza dalla mediocrità.

E’ una collezione primaverile rigogliosa di fiori, di nature illuminate e di luoghi meravigliosi. L’ambito in cui si svolge la vita della donna Luisa Beccaria, passa dalla sala da tè destinata alle conversazioni tra signore, al giardino dove giocare al volano, come una Lady Marian nota in tutta Nottingham per la sua eleganza e la sua grazia. E proprio durante lo show svoltosi alla settimana della moda milanese, modelle e modelli si alternano il volano da una parte all’altra del campo, separato, al posto di una rete, da graziose tovaglie ricamate a mano, come quelle dei corredi della nonna che usavano essere regalati in attesa del fatidico matrimonio.


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durante lo show Luisa Beccaria ss20 alla settimana della moda milanese


Una collezione Primavera Estate 2020 che sfida le mode volgari aizzando il gusto, l’eleganza e la dolcezza. Abiti che si confanno a una signora, gonne plissettate che coprono il ginocchio, lunghi chemisier in pizzo traforato che sussurrano trasparenze, impalpabili veli carta da zucchero che coprono il corpo con la perfezione del velo che sfiora il Cristo di Giuseppe Sanmartino.

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sx scena dal film “Camera con vista” – dx abiti Luisa Beccaria SS20


Il paesaggio e la condizione circostante la donna Luisa Beccaria, diventa l’abito che indossa: lavande, margherite e primule sono stampa per i sandali, la natura fiorita esplode sugli abiti morbidi avvolti solo in vita per definirne la forma ed esaltare una femminilità romantica.


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sx abito Luisa Beccaria SS20 – dx Helena Bonham Carter nei panni di Lucy Honeychurch


Immacolati lini e cotoni, preziosi pizzi di sangallo disegnano corolle dalle silhouette ad A, eleganti broderie anglaise abbinate a slipper con cinturino per lunghi picnic in stile, come una giovane Lucy Honeychurch di “Camera con vista“.


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sx scena dal film “Camera con vista” – dx abito Luisa Beccaria ss20


Guarda qui l’intera collezione Primavera Estate 2020 di Luisa Beccaria:



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La Vale di Radio Deejay scrive un libro “Le posizioni dell’amore”

E’ dai ringraziamenti, che in genere si leggono e compaiono alla fine, che potrebbe iniziare la storia di questo libro, è dai ringraziamenti che potremmo arrivare alla morale di questa folle storia, da quel “Grazie Filippo di Sant’Angelo in Vado, che per primo mi baciò nell’estate del 1992 anche se in realtà, mi rivelo’ subito dopo, voleva limonare con un’altra che però non c’è stata. Filippo è giusto che tu sappia che anche tu eri la mia seconda scelta.

E così, Valentina Ricci, voce del programma radiofonico seguitissimo dal pubblico italiano “Pinocchio”, insieme a La Pina e Diego, scrive un libro, “Le posizioni dell’amore”, il romanzo della sua vita, delle sue buffe cadute, quelle reali e quelle morali, delle sue avventure, quelle oniriche e quelle sessuali, un racconto da leggere tutto d’un fiato perché è come una lunga conversazione con l’amica del cuore, quella che si confida con te senza riserve e senza pudori. Ed è per questo che l’amiamo.

Valentina Ricci mette in piazza il suo diario di vita, le sue sfighe (ah ma che liberazione ammettere apertamente le proprie sventure), i suoi pensieri più segreti, le conversazioni più sconce con gli amici del cuore (soprannominati “Le schifose”), i silenzi della sua casetta di Milano, quando in via Sempione Valentina si trasferisce per fare l’editor freelance.

Travolgente e dannamente ironica, vi sembrerà di conoscere Valentina da una vita attraverso questo libro, vivrete con lei le sue sbronze, le sue serate attardandosi col bianco fresco sempre versato nel calice, i suoi spritz a tutte le ore, rimedi post sbornia, le chat di gruppo, le Tinderate, lo slang con gli amici che parlano di uomini come fossero degli agenti immobiliari:

Andrea etichettato come Completamente ristrutturato, piano alto, classe energetica A+++; attico triesposto con portineria e ascensore“, metafore che scommetto diventeranno virali per tutti quelli che passeranno in lettura “Le posizioni dell’amore”.

E poi vogliamo metterli i “quando ti sposi?” dei genitori? Valentina passa in rassegna tutti gli ostacoli che una donna sui trenta deve scavalcare quando è ancora single e i pasticci in amore non tardano ad arrivare. Fino a quando decide che “Sticazzi”, e che la vita vera è libertà, è seguire la propria natura, è pensare prima a se’ stessi che agli altri, che non è egoismo ma sano amor proprio, che i trucchetti non servono a niente nella coppia, che “essere unici” è più sexy di un push up per le tette.

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Un romanzo leggero, divertente, irriverente, che è un po’ la storia di tutte noi, le rivincite in amore, i due di picche, i pianti in solitaria, ma dove viene esaltata sempre, costantemente, l’importanza dell’amicizia. Gli amici sempre presenti al fianco di una Vale pasticciona, delusa o arrabbiata, quelli che ti portano la boccia di vino per festeggiare ma anche per dimenticare, quelli che si presentano in tuta a casa tua con vodka e patatine che in tv danno “l’Isola dei famosi”, quelli che sanno sempre come stai perché vivono i tuoi umori e perchè te lo chiedono, che non è mica scontato.
E allora Valentina è una donna fortunata, nonostante le lotte, nonostante la sventatezza, nonostante la ricerca incessante di “quello giusto” che la portasse all’altare, che pare anche averlo trovato ora il fidanzato e chissà, chissà quali sono ora le sue “posizioni dell’amore”…

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E’ morto Peter Lindbergh, il maestro dell’arte fotografica contemporaea

Ci ha lasciati il più grande maestro dell’arte fotografica contemporanea: Peter Lindbergh, 74 anni.

Capirne il vuoto, capirà solo chi comprende cos’è la fotografia, con pensiero intelligente, oltre la sagoma di una bella donna o una bella spiaggia, che quella è superficie, la vera comprensione è quella dell’uomo, dell’essere umano, quella che spingeva Lindbergh verso un’attrice, abituata a vestire i panni dell’attrice, quindi a recitare, a “fingere” in qualche modo, ecco la spinta di lasciarle invece vestire i suoi panni abituali, un jeans ed una t-shirt bianca, indumenti neutri che mettessero invece in risalto l’aspetto più importante: l’espressione. Ebbene, questa espressione, quella immortalata da Peter Lindbergh che ha firmato servizi di moda per i più autorevoli magazine del settore, aveva dei solchi, delle rughe, delle imperfezioni, perché Lindbergh voleva dire la verità, per scelta, per ribellione, per onestà intellettuale, come una Fallaci della fotografia.

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Uma Thurman


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Nicole Kidman


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Julienne Moore


E tutto quello che leggeremo, dai lunghi articoli ossequiosi agli ancor più lunghi post di addio sui social network scritti da account le cui mani e i cui occhi nulla sanno di fotografia, saranno righe di frasi reticenti, dozzinali, scontate e di una banalità imbarazzante, se non irritante, per lo più destinate alle belle donne che Lindbergh ha fotografato e bla bla bla. Quello che si deve ricordare è invece qualcosa di più grandioso, più maestoso di una bella donna che sa posare, è il fatto che Lindbergh abbia inventato un genere di fotografia, quello che molti dopo di lui hanno tentato di emulare, quello “dirty” che piace tanto, con quell’effetto granuloso della pellicola, quei mossi studiati, l’assenza di post produzione, Lindbergh ha messo nella “piazza della moda” la verità, quando fino ad allora andava il costruito, l’artefatto, la ricerca della perfezione, il finto, l’imbellettato, la menzogna, il sogno. Era tutto uno sfoggio di colori e di abiti sfarzosi, magnifici, pomposi, smaccati, per copertine patinate, nell’intento di raccontare la vita lussuosa delle celebrities che necessariamente, agli occhi del pubblico, dovevano galleggiare su quell’aura di sogno irraggiungibile. Prima che arrivasse il bianco e nero di Lindbergh. Bam! Solo bianco e nero, solo semplicità, solo una camicia bianca e dei capelli pettinati dal vento, ridotto il make up e ben evidenti nei e quella pelle lucida che i ritoccatori levano con un colpo di spugna. Lindbergh segna la svolta nei magazine di moda, le star si affidano a lui perchè abbraccia la loro immagine come un padre, con affetto e con lo sguardo di chi ti dice “sei bella al naturale”.

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Peter Lindbergh e Penelope Cruz


Jessica Chastain, Penelope Cruz, Nicole Kidman, Rooney Mara, Helen Mirren, Julianne Moore, Lupita Nyong’o, Charlotte Rampling, Lea Seydoux, Uma Thurman, Alicia Vikander, Kate Winslet, Robin Wright, Zhang Ziyi, sono loro le 14 attrici di fama internazionale scelte da Peter Lindbergh per posare sul Calendario Pirelli 2017, che prima aveva accolto solo nudi. E’ lui a riordinare le idee e le regole optando su Premi Oscar e caratteristiche di personalità. Lindbergh sceglie la testa, senza distinzione di età, la più giovane di loro era la Vikander, 28 anni e la maggiore Helen Mirren, 71.

40 scatti per un Calendario che è già storia, una serie intitolata “Emotional“, perché la bellezza della donna sta nelle emozioni che prova e in quelle che suscita, e noi abbiamo la fortuna di vederle immortalate da un vero maestro del sentimento.

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Penelope Cruz


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Kate Winslet

Foss Marai, l’azienda vinicola leader nella produzione dello spumante e la sua forza

La chiamano «viticoltura eroica» e Carlo Biasotto, fondatore dell’azienda vinicola Foss Marai, la racconta così:

«Eravamo bambini e i nostri genitori ci ordinavano di andare a cogliere l’uva: quello era il momento del pianto, perché sapevamo quanto duro e pericoloso fosse il lavoro».
Terreno con pendenza di 45 gradi, impossibilità dei terrazzamenti, necessità di intervenire a mano limitando l’ausilio dei macchinari che rischierebbero di ribaltarsi: ecco perché il lavoro dei viticoltori nel Valdobbiadene viene detto «eroico». Tanto suggestivo è il paesaggio, con le colline che intrecciano infinite sfumature di colore, dal verde trifoglio al verde felce, quanto difficile è il domarlo da parte dell’uomo.




È nell’area Conegliano-Valdobbiadene, oggi diventata Patrimonio Unesco, che nascono i vini Foss Marai, grazie al rispetto del “disciplinare dei vini di origine controllata e garantita Conegliano Valdobbiadene – Prosecco” atto alla piena tutela del prosecco, vino simbolo del Made in Italy di qualità, senza forzare le piante e il sistema di coltivazione.

Oggi la famiglia Biasotto, formata da Carlo e Adriana con i figli Andrea, Cristiana ed Umberto, continua la tradizione di rispetto del territorio che è nel DNA dell’azienda, nata nel 1986. È un modello agricolo dove il segreto è il saper fare, la competenza artigianale, la precisione e la cura con cui vengono gestiti processi selettivi e produttivi complessi, spesso lunghi perché basati sul lavoro manuale, e per questo dispendiosi: ogni compromesso rovinerebbe la qualità dell’esito.
Nell’utilizzo dei lieviti autoctoni e indigeni del prosecco, in particolare della zona del DOCG, la zona delle colline, sta il loro punto di forza. Una selezione accurata viene fatta dallo stato esterno dell’uva, la «pruina», una cera che ricopre gli acini; ce ne è una moltitudine di tipi, e grazie alla collaborazione con l’Università di Piacenza si è giunti alla cernita dei lieviti idonei a portare a termine la fermentazione alcolica: sia per i vini base, risultato della trasformazione primaria da mosto a vino, sia per la fermentazione in autoclave. Grazie a questi lieviti viene garantita l’unicità, la tipicità e la varietà dell’uva, e si è in grado di mantenere l’aroma originario che invece con utilizzo di lieviti commerciali si perderebbe, dando prevalenza agli aromi fermentativi anziché varietali.




In piccole fiale da chimico si mantengono i lieviti madre; ogni tre/quattro mesi va rinnovata la parte marrone di mosto aga e va presa una piccola porzione di lievito (la parte bianca), poi reinoculata in una nuova fiala; ad una temperatura di 35/37 gradi si attende la crescita per una settimana fino a quando la colonia di lievito è in buona salute, per poi porre la fiala in frigorifero per la conservazione, costantemente monitorata.
La meticolosità del processo è necessaria per controllare che non ci sia alcuna interferenza di batteri, dato che nel prosecco è importante mantenere freschezza e vivacità. Fiore all’occhiello di Foss Marai, in questo passaggio, sono gli strumenti tecnologici innovativi utilizzati: dalle macchine con laser infrarossi agli strumenti “enzimatici” per l’esame di alcol e zuccheri.



Se altri produttori utilizzano lieviti commerciali, selezionati perlopiù da multinazionali, spesso olandesi, Foss Marai sceglie e lavora in casa i propri lieviti da 20 anni, con una produzione di 20.000 bottiglie al giorno, per un totale di 2 milioni all’anno circa. Il risultato è un timbro particolare e unico, e in annate non particolarmente favorevoli si riesce, proprio grazie ai 30 lieviti autoctoni, a dare lo stesso risultato di annate più felici, con gli stessi aromi e profumi, riducendo al minimo gli scarti tra una vendemmia e l’altra.

Molte sono le riflessioni che sorgono conoscendo la storia di questa famiglia, che ha messo l’amore per il proprio territorio prima di tutto, che ha fatto diventare «lavoro» la vita stessa. Jean Giono, scrittore francese nato da una famiglia di origine piemontese, riassumerebbe il pensiero in una frase, presa dal suo saggio «Lettera ai contadini sulla povertà e sulla pace», scritto nel 1938:

«Non si può sapere qual è il vero lavoro del contadino: se è arare, seminare, falciare oppure se è nello stesso tempo mangiare e bere alimenti freschi, fare figli e respirare liberamente, poiché tutte queste cose sono intimamente unite, e quando egli fa una cosa completa l’altra. È tutto lavoro, e niente è lavoro nel senso sociale del termine. È la sua vita.»

Vistaterra, il Castello dei sogni

Quante volte abbiamo sognato di alloggiare in un Castello, visitare le torri che svettano il cielo in cui le fanciulle delle favole sognano il Principe Azzurro? Quante volte abbiamo sperato di vivere almeno una notte negli infiniti saloni affrescati, dove un tempo si riunivano le dame di corte in età da marito, agghindate a festa con le ruote delle gonne che ondeggiavano maliziosamente tra un baciamano e un giro di valzer?! Sgranate gli occhi perché oggi tutto questo è possibile, in un luogo unico e magico, è il caso di dirlo, e si trova a Parella: il Castello VISTATERRA.




Quante prestigiose potenze hanno calpestato questo luogo, non possiamo contarle, ma dal 1200 il Vistaterra ha subìto una serie di evoluzioni che caratterizzano il luogo e lo fregiano di un passato ricco di storia e di tradizione; conti, duchi e marchese hanno qui dimorato, dove un tempo li attendevano carrozze e cavalli, oggi riposano le bici a pedalate assistita pronte per essere impugnate in una visita all’aria aperta che vi risparmieranno sudore e fatica. Perché tutto qui è eco-sostenibile e a impatto zero.

Oltre ai 12 ettari intorno al Castello che comprendono l’antico vigneto nel quale oggi viene coltivato l’Erbaluce di Caluso DOCG, Vistaterra ospita un meraviglioso bambuseto, un luogo di relax dedicato alla meditazione, allo yoga, dove poter camminare a piedi scalzi e respirare all’aria aperta. L’Erbaluce, vitigno tipico del Canavese, può essere acquistato nell’Enoteca del Castello, ex cantine storiche, insieme ad altre 350 etichette selezionate tra le eccellenze del territorio, un percorso enologico didattico in cui conoscere i luoghi e le proprietà del terriccio dove le uve vengono cresciute e trasformate; un’offerta arricchita dai prodotti km zero delle boutique “la corte dei mercanti“, situata al centro del Castello, negozi dove farsi coccolare e consigliare, che propongono prodotti per la cosmesi e per la cura del corpo “lista verde”, fatti solo di ingredienti naturali, produzioni artigianali locali come la pentola “vasaia”, le pentole di rame e le teiere in ghisa e set di bicchieri fatti a mano, la cui imperfezione li rende bellissimi; il miglior cioccolato piemontese, i Cachet dal cuore di grappa distillata in Canavese, le Giuraje, i Tastini ispirati ad Adriano Olivetti, tutte eccellenze certificate che sottolineano la filosofia “green” di Vistaterra.




Il vero lustro del castello sono le camere, distinte in Deluxe e Suite. Le prime, tutte doppie dall’ampia metratura (40 mq.), hanno pavimenti in rovere lavorato a mano, letto king size o twin bed, schermo piatto LCD, e arredi moderni e di design dai toni caldi; l’ampia sala da bagno ha il doppio lavandino dai rubinetti dorati, piano in marmo, doccia arredata con mosaici gold e pavimento stile 3D black and white. La suite gode di un panorama mozzafiato sul romantico borgo di Colleretto Giacosa, sul parco Vistaterra e sulla Serra di Ivrea. La luce arriva dalle grandi finestre e l’entrata offre un’ampio ingresso con guardaroba; il salotto dispone di un ampio divano capitonnè, zona pranzo, poltrone con tavolino, ricchi chandelier di Murano che pendono dai soffitti a cassonetto, letto doppio king size e una metratura di 80 mq. Ma a rendere la Suite ancora più preziosa sono gli affreschi, ritrovati durante i lavori di restauro, risalenti al ‘600 e raffiguranti carnosi girali d’acanto che incorniciano figure femminili dal color oro, paesaggi sul gusto Paul Bril, rare testimonianze del gusto raffinato di Margherita Villa, prima moglie del reggente Alessio II. L’elegante sala da bagno è arricchita da una vasca in rame su sfondo di mosaico dorato; mancano i piedini di leone e sarebbe stata perfetta; tutta la linea cortesia è eco-friendly, formulazioni al 100% vegane e saponi fatti a mano; l’accappatoio è l’elemento dipendenza: non vorrete toglierlo nemmeno per cena, la sua morbidezza è come una droga. Alle pareti opere d’arte di Anna Russo, bassorilievi a graffio su cemento e acrilici su tela, parole di famosi romanzi o di personaggi illustri, da Calvino a Pavese, da Collodi a Kundera.




Omaggio al grande imprenditore italiano Adriano Olivetti, fondatore della prima fabbrica italiana di macchine per scrivere, il “Caffè Alla lettera“, lo spazio moderno dove tornano parole e lettere, come quelle scritte sui tavoli/tasto neri, adornati dalle sedie in velluto blu, il luogo dedicato all’aperitivo con un Vermouth Carlo Alberto Riserva Rosso, o ad una cucina sana e veloce creata dallo stesso chef del ristorante “Alessio I”, Massimo Mascia, un ambiente raffinato nelle sale affrescate dagli stemmi delle famiglie nobili che lo hanno vissuto in passato, dotato di cucina a vista per uno showcooking ad alte temperature.




Alloggiare al Vistaterra è un’esperienza, di grande bellezza perché si assapora la storia, dove non ci si annoia perché offre infinite attività esterne, dal giro in carrozza al parapendio, dal golf al soft rafting per i più avventurosi. Una volta attraversato il ponte levatoio, ci si può perdere con gioia, fare shopping nelle boutiques, passeggiare per il parco accanto al profumo della lavanda fresca, sorseggiare un Erbaluce conversando con la propria metà, e lasciarsi coccolare dalla dolcezza e dalla gentilezza di tutto lo staff, sempre pronto ad esaudire ogni desiderio, sempre accorto e disponibile. Vistaterra è il Castello da cui non vorresti più far ritorno, è il tuo “heimat”.





Vistaterra.it
Via Francesco Carandini, 40, 10010, Parella, Torino (TO)



( foto @Miriam De Nicolo’)

BEST OF PITTI UOMO 96

IL MEGLIO DAGLI EVENTI DEL PITTI UOMO 96

MSGM

MSGM celebra i suoi 10 anni di show in occasione di Pitti Uomo 96 nell’affascinante location di Firenze, il Forum Nelson Mandela, in un’atmosfera onirica e surreale alla Refn, i cui colori ricordano moltissimo il suo ultimo capolavoro “The Neon Demon”, per l’appunto incentrato sul tema della moda.

Al centro dell’immenso palazzetto dello sport, una piscina virtuale dal blu intenso attorno a cui sfilano modelli dal mood estivo, capelli bagnati come le camicie nell’uscita finale, come appena usciti da un tuffo rinfrescante in cui le idee emergono positive. Positivo il messaggio sulle stampe, immagini e scritte dell’artista Norbert Bisky (collaborazione che sottolinea il legame del design con l’arte) che trasforma una giacca in un foglio bianco su cui lancia frasi/inno al cambiamento, all’amore, alla verità.

Speciale presenza per la prima volta in passerella, Leonardo Tano, testimonial della linea di intimo di MSGM, figlio dell’internazionale Rocco Siffredi che non necessita di presentazioni.



Marco De Vincenzo

Una serra invernale in cui le piantine vengono personalmente curate dai modelli che sfilano e che le reggono tra le mani, guanti da giardinaggio inclusi, impreziositi da tessuti e applicazioni.

La location esclusiva è il Tepidarium Del Roster, una serra in ferro battuto fine Ottocento, carica della magia di quella in cui “Bernard & Doris”, interpretati da Ralph Fiennes e Susan Sarandon, coltivavano con amore orchidee e un futuro di amicizia e lealtà.

La collezione primavera-estate 2020 di Marco De Vincenzo riconferma il suo legame ai tessuti, un mix di grande equilibrio in cui utilizza lurex, denim, voile, gessati, quadri, fresco lana, macramè, lame’, pelle, vinile, un uomo dalla vita altissima come i risvolti, che predilige i colori neutri della terra; e una donna (pre-collezione femminile) che alterna il comfort del taglio maschile per il giorno, i maxi volumi delle giacche e dei pantaloni con le pinces, agli abiti da cocktail in lurex dai scintillanti bagliori argentati, pronte per un Bellini e un giro in pista da ballo alla rainbow Room di New York.



Luisaviaroma 90th Anniversary

La performance live di Lenny Kravitz chiude la grande sfilata di LuisaViaRoma che festeggia il 90mo anniversario con uno show curato da Carine Roitfeld, icona, visionaria e fondatrice del Fashion Book.

Il panorama più bello di Firenze, Piazzale Michelangelo, si è trasformato in una passerella per 5000 persone che hanno assistito alla fotografia degli abiti più belli venduti nella boutique fiorentina.

Un cast eccezionale tra cui compaiono Bella e Gigi Hadid, Irina Shayk, Mariacarla Boscono, Vittoria Ceretti, Natasha Poly, Halima Aden, Alek Wek, Alessandra Ambrosio, Paris Jackson, che hanno indossato le opere d’arte dei grandi couturier dalla collezioni Fall Winter 2019.

Il luxury brand del beachwear: Clara AEstas Summer Collection 19

Clara AEstas collezione Estate 2019

Esiste un brand di luxury beachwear? Sì, e si chiama Clara AEstas, dedicato alle donne romantiche ed eleganti che non vogliono rinunciare allo stile nemmeno al mare.

Il sofisticato concept del brand è d’impostazione Haute Couture, e reinterpreta i sogni delle donne che desiderano “vestire” anche in spiaggia, indossare bikini che le facciano sentire belle e dallo stile ricercato, contemporaneo e di tendenza, ma con un tocco classico.

E il risultato è una collezione unica che prende ispirazione dall’Art Nouveau, quel meraviglioso movimento artistico che influenza le arti pittoriche, architettoniche, applicate, con il suo stile “floreale” e decorativo.

Clara Aestas
sx Alfons Mucha – dx Clara AEstas S19


Le due giovani designer al timone di Clara AEstas, Elena e Floriana, sono ambiziose perché in un prodotto racchiudono l’artigianalità del Made in Italy, la preziosità del dettaglio, l’unicità del modello.

La collezione Spring Summer 2019 utilizza delicati tessuti colori pastello con nobili inserti in pizzo e seta, applicati a contrasto su profili e scollature che seguono le sinuose forme della donna.

Dagli interi scollati e sgambati, ai due pezzi elaborati dal tocco greek, Clara AEstas aggiunge anche l’abito mare, in voile dai drappeggi delicati e dalle tonalità sfumate e tenui, gli “Angel dress” in seta con fiocco in vita, e il macramè declinato in bianco o in nero per una serata accompagnata dalle note di Chavela Vargas.


Clara Aestas
sx Clara Aestas SS19 – dx Alfons Mucha 1897


Qui alcuni indossati Clara AEstas:




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