Intervista a Marta Grassi, chef del ristorante Tantris, una stella Michelin

Ci si chiede com’è possibile che una così potente forza sia concentrata in una donna così piccina. 
Marta Grassichef del ristorante Tantris di Novara, una stella Michelin, è l’esempio vivente che desideri e forza di volontà sono i gradini per arrivare lontano. Il successo, la stella Michelin e ventisei anni di attività per il Tantris di Novara, ristorante stellato che propone una cucina creativa di qualità e sostenitrice del territorio
La incontriamo per un’intervista poco prima del secondo lockdown. 

Quando è iniziata la sua avventura nella ristorazione? 

Fino ai trentacinque anni ero insegnante di scuola materna all’asilo nido, un lavoro che amavo ma da cui trasparivano dinamiche difficoltose (molti bambini e pochi finanziamenti) e talvolta monotone. 
Per quattro o cinque anni ho cercato nel tempo libero dei corsi di cucina, difficili da trovare in provincia; è in quello di Milano che ho avuto la spinta a continuare, dal mio insegnante. Avevamo dei compiti a casa, piatti da ricreare dove mettevo del mio, allungavo cotture, inserivo ingredienti; per partecipare alle lezioni prendevo dei giorni di ferie senza riferirlo alle colleghe e intanto organizzavo grandi cene a casa mia, con amici e tavola imbandita, salmone farcito in crosta e torte al cioccolato servite su piatti specchiati. Mio marito Mauro, che ora è in sala al Tantris, lavorava ancora in un’agenzia viaggi; sul book grigio di Lufthansa ho creato il mio ricettario, per non proporre mai lo stesso piatto e cimentarmi in qualcosa di nuovo, di più difficile. 
E’ un percorso che abbiamo fatto insieme, lui avvicinandosi al vino, grazie al fondatore di Vinarius Francesco Vivian, grande enotecaio di Novara, io alla cucina. 

Che tipo di clientela ha il Tantris?

Novara, cittadina dove siamo, ha una cultura risparmiatrice, contadina, oggi per il centro solo franchising e poca tradizione. Novara rientra nella lista di uno studio sui luoghi dove non aprire attività; oltre a Novara, Rimini e Brescia. Da Brescia la gente si sposta alle località vicine, più belle, come il Lago d’Iseo e la Franciacorta; Rimini invece è conosciuta per la qualità buona ma a basso costo, a Rimini ci si accomoda in una pensione, non in un hotel a cinque stelle, è una città per giovani e famiglie. Novara invece ha una predominanza di cittadini âgée, di risparmiatori, quindi la clientela viene da fuori, da Milano, dalle grandi città o estera, una clientela che comprende gli sforzi e lo studio di una cucina come la nostra, dove nel piatto raccontiamo una storia, un luogo dove vivere un’esperienza. 
E poi noi abbiamo un cliente simpatico e fidato che torna da anni, il cliente che possiede lo scontrino numero 1!

I suoi piatti hanno sempre un richiamo al territorio ma rielaborati in chiave moderna e creativa

Quando ho aperto il ristorante mi sono raccomandata di una cosa, e cioè di non cucinare mai la paniscia, che è il piatto tipico novarese. Perchè? Perchè è una pietanza da trattoria e osterie, non mi ci identifico e soprattutto il cliente novarese avrà sicuramente la mamma o la zia che la faranno meglio di me. 
Ho deciso quindi di dare sì luce ai prodotti locali, ma di inserirli in una cucina contemporanea, moderna. Compro le mele piemontesi anziché quelle del Trentino dall’aspetto lucido e intonso, perchè sono buone e aiuto i produttori locali; la stessa scelta per il riso, le zucche e i polli, dove siamo leader nel settore. 
Lo spostamento della merce inquina, e cerco di fare scelte intelligenti e sostenibili, ma se opto per il pomodoro lo prendo da Napoli, perchè è un pomodoro nato senza serre, che non ha bisogno di antimuffe e antifunghi grazie al clima dove nasce, che invece sarebbero necessari in un territorio umido come quello di Novara. 

Da dove trae ispirazione per i suoi piatti? 

Ero in un luogo di montagna, esattamente in Svizzera e passeggiavo in mezzo a dei bellissimi pini, profumatissimi: subito ho pensato che avrei dovuto farne qualcosa. 
La prima parte di crescita del pino ha degli aghi verde acceso e molto teneri, ho creato un risotto con i funghi, con tante contaminazioni, e l’ho terminato con una polvere di aghi di pino che ho raccolto lì, fatti essiccare e frullati, così il mio piatto oggi, che è ancora nel menu degustazione, ha quel profumo di bosco che mi piace tanto. Ecco, la natura mi ispira

Lei ha lavorato da Marchesi dove Davide Oldani era secondo sous-chef e Carlo Cracco stava ai dolci insieme a Ernst Knam, tanti grandi nomi in una sola brigata



Marchesi ha lasciato un’eredità culinaria inestimabile, ha chiuso una pagina di storia e quell’esperienza mi ha molto commosso e al tempo stesso fatto riflettere. Chiudeva allora in Via Bonvesin de la Riva un maestro, un artista, un innovatore, penso a lui in questi momenti di difficoltà quando il telefono non squilla e la sala è vuota, e so come ci si poteva sentire. 
Sono i momenti in cui si è soli con se stessi, ma si è soli anche quando si ottiene la stella e si tocca il cielo con un dito. 
In cucina? Cracco e Knam si facevano degli scherzi terribili!

Come ha fatto Marta Grassi, oltre ad avere un indubbio talento, a farsi strada nella ristorazione? 

L’Europa è oggi la regione geografica che ha più donne stellate, tante ragazze talentuose, ma in quanto donna, in questo settore così come in tanti altri, bisogna valere il doppio per essere ascoltata. Non nascondiamoci, viviamo ancora in un paese patriarcale e maschilista, con una percentuale molto bassa di donne al governo e dove il Papa è e rimarrà maschio. 
Una sera lavoravo, insieme ad altri colleghi, ad una cena di solidarietà dando indicazioni precise e svelte ai ragazzi in cucina, e uno di questi colleghi si è stupito di come fossi organizzata e preparata, che io mi chiedo dove sta lo stupore dato che, come tutte le donne, gestisco famiglia, lavoro, dipendenti, casa…  
Mi viene in mente un esempio italiano in cui una donna viene bistrattata nonostante abbia un passato lodevole e meritevole di elogi, quello della politica Laura Boldrini, presa di mira su temi più fragili quali la famiglia, sul personale; gli uomini sanno sempre dove colpire, e quando colpiscono la famiglia, lo fanno al cuore

Cosa mangia uno chef in vacanza?



Affitto sempre una casa e cucino tutti i giorni, perché se vado all’estero so che troverò prodotti nuovi, tante tipologie di pesce fresco come le sarde locali, le alacce, le aguglie, piccoli pesci pescati e venduti in piccoli mercati, dove in Italia non ci sarebbe richiesta. Se vado in Francia so che potrò assaggiare dieci tipi di ostriche differenti, quando i miei fornitori ne hanno solo tre, quindi è un viaggio di gusto in solitaria, testo i sapori in quel territorio e cucino per me e mio marito, non posso portare qui dei prodotti che terrei per poco tempo in menu: se un cliente contento torna con un amico, dovrà trovare gli stessi gusti che lo hanno colpito, non posso cambiarli. E poi ci piace stare a tavola per due o tre ore, un regalo in confronto ai dieci minuti che abbiamo quando siamo in servizio. 

Mai senza…

Il mio coltello! 
Ho le mani piccole e voglio coltelli affilati; durante i pranzi di Natale a casa di mio padre porto sempre il mio coltello per il taglio della faraona; anche la pinzetta chirurgica non manca mai, per spinare il pesce; è una pinza usata per clampare le vene, me l’ha portata un amico chirurgo: se afferro una spina con quella, non mi scappa più! 

Si descriva in cucina con tre aggettivi

Agile, la fortuna di essere piccole.
Curiosa, è la mia caratteristica peculiare, devo conoscere tutto e approfondire. 
Frettolosa, forse come tante donne impegnate, faccio una cosa e ne penso cento e in quell’istante non mi soffermo sul presente, e me ne dispiaccio. Ma è anche il prezzo da pagare dell’essere multitasking.

Piatti preferiti

I lievitati. La pizza, che deve essere super; il pane, e il croissant della Pasticceria Frida di Magenta

In cosa si sente più portata in cucina? 

Paste lievitate e pani. Anche se in molti mi dicono che sono brava nei dolci; ma se sul tavolo ho un pezzo di cioccolato e una fetta di salame, io mi fiondo sul salame!

Un palato pretenzioso come il suo, dove sceglie di mangiare, fuori dalla sua cucina? 

Se decido per la pizza, ah sono noiosissima! Ma ho trovato il luogo perfetto, la pizza perfetta: Pizzeria dell’Angolo di Vittuone, dove lo chef Giuseppe Rizzo nobilita le farine usate e le lunghe lievitazioni; ottima la materia prima, olio e mozzarella molto buoni; insieme allo chef ho tenuto delle lezioni sui lieviti, mia grande passione, a Identità Golose, il primo hub internazionale della Gastronomia
Se voglio essere stupita non c’è confine che tenga, prendo un aereo e volo da Amparito Roca, a Madrid, oppure a San Sebastian da Arzak, due dei 3 stelle Michelin dalla cucina innovativa e spettacolare; in casa nostra abbiamo Spazio Niko Romito, piatti semplici ma deliziosi: seppie con i piselli, filetto di manzo con aromi, funghi con patate, agnello arrosto, sono sapori unici e le cotture sono molto curate, inoltre apprezzo il lavoro etico (no scarti e sprechi, team affiatato), e quello si vede anche dal piatto.

Durante il primo lockdown alcuni ristoranti hanno opzionato un delivery con costi accessibili, voi come avete reagito alle chiusure? 

La mia cucina in un lunch box non ci può stare, non posso permettermi di vendere sottocosto, abbiamo però recuperato denaro facendo personalmente dei lavori al ristorante: imbiancato, pulito, rifatto le piastrelle in cucina, cambiato le tende, aggiustato i pannelli solari, insomma abbiamo risparmiato cinquemila euro e abbiamo impegnato il tempo, non male in questo periodo. 

Qual è stata la risposta del pubblico alla riapertura dopo il primo lockdown? 

Un’ondata di persone che comprensibilmente avevano voglia di un ritorno alla vita sociale, il locale è ben predisposto per il distanziamento dei tavoli e i tavoli stessi hanno cento centimetri di diametro per il posto da due, e centoventi centimetri per le prenotazioni da tre. Abbiamo lavorato bene fino all’8 agosto, data di chiusura, poi il rientro è stato difficoltoso, la gente è spaventata, persino gli allievi dei nostri corsi, quelli che arrivano da zone di alto contagio come Milano, sono premurosi nei confronti degli altri ed evitano di presentarsi per paura di contagiare. E’ una situazione surreale, delicata e molto difficoltosa e i primi a risentirne commercialmente sono i ristoratori. 

Un consiglio alle donne che vogliono intraprendere questo mestiere

Siate forti e non lasciatevi scalfire, puntate a un obiettivo e andate avanti. 
Quando lavoravo da Marchesi saltavo i pasti perchè ero lenta, lavoravo tanto e potevano anche essere poco gentili con me che tanto avevo la corazza e un grande scopo: guardare e imparare più che potevo, rubare il mestiere. 
Se non si hanno le idee chiare, si brancola nel buio e si rischia di perdere tempo; questo è un mestiere di grandi sacrifici, soprattutto quando l’attività è propria; noi abbiamo aperto con un piccolo fondo che erano le nostre liquidazioni dei lavori precedenti e siamo andati avanti grazie al forte sentimento che ci lega, una grande fortuna fare questo viaggio in due. 


Quando le hanno annunciato della Stella Michelin, se lo aspettava? 

Eravamo ancora in sala per il servizio, erano le undici di sera, squilla il telefono e una voce di ragazzo ci dice “Lavoro per Iaccarino, sapete chi è? Avete ottenuto la stella”.
Io subito chiamo mio marito “Mauro, qui c’è un cretino che dice che abbiamo avuto la Stella Michelin”. E dall’altra parte giurava fosse vero, insomma a quel tempo erano quattro giornalisti in croce a decidere le stelle, pochi critici e niente Internet. 
Lo abbiamo riferito ai clienti ancora in sala e la mattina abbiamo pensato “E se fosse uno scherzo, che figura ci facciamo? Non diciamolo a nessuno”. Decisi poi a scoprire la verità abbiamo chiamato la Michelin e ci ha risposto una segretaria, forse stufa degli infiniti trilli telefonici, sento il rumore delle pagine sfogliate: 
Sì, l’è vero, qui c’è un fiorellino”. 
(ride) 

Marta Grassi, chef del ristorante Tantris di Novara, una stella Michelin

Castel Fragsburg, la vera oasi del lusso è nell’Alto Adige

Castel Fragsburg: tradizione, ecosostenibilità, benessere, l’accoglienza luxury per eccellenza si trova immersa tra le montagne dell’Alto Adige


Castel Fragsburg Maternum 

Qui tutto è circondato da alti monti di cui si vede ancora qualche sentiero di neve. Si respira un’aria di erbe, mite, e si è accompagnati dal dolce canto degli uccellini, di tante specie che sembrano andar d’accordo tra loro. In alto le nubi sono come fatte di zucchero filato, il vento le sfilaccia e si trasformano sempre in figure nuove. La natura ci accompagna verso Castel Fragsburg, oggi struttura alberghiera 5 stelle, ex dimora di caccia del 17mo secolo circondata da 50.000 metri quadri di giardino piantumato. 


E’ un castello arroccato antico 400 anni, troneggia sul mondo alpino dell’Alto Adige nella città di Merano e dal 1954 diviene proprietà della famiglia Ortner che lo restaura rispettandone la personalità e arricchendolo, nel corso degli anni, di preziosi oggetti d’arredamento. Antichi bauli inizi ‘800 raffiguranti figure sacre, classici divanetti da conversazione inizi ‘900, eleganti lampade da camera con perline impreziosiscono la sala ristorante. 
Accanto ad una bellissima stube in maiolica, antico focolare dove si riuniva la famiglia, un carrellino dei liquori vintage, e alle pareti ritratti di signore o simpatiche riproduzioni di Modì e Saudek. Salendo verso il terzo piano troviamo incorniciate delle deliziose illustrazioni de “La Mode Illustrée”, antica rivista francese del 1877. I pezzi di modernariato delle camere si sposano perfettamente agli antichi bauli della nonna, ai pezzi di design e di arredi Art Deco’; gli intarsi elaborati alle porte rimandano alla vegetazione selvaggia che circonda il Castello. 

Castel Fragsburg Paternum 

Visionario il proprietario del Castello, Alexander Ortner, che acquista anche l’antica residenza del 14mo secolo, un Castello a sé stante poco distante dal Maternum, il Castel Fragsburg Paternum, con l’ambizione di realizzarvi ulteriori suites. 
Oggi adibito a location per importanti eventi quali matrimoni, cerimonie, anniversari, il Castello conserva tutto il fascino storico che la famiglia Ortner rispetterà nella futura ristrutturazione.
Pavimenti in cotto, grandi sale adibite un tempo alle danze, importanti archi a volta e porte che aprono a segreti passaggi interrati, il Paternum oggi ospita la mostra del pittore Theodor Kollmann, una raccolta di dipinti dal 2008 al 2018. 
Una pittura fatta di dissolvenze e trasparenze per poi irrompere con tratti più marcati nel ritratto della figura umana.

La piscina 

Per raggiungerla è necessario attraversare un poetico sentiero di glicini, rose, gelsomini e ortensie; un luogo raccolto e intimo dove poter riposare nel letto a baldacchino intagliato a mano e adagiato sotto un castagno, sempre accompagnati dal magico canto degli uccellini. 
Romantici archi di rose vi porteranno alla grande piscina immersa nel panorama lussureggiante del Sudtirolo. Intorno le montagne sono così folte di vegetazione che ricordano dei verdi cuscini di velluto. 
L’intima vasca idromassaggio riscaldata attende certo le coppie che sanno amarsi ancora; la Torre Panoramica nasconde un tavolo per due, sembra una costruzione giapponese dell’ultima scena del film “Memoria di una geisha”. 


La Suite Royale

Delle 20 suite, la stanza 301 è sita al terzo piano, abita stili differenti e affaccia dal terrazzo sui vigneti e sul romantico giardino con le sedie in ferro battuto dell’albergo. 
Travi a vista nel salotto e nella camera da letto, formano una prospettiva tridimensionale che si estende fino ai lucernari del bagno da dove penetra una luce intensa e calda. E’ l’unico bagno total white di Castel Fragsburg che ha scelto per le altre stanza un marmo rosso di Verona. 
Il set di cortesia è ricco e risponde al concetto green: shampoo, balsamo, gel doccia e sapone mani sono tutti solidi eliminando così l’uso della plastica; lo spazzolino è in bambù e le confezioni tutte in carta di pietra, un nuovo tipo di carta formata per l’80 % da carbonato di calcio, lavabile, resistente. 
La crema corpo è invece preparata al momento dall’alchimista di Castel Fragsburg, Renate De Mario Gamper con prodotti 100% biologici. 
Pronta di due teli mare e due ciabatte, la sacca di tela preparata dall’albergo, vi accompagnerà nelle giornate soleggiate da passare in piscina, dove il servizio è disponibile a coccolarvi con un drink o un appetizer. 

 

Suite Royale


La Spa Curativa 

Fiore all’occhiello di Castel Fragsburg, la 1st Alchemistic Healing Spa Castellanum Natura, nuovo concetto di cura e benessere capitanata dalla moderna alchimista Renate De Mario Gamper, massima esperta di erbe con un passato da nutrizionista. 
Un tempo l’avrebbero chiamata strega, oggi la grande esperienza di Renate regala al Castello e agli ospiti un servizio che può davvero considerarsi la nuova era del lusso: i trattamenti dell’area sono tutti taylor made, cambiano a seconda del bisogno e vengono realizzati su misura con erbe non facilmente reperibili in commercio. Creme, unguenti, olii che troverete solo qui, fatti personalmente dalle mani esperte di Renate nel suo piccolo laboratorio dove alambicchi distillano i liquidi, li raffreddano e li preparano all’uso. 
L’alchimista, discendente di una famiglia di origini altoatesine, ha vissuto la tradizione delle erbe, il loro indispensabile uso non solo in cucina ma anche in medicina, quando la natura era succedanea delle moderne farmacie e la neve alta non permetteva di raggiungere a valle l’unico medico del paese. 

La moderna alchimista Renate De Mario Gamper


Il bagno nella tinozza di legno 

Magnetica come una guru, Renate accompagnerà gli ospiti nella giusta scelta del trattamento avvicinandoli al mondo alchemico attraverso la “Medicine Walk”, una passeggiata tra le piante che verranno a voi come chiamate; la pranoterapia si unisce all’affumigazione, alla pulizia dell’aura e alle cure energetiche che ciascuno di noi necessita. Questa può davvero essere definita l’oasi di pace, dove sciogliere muscoli e pensieri con l’olio di resina di larice, tornare a sorridere con l’olio di iperico e godere dell’unicità del panorama che solo Castel Fragsburg regala con un bagno nella tinozza di legno. 
In un’acqua che sgorga dalla sorgente, si sciolgono sali dell’Himalaya lasciati al sole in un vetro viola (in questo modo diventano “sistema di illuminazione sulle cellule”), per un effetto detossinante, purificante e distensivo. Per aumentare l’effetto del bagno e accrescerne il profumo, si aggiungono fiori fresci come la rosa cinese, la malva, la camomilla, l’aptenia cordifoglia, la spirea del Giappone, la calendula, l’heliopsis, la lavanda ed erbe pure, quali alghe, achillea, rosmarino, salvia, la vite del Canada, la foglia di glicine, oltre a latte di asina, come Cleopatra insegna. 
Avvolti nell’intimità di una candida tenda di pizzo, sull’ampio terrazzo della zona wellness, potrete ora godere del trattamento che più di tutti si avvicina alla tradizione del passato, che più di tutti vi immergerà nei profumi infiniti che la natura regala e che vi delizierà occhi, corpo, ma soprattutto spirito. 


Gourmet Restaurant Prezioso 

Nobilitato dalla presenza del Ristorante Gourmet Prezioso insignito della Stella Michelin, Castel Fragsbourg si onora di un grande chef e di una cucina eccelsa.
Il capitano è lo chef Egon Heiss, ben lontano dall’attuale figura da rockstar che gli chef incarnano oggi nelle nostre tv. Salutare, sportivo, lo chef Egon vive nel Castello sei giorni a settimana, per poi tornare dalla famiglia il giorno del riposo, la domenica. Cinque giorni su sette si dedica alla corsa, 10 km fino e Merano e poi di nuovo in salita; rigore, disciplina e ordine, sono tanto nella persona quanto nei suoi piatti. 

Ristorante Gourmet Prezioso, 1 Stella Michelin


Less is more” è il motto di Egon Heiss che ci riporta ad una cucina essenziale dove gli unici protagonisti rimangono i sapori. Anche il menu risponde alla stessa “pulizia”, pochi ingredienti, i principali, compaiono senza inutili imbellettamenti. 
Una cucina “metro zero” che utilizza frutta, verdura, erbe del “Soul Garden”, l’orto del Castello che regala le prelibatezze di stagione
Le sorprese in cucina sono sempre dietro l’angolo al Prezioso, che può cambiare menu anche da un giorno all’altro; se una bellissima erbetta fa capolino tra la terra, sfilerà sicuramente nel piatto prima che appassisca, rispettando così i suoi tempi e scardinando quello che è il concetto di cucina classica. 
La tradizione altoatesina si sposa alla ricchezza italiana, con una centralità di verdure e di erbette (anche spontanee) che difficilmente troverete nei piatti delle altre cucine èlitarie. Frutto anche della collaborazione con l’esperta di erbe e nutrizionista Renate, vengono scelte insieme dal “Soul Garden” per utilizzo e preparazioni.

La carne è di qualità nostrana – “Solo il top, meno peso e qualità eccellente” sottolinea lo chef Egon Heiss, – “il mondo sta cambiando e c’è sempre una maggiore cura ed attenzione a ciò che si mangia, per questo motivo scelgo solo il meglio e lo recupero rispettando il concetto di “slow food”. Dall’amico Stephan prendiamo il wagyu, il kobe giapponese; da Oscar gli agnelli, circa 3 a settimana, che lui stesso porta a pascolare sulle Malghe. Da un giovane ragazzo il riso locale, che ha iniziato a piantare due anni fa. Mi fido dei giovani e l’intento è quello di aiutare sempre i piccoli produttori locali rispecchiando quello che poi è la mia cucina: 70% regione – 30% Italia.

Se guardiamo alle ultime opere di Picasso, noteremo l’essenzialità delle forme, poche linee che creano l’opera d’arte; nella cucina di Egon Heiss ritroviamo la stessa ricerca ossessiva della perfezione, attraverso la semplicità. 

Delizia del menu il raviolo fatta in casa ripieno di gambero viola, posato su spinaci saltati, crema di gambero e balsamico, sopra un cuore di mozzarella di bufala e datterino pomodoro, completato da una spuma di gambero e a chiudere il piatto un caldo ristretto di pomodoro. 
Anche il salmerino si aggiudica il podio, leggermente affumicato marinato, con crema di finocchio, finocchio fresco, insalata di lattuga, chips di speck del contadino e a finire il ristretto di salmerino.
Dell’amico Oscar, la pecora cottura rossa, il suo fondo, fagioli bianchi e verdi, un’emulsione di senape e pomodorino datterino. E per i golosi un delicatissimo soufflè di ricotta servito in una mini pentola di rame, soffice e spumoso, una coccola per concludere egregiamente la serata. 

lo chef Egon Heiss 



Riconoscimenti


Stella Michelin per il Gourmet Restaurant Prezioso 2021 
Gault & Millau valutazione 2021 con 16,5 punti e 3 cappelli 
Condé Nast Johansens Award Best Dining Experience 2021 
Tripadvisor Traveller Choice Award 2020 

Partner 
Relais & Chateaux, Virtuoso, Healing Hotels of the World 

Indirizzo 
Castel Fragsburg, Fragsburg Street 3, Merano  Tel. 0473244071
https://www.fragsburg.com/it/

la famiglia Ortner, proprietari di Castel Fragsburg 

“The Album”, diario di viaggio di Mytheresa

MYTHERESA, il rivenditore online di lusso, lancia "The Album ", il libro dei sogni con i designer più rappresentativi. Un diario di viaggio che ci porta nelle case dei designer più noti, l'incontro ravvicinato con una moda più vera e più forte. 

Si dice "Non tutto il male viene per nuocere" e forse questa maledetta pandemia ci ha fatto scendere un po' tutti dal piedistallo. Ci ha umanizzati, ci ha fatto capire che la vita è un soffio, oggi la abitiamo e domani chissà; ci ha uniti nonostante le distanze, ci ha fatto riscoprire i veri affetti e i nostri più sinceri bisogni. E allora forse ricorderemo questo momento di vita come un dono prezioso, per chi ce l'ha fatta, per chi è riuscito a cambiare e per chi ha finalmente dato un senso alla propria esistenza. 
E' l'impegno e l'attitudine che ha messo anche Mytheresa, il rivenditore online di lusso, realizzando un libro in cui anche le star scendono a noi dal cielo, si mettono in cucina e impastano anche loro, come hanno fatto Donatella Versace, Silvia Fendi, Gabriela Hearst, Olivier Rousteing, Lucie & Luke Meier. Ma sempre con grande eleganza, rivisitando i loro piatti preferiti grazie allo chef tristellato Pascal Barbot.

In "The Album" di Mytheresa vediamo i designer giocare con le loro famiglie negli spazi delle loro case, dove il motto è less is more, complice questa voglia di ritorno alla semplicità, all'unicità delle cose. Anche loro sognano di poter viaggiare presto, per tornare ai voli ispirazionali, alle scoperte di nuove culture, che sono poi il frutto delle grandi collezioni che raccoglie Mytheresa. 
Della sua Trivero, Alessandro Sartori evoca i paesaggi e omaggia le montagne, le valli, la campagna che hanno contrassegnato la visione del suo lavoro per Ermenegildo Zegna, di cui è direttore artistico. 

"The Album" rimane un libro di grande stile, che racconta la moda nel modo più poetico e con una forza forse più profonda, cercando di mettere in luce il lavoro dei designer nonostante i limiti e le difficoltà del fashion world. I saggi che accompagnano queste meravigliose immagini sono degli scrittori Michael Hainey, Gabrielle Hamilton, Lola Ogunnaike e Carvel Wallace; le modelle dei paesaggi mozzafiato di Agave e Portogallo sono Marthe Achilles, Joaquim Arnell e Gloria Brefo. 

Diari di viaggio dove gli accessori di moda si mimetizzano come camaleonti, diventano un tutt'uno con la natura, si adeguano, come fa l'uomo per la sopravvivenza. 
E' un viaggio intorno al mondo che racconta i più grandi rappresentanti di Mytheresa, una moda di lusso, con un cuore grande.

Il quinto numero di "The Album" con tema "Dream" uscirà oggi 16 aprile e sarà distribuito esclusivamente ai più stretti sostenitori di Mytheresa.



Aquatic creatures, la linea home decor che salva il mondo acquatico

Un mondo acquatico fantastico fatto di cavallucci marini, dalla Balena di Pinocchio, simpatici pesce palla mongolfiera, gruppi di razze, squali e delfini, fluttuanti sirene, Poseidone re dei mari e le magiche carpe tanto amate dai giapponesi. E’ l’universo di Aquatic Creatures, brand di design che ha creato una collezione Home Decor per impreziosire le vostre pietanze e le vostre tavole con l’intento ultimo di sostenere le fauna marina.

I soggetti vengono creati da un team di illustratori, realizzati a matita e successivamente ricalcati a china; segue una scansione ad alta risoluzione per mantenere fedelmente le caratteristiche visive del disegno a mano.
Sono personaggi fantastici che abitano i mari e gli oceani, calcati dalla personalità che gli dona il tratto, la matita del creatore, sono il simbolo di un mondo perfetto dove ci si batte per la salvezza della specie.



Aquatic Creatures sostiene Whale and Dolphin Conservation (WDC), la principale organizzazione benefica dedita alla protezione di balene e delfini.
WDC si batte da 30 anni per comunicare che la conservazione di queste specie sono di vitale importanza per i nostri sistemi oceanici, poiché aiutano a mantenere una catena alimentare stabile e che, come individui viventi e altamente intelligenti, non dovrebbero soffrire costretti in gabbie per l’intrattenimento umano.

Quello di Aquatic Creatures si rivela quindi non solo un bellissimo progetto di alto design, ma un’iniziativa nobile che dovrebbe interessare noi tutti, iniziando a prendere coscienza del mondo circostante e delle problematiche, informandoci sulle conseguenze delle nostre azioni e aprendoci ad una economia etica e sostenibile.

Aquatic Creatures di Riccardo Capuzzo dona una parte dei profitti delle vendite a WDC, potete effettuare qui i vostri acquisti del cuore  https://aquaticcreatures.com







Royal Hotel di Sanremo, l’eccellenza sulla Riviera dei Fiori

Royal Hotel Sanremo

In “La donna del lago” di Franco Rossellini e Luigi Bazzoni, si consumano amori e scandali, ma anche scomparse e apparizioni misteriose. Nel film del visionario Wes Anderson, “Grand Budapest Hotel”, ne rivediamo la clientela della decadente nobiltà europea, attraverso dei flashback che hanno i toni saturati cari al regista. “Lost in translation” è il racconto di un incontro che spesso è galeotto tra le sale spoglie e silenziose della notte. Parliamo degli hotel, luoghi di passaggio e fautori di liaisons, di connessioni d’affari, o di quella che gli scrittori chiamano “ispirazione”, che prendono a piè polmoni tra le sale affrescate e le panoramiche viste dalle loro camere dorate.

Tra i più onirici della nostra Penisola, troviamo il Royal Hotel Sanremo, l’esclusivo cinque stelle lusso della città dei Fiori. In una Sanremo colorata in ogni stagione, il Royal Hotel è certamente il fiore all’occhiello, incorniciato dalle palme del parco subtropicale di 16.000 mq ed affacciato sul Mediterraneo in posizione unica, a pochi minuti dalle spiagge sabbiose e dal centro con il rinomato Casinò e le lussuose boutiques. 

L’albergo viene inaugurato nel 1872 per divenire subito dimora della Belle Époque europea e dell’alta aristocrazia e rimane tuttora l’indirizzo per eccellenza nella Riviera dei Fiori. I saloni affrescati rimandano a scene di amabili conversazioni delle madames avvolte dalla magica atmosfera; le grandi colonne in marmo e i ritratti di gentiluomini con l’orologio da taschino, fanno da ambiente di lettura durante la prima colazione, che al Royal continua ad offrire la versione dolce e salata, con deliziose omelette cucinate al momento dallo chef. 

Se il Bel Paese è celebre per la qualità e la poliedricità dei prodotti alimentari, il Royal Hotel non poteva non dedicare una grande sala ristorante dove servire le eccellenze del territorio. Il suo nome è “Fiori di Murano”, per i preziosi lampadari fatti di fiori di vetro; l’affaccio è sul parco e sul mare, ogni finestra è incorniciata da tendaggi bianchi che lasciano passare la luce e da mantovane drappeggiate color oro. 
Per le serate estive il Royal Hotel offre “Il Giardino” per romantiche cene a lume di candela sulla terrazza; il “Corallina” con Pool-Bar a bordo piscina per pranzi informali o per snack informali, da giugno a ottobre.


Membro della prestigiosa organizzazione dell’ospitalità di lusso “The Leading Hotels of the World”, il Royal Hotel Sanremo conta 127 camere incluse 14 suite esclusive; tra queste la  Suite Sissi ove soggiornò l’imperatrice d’Austria con grande terrazzo dotato di vasca idromassaggio da cui poter godere della splendida vista mare, sdraio e gazebo per una tintarella in totale privacy, un bagno padronale in marmo con il set di cortesia firmato Royal, e un salotto in stile reale dove sorseggiare champagne di benvenuto e frutta fresca.



Per le giornate in piscina Gio’ Ponti pensò ad una enorme vasca scenografica dalla forme frastagliate che ricordasse il mare. Firmata dal grande architetto, la piscina ha acqua di mare a 27° C; non è difficile trovarvi a bordo una famiglia polacca in stile Barbie, o signore charmant habitué che raccontano la fedeltà alla struttura luxury.

Esclusivi i trattamenti ed i massaggi proposti alla Royal Wellness; la zona umida dispone di ampia vasca idromassaggio, docce emozionali, bagno turco, Vitarium e area relax con angolo tisaneria. La sala fitness è dedicata a chi vuole rimanere in forma durante la vacanza. 
Partite a tennis in stile “Match Point”, minigolf e un piccolo shop, vi saranno sentire a casa e vi allieteranno le giornate senza andar troppo lontano. 



Il Royal Hotel Sanremo mantiene da anni il gusto e il fascino della struttura più elitaria della Riviera dei Fiori. Non è un caso se proprio a questo luogo si deve la nascita del Rotary Club di Sanremo, nel lontano 1931, grazie a Mario Bertolini. È la destinazione ideale per chi cerca l’antico significato di accoglienza ed eleganza, per chi del bello ne fa una ricerca continua e per chi ama il comfort unito alla ricercatezza.

Artemisia Domus, la Luxury Guest House nel cuore di Napoli

Napoli è per definizione la città dell’accoglienza, dove ogni luogo è casa, dove il rito del caffè non è solo degustazione ma condivisione, intimità e ascolto. Napoli è un po’ come quelle donne materne dai seni grandi, come quelle zie che ti tendono le mani per avvolgerti in un abbraccio caldo e profondo, quelle che ti lasciano un ricordo carico di profumi e di sensazioni fascianti. Checchè se ne dica, Napoli rimane nel cuore di tutti, perchè è ruffiana sì, perchè ti frega è vero, con quel suo piglio da scugnizzo, malandrino e peccatore, ma è sempre di cuore, magnanima e generosa. E Napoli è i suoi napoletani, che ti inondano di racconti e filastrocche, di friselle e di favulelle, quel popolo che apre le porte di casa anche a te sconosciuto, che ti mostra con orgoglio il frutto del suo umile lavoro, che mette le famiglia sopra ogni cosa, che sente la forza della radice, del luogo da cui viene e a cui sempre tornerà.

Della stessa pasta, una dimora unica nel suo genere, formata da uno staff tutto partenopeo, l’Artemisia Domus. Una struttura sita in uno storico palazzo di fine ‘700, Patrimonio Unesco, che sta tra Piazza del Gesù e Spaccanapoli, centro nevralgico da cui è possibile raggiungere a piedi tutte le destinazioni e le mete locali.

Artemisia Domus, degno di ogni palazzo nobiliare, porta con sé tutti i segreti della storia: si narra infatti che fosse un tempo adibito a casa di piacere. E a testimoniarlo sono i grandi specchi tondi e convessi di strada trovati all’entrata della porta principale, prima della ristrutturazione; con sé, i piccoli lavabo presenti dentro ogni stanza e qualche foglio sgualcito con tariffari, purtroppo andati persi e soppiantati invece da un certosino recupero delle preziosità del luogo, come il grande portone bianco oggi adibito a bancone reception, le geometriche lampade in rame arrugginito sulle pareti, le piastrelle in ceramica dei pavimenti oggi utilizzate come base al bancone bar e per i tavolini nella zona lounge.



Artemisia Domus è certo un palazzo carico di fascino, che accoglie gli ospiti in nove diverse suite ove possibile scegliere una spa privata in camera, come per l’ampia e luminosa “Nicea” le cui finestre affacciano su Castel Sant’Elmo e sulla splendida Certosa di San Martino. Gli alti soffitti sono sormontati da travi in legno a vista, il pavimento è in parquet, richiamato dai colori caldi dell’arredamento e dalla luce delle grandi lampade da terra. King size anche il letto matrimoniale con topper in memory, divano letto e una jacuzzi per quattro persone con cromoterapia, in cui tutti i toni del rosso sono variabili in base al vostro gusto. La suite è totalmente insonorizzata e dotata di ogni comfort: smart tv, cassaforte, frigobar e kit di cortesia da bagno.

Il nome della struttura omaggia la pittrice Artemisia Gentileschi, che nel 1630 visse una parentesi della sua vita proprio a Napoli, costituita in quel periodo da un eminente fervore culturale e intellettuale. All’entrata, una copia di “Autoritratto come allegoria della Pittura” datato 1638/39, ne ricorda il valore artistico e storico, ripreso poeticamente dal nome dato ad ogni stanza, donne che la Gentileschi rappresentò con la sua impronta creativa, fiera e femminista.



Artemisia Domus è la Luxury Guest House nel cuore di Napoli, dove poter vivere questa città di sconfinata bellezza, con comodità e benessere, perchè oltre alla spa e alla sauna privata, è possibile prenotare un massaggio personalizzato professionale in camera. Lo staff sarà sempre pronto a consigliarvi luoghi e mete in base ai vostri gusti ed esigenze, offre gite in barca alla scoperta delle isole più belle, escursioni in motoscafo privato verso la Costiera, noleggio biciclette e tour culturali nel centro città, dove poter fare una sosta per assaggiare lo sfizioso “O pere o ‘o musso”, una specie di trippa bollita servita fredda con sale e limone, piatto popolare da leccarsi i baffi; o degustare, per i più lussuriosi, le classiche sfogliatelle ripiene di crema pasticcera; il posto all’inferno è invece riservato ai cultori della “pizza a portafoglio”, da mangiare rigorosamente per strada e piegata in quattro in carta da forno, mentre si sceglie un mini presepe da potare a casa, piccolo miracolo dell’artigianalità napoletana. E ringraziamo Iddio che ha creato Napoli, che a Napoli si ride, mica si muore!

Artemisia Domus si trova in Via dei Carrozzieri 13, Napoli

artemisiadomus.com

(testo e foto @ Miriam De Nicolo’)

“La casa delle belle addormentate”, il libro di Yasunari Kawabata

Eguchi è un sessantasettenne che sente la fine vicina, sente la tristezza della vecchiaia; spinto da un amico si reca in una casa particolare dov’è possibile dormire accanto a delle giovani ragazze sprofondate in un sonno indotto. 
Dapprima solo incuriosito, Eguchi tornerà alla casa una seconda volta invitato dalla signora di mezza età che gestisce il postribolo, e una terza volta spinto dal bisogno di calore umano che cerca nei corpi nudi e tiepidi distesi inermi e pronti per essere vegliati. Le sue visite sono atti di vojerismo, le ragazze ridotte a dei balocchi permettono ai clienti anziani (il genere di persone ammesse alla casa deve risultare innocuo, impotente, incapace di esprimere la propria virilità) di non subire il complesso di inferiorità del proprio decadimento.

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Le scene descritte da Yasunari Kawabata sono claustrofobiche e morbose, i corpi delle giovani donne dormienti vengono passati allo scanner, ma la regola vuole che non debbano essere deflorate per alcuna ragione, regola che spinge il protagonista a pensieri di violenza più che d’eccitazione.

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Le ragazze drogate da potenti sonniferi non si muovono, sono dei cadaveri che emanano leggeri respiri e che lasciano all’anziano il tempo di ripercorrere i ricordi di una sessualità e di una umanità viva e passata. Eguchi, a differenza degli altri clienti, è un uomo ancora in attività sessuale; steso accanto alle giovani ha il desiderio di sentire la loro voce, di sapere delle loro vite, ma rispetta le norme imposte dal luogo e, come da prassi, finisce col prendere la pillola bianca a disposizione dei signori per passare ad un sonno profondo e carico di sogni e impedire così ogni sorta di violenza nei confronti delle bambole di carne. 

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In quella stramba casa le donne non possono essere trattate come donne, e gli uomini non possono adempiere al compito destinato agli uomini, e proprio quest’atmosfera rende il gioco ancora più intrigante ed esoterico. Le prostitute sono vergini impenetrabili, disponibili solo al tatto e all’olfatto, senso che Eguchi riscopre con grande intensità e che lo porta in lunghi viaggi spaziali, tra memoria e flussi di coscienza. Durante quelle notti, Eguchi si domanda che valore può avere un bel corpo per un vecchio ormai sessantasettenne, nel caso di una ragazza per una notte soltanto, che importa che sia intelligente o sciocca, colta o ignorante, se si riduce tutto ad un gioco che ha già il sapore della morte? 

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Erotismo e morte si mescolano spesso nella letteratura di Kawabata, sono forse la stessa cosa, e la ricerca di calore umano, che Eguchi spera di ritrovare in quel bordello anomalo, sarà una rivelazione di assenza, di totale disumanità.

Il romanzo si conclude con una mano pronta a girare l’altra pagina, che troveremo vuota e con la parola “FINE”, lascia una sensazione di incompiutezza, come il desiderio trattenuto e messo a dormire. Il pessimismo di Kawabata si ammanta di così tanta poesia che rende quasi piacevole il dolore e il crogiolarsi nella disillusione.

“Il mestiere dello scrittore” di Haruki Murakami

Un saggio autobiografico, un taccuino di lunghi appunti e pensieri messi in ordine, Haruki Murakami ci regala 186 pagine di interessanti spunti e riflessioni che possono essere letti come consigli per intraprendere il mestiere dello scrittore

Molti si interrogano sul metodo di chi sceglie questo lavoro, si lasciano trasportare dall’ispirazione del momento o si mettono a tavolino come un impiegato? Come ci si avvicina al mondo dell’editoria? Qual è la giornata tipo di un romanziere? Quanto sono importanti i premi letterari? Per chi si scrive? La formazione scolastica influenza il lavoro dello scrittore? Che cos’è l’originalità? Questi e altri interrogativi troveranno risposte dalla mano di Murakami, con il suo tipico sarcasmo e una modestia fasulla (molto divertente). 

Secondo Murakami esistono pochi geni al mondo, parla di Mozart, Schubert, Einstein…, persone in grado di creare capolavori senza particolari sforzi; tutti gli altri sono i semplici lavoratori, come lui, che compongono opere con forza di volontà, esercizio, metodo. La mattina Murakami si alza molto presto e con la tazza di caffè ancora fumante alla mano, si siede davanti al suo Mac e scrive 10 pagine di 400 battute ciascuna, questo è il suo obiettivo quotidiano. Nè una riga più, né una riga meno; se l’ispirazione prende il sopravvento, si ferma e ricomincia il giorno dopo. 

Durante la giornata ritaglia un’ora di attività fisica, tendenzialmente il mattino, per correre o nuotare, questo perchè allenare il fisico aiuta la creatività. C’è un capitolo molto bello a cui dedica questo concetto e lo giustifica così: 

Da studi recenti sul cervello umano, sappiamo che il numero di neuroni che nascono nell’ippocampo aumenta notevolmente in proporzione al movimento all’aria aperta che si fa. Con “movimento all’aria aperta” si intende nuoto, jogging, esercizio fisico moderato fatto per un tempo abbastanza lungo. I nuovi neuroni appena nati, se li si lascia riposare, dopo ventotto ore spariscono senza essere di alcuna utilità. Valeva proprio la pena di farli nascere! Se invece si dà a questi neuroni uno stimolo intellettivo, prendono vita, vengono assorbiti nella rete interna del cervello e diventano una parte organica nella trasmissione dei segnali nel cervello. La capacità di apprendere e di ricordare migliora. Il risultato è che diventa più facile adattare il pensiero alle circostanze e sviluppare una creatività superiore alla media. Il ragionamento si fa più complesso, l’ispirazione più audace. Cioè la combinazione quotidiana dell’esercizio fisico e del lavoro intellettuale ha un’influenza ideale su quel genere di sforzo creativo che compie lo scrittore.

Insomma se si sceglie un mestiere che richiede l’uso dell’intelletto, è necessario equilibrare tempi per la cura del corpo. Ovviamente, porta un esempio Murakami, se si ha mal di denti sarà complicato mettersi a scrivere, bisognerà prima recarsi dal dentista e poi a mente libera sarà possibile scrivere. L’attività fisica è indispensabile per temprare il corpo (e lo spirito di conseguenza), da sé serve a poco, ma legata all’esercizio della mente, dona creatività e capacità mnemoniche e analitiche moltiplicate. Propendere da un lato in maniera eccessiva farà nascere o un pompato incapace di usare la mente alla sua massima potenza, o un topo obeso da biblioteca che faticherà a pensare. Per non creare contraccolpi è necessario stabilire un equilibrio tra uso di mente e corpo. Niente di particolare, potremmo pensare, eppure i consigli di stile (di vita) di Murakami sembrano risultare un vero e proprio manifesto motivazionale, potremmo definirlo un coach della letteratura. 



Certo chi sogna di fare lo scrittore prenderà alla lettera questi “TO DO”, che non vogliono risultare obblighi ma una finestra sulla sua stanza, gasati all’idea di diventare dei romanzieri che vivono delle proprie parole da trentacinque anni, come lui, perchè a scrivere un buon romanzo sono bravi tanti, difficile è invece rimanere sulla cresta dell’onda per molto tempo. 

L’idea dello scrittore sempre sbronzo, fogli e whisky alla mano, è un’idea molto romantica, un po’ come quando pensiamo che tutte le canzoni scritte da un cantautore siano destinate a donne in carne ed ossa, mentre la verità è che spesso i nomi e le parole sono semplici sotterfugi per finire in rima una frase. Romanticismo svanito, gli scrittori alcolisti come Hemingway ci hanno lasciato troppo presto e in condizioni drammatiche, e questa è la fine che non si augura nessuno, si presume. 

Prima di ogni punto su cui focalizzare tempo e sudore, Murakami ci fa una domanda molto semplice, che è quello che si è posto lui al punto in cui ha compreso la strada che sarebbe stata quella giusta: 

Prima di cercare qualcosa, come sono io?” 

Ma soprattutto, come facciamo a capire cosa è necessario e cosa non lo è? E la domanda da porsi è la seguente: 

Ti ha dato gioia?” 

E questa domanda si può applicare ad ogni ambito della nostra vita; se la risposta è “SI”, continuiamo ad abbracciare quel luogo con gioia ed entusiasmo, ma se la risposta è “NO”, la scelta è molto semplice, accantonare e passare oltre. Quante volte ci siamo arrovellati in giustificazioni per i comportamenti degli altri, in sensi di colpa inutili, quando invece se ci chiediamo se quella persona, quella cosa ci procura gioia e dolore, sarebbe molto più semplice potare i rami secchi e dedicarsi a qualcosa che invece ci accresce spiritualmente ed emotivamente. 

Oltre alla composizione di un racconto o di un romanzo, alla creazione di personaggi interessanti e imprevedibili, all’uso delle figure retoriche e alla scelta di estranearsi in un paese lontano da casa per dedicarsi alla scrittura, Murakami ci regala un saggio che viaggia tra i suoi flussi di coscienza, tra i sassolini nelle scarpe che ai sessanta superati ha deciso di togliersi (in merito ai premi letterari ad esempio). 

Murakami, infine, boccia dei critici “l’annientamento che finge di elogiare”, e tutti sappiamo che quanto più critichiamo, spesso (non sempre) combacia con quanto più vicino è ai nostri difetti e al nostro carattere. E’ nel sarcasmo dello scrittore che si rivelano le fucilate travestite da fiori, in questo bisogna ammettere meriterebbe il Nobel, è un talento innato, ma noi lo amiamo anche per questo.

“Marie aspetta Marie”, il romanzo scandaloso di Madeleine Bourdouxhe

Marie è sposata, ama suo marito con l’amore di una trentenne che vive la vita con gioia e con l’intensità e la maturità di chi comprende profondamente lo spirito delle persone e delle cose. Lo ama con l’attaccamento materno e con la passione giovanile, lo ama con sensualità e dedizione, lo ama come amica e come amante. Marie non si risparmia per il suo grande amore, quello del “per sempre”, un amore che accetterà i segni del tempo che passa, le abitudini, la routine.
Durante una vacanza nel sud della Francia con Jean, suo marito, Marie e uno sconosciuto, un giovane abbronzato che sta sulla stessa spiaggia, si scambiano degli sguardi di intesa, sguardi che già nelle intenzioni scrivono il seguito delle loro storie. 


In piena libertà sessuale, Marie vive questa relazione clandestina senza sensi di colpa, senza rancori, senza duri colpi nella relazione col marito, che continua ad amare intensamente e fisicamente, con una presa di coscienza maggiore e con maggior sincerità nei confronti di se stessa. Perchè Marie scopre che non si può essere pienamente felici se non si segue la propria natura; mentendo a se stessi ci si nega, si rovesciano i rancori e i livori alle persone che ci stanno accanto e ci si disconnette dal presente e dal mondo. 

Niente sentimentalismi nella clandestinità di Marie e il ragazzo universitario che le regala qualche ora di gioia fisica e libera, che Marie accoglie con un sano egoismo; nessuna svenevolezza, solo dei momenti di piacere che la riportano in contatto con la parte più vera di sé, quella più femminile, più donna, più desiderabile.

La protagonista decide che l’infedeltà al marito Jean è la fedeltà alla Marie che cercava dal tempo in cui quell’amore gentile e abitudinario le stava lanciando un segnale di perdita. E’ una donna lontana dalle convenzioni sociali, ricordiamoci che il romanzo è stato scritto nel 1940, possiamo quindi immaginare lo scandalo che ne derivò. Marie ascolta solo la sua voce perchè è consapevole essere l’unica a poterle ridare la felicità che merita, lei che con maturità salda e ferma, soccorre una sorella che tenta il suicidio, e che accudirà per giorni ai piedi del suo letto. 

Impossibile additare la Marie di questo romanzo, che parla a infinite donne; qui il tema non sono le scelte morali o immorali, il tema è la libertà, la libertà di essere se stessi come unico mezzo per raggiungere una felicità piena e consapevole; il tema è la grande volontà e l’immensa voglia di vita di questa giovane ragazza, che ama le persone, le atmosfere, le cose. Marie è capace di un amore che avvolge ma non soffoca, di un amore rispettoso ma anche di amori passionali e fugaci, di amori silenziosi e solitari. Marie trova in quelle fughe con l’amante, la ragione agli amori maschili, che nella sua realtà domestica la deludono come l’uomo che, una volta spossato dall’amore fisico, si gira a dormire dall’altra parte. In questo gesto, che può essere sostituito da altre abitudini tendenzialmente maschili, la donna si ritrova bisognosa di attenzioni e gentilezze che l’uomo lascia sulla strada del passato, ai primi giorni di corteggiamento. Madeleine Bourdouxhe racconterà infatti nel romanzo, la prima volta con il ragazzo senza nome, che la prenderà ancora, subito dopo il primo amplesso, e descriverà la felicità esplosiva della protagonista che pensa “allora gli uomini non sono tutti uguali”, ritrovandosi stretta a quelle braccia estranee, anche la mattina seguente, con una gioia persistente. 

Marie è “la diversa”, diverse da tutte le altre, “non si riduce alla vita semplice, alla scelta di carte da parati o di copridivani”. Non ha un figlio, e se lo avesse, “lo amerebbe con tutta la sua carne e il suo cuore, ma non si rattrista né si rallegra di questa assenza”; certamente non lo considera l’unico scopo della sua esistenza. 

Il tradimento, scarno di ogni pregiudizio, regalerà a Marie “la libertà di scavare nel suo inconscio e di ricostruirlo con le multiformi possibilità che offre la passione erotica. L’aiuterà a resuscitare la gioventù perduta; amplierà gli orizzonti del suo mondo”. 

Borgo Ramezzana Country House, hotel de charme tra le colline del Monferrato

La radice è medievale, ma questa affascinante struttura ha subìto diverse contaminazioni nel corso dei secoli: si tratta di Borgo Ramezzana Country House, sita nell’omonimo paese.

Un insieme architettonico fatto di finestre ad arco spezzato e segnapiani in cotto, una misteriosa torre cilindrica dalle merlature ghibelline attraversata da una scala a chiocciola, Borgo Ramezzana è una delle Grange della vicina Abbazia di Lucedio, trasformata oggi in un “hotel de charme“.

Un luogo incontaminato abbracciato dalle dolci colline del Monferrato, Borgo Ramezzana conserva le sue origini e la sua storia; intatti i soffitti a volta affrescati, le travi in legno, i pavimenti in cotto, i caminetti e le scale in pietra.



Distribuite tra la “Casa padronale” e la “Casa del fattore”, le camere della struttura sono ben distinte per atmosfera e arredo, dalle suite in perfetto stile inglese, eleganti e dai preziosi dettagli degli antichi mobili in legno pregiato, alle camere di ambientazione orientale, intime e raccolte, dai pavimenti in resina verde e oro, posato con tecnica goffrata, che ben si sposa con i mosaici alle pareti e alla lussuosa porta del bagno in vetro satinato.



Vero fiore all’occhiello di Borgo Ramezzana, la Suite 900, un’alcova situata al piano primo che affaccia sul giardino dei bossi e delle rose con fontana del Borgo, affiancato dalla piscina privata dell’hotel.

Protagonista della scena, una grande vasca ovale di marmo bianco rialzata dal pavimento a larghe liste di legno in rovere, adornata sul soffitto da un affresco originale recuperato di ghirlande nei toni pastello.

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King size il letto, un guardaroba scuro con guarnizioni in ottone dorato, e a riscaldare l’ambiente un caminetto su cui posa un cavallino grigio, souvenir di qualche viaggio.

Il ‘900 è raccontato anche nel disegno appeso a parete, ladies e gentlemen perfettamente habillée per una giornata di corsa ai cavalli, spettatori elegantissimi nei loro cappotti écru, dai cappellini infiocchettati e dagli ombrellini in stile orientale, in quella che sembra essere la campagna inglese.

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Intima e romantica anche la sala del “Ristorante La Torre“, che propone le eccellenze del territorio reinterpretate in chiave contemporanea, da abbinare ad una importante carta dei vini dietro consiglio del personale di sala, preparato e gentile.

Una clientela internazionale gode dei piaceri di Borgo Ramezzana, tra i giardini fioriti e le sale, intervallate da carretti di legno e tavolini e sedie in ferro battuto, per un aperitivo a bordo piscina o una chiacchierata in intimità.

Ideale per matrimoni, cerimonie ed eventi, Borgo Ramezzana mette a disposizione grandi spazi e servizi efficienti per soddisfare ogni esigenza; unica nel suo genere, la chiesetta di San Giorgio disponibile per eventi religiosi.

Borgo Ramezzana Country House si trova a Borgo Ramezzana 3, Strada Provinciale 7
13039 Trino in provincia di VERCELLI.

www.borgoramezzana.it

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(foto e testo @ Miriam De Nicolo’)


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MÁDARA, eticità e sostenibilità in cosmesi

MÁDARA, ETICITA’ e SOSTENIBILITA’ IN COSMESI

Quello che ci tocca in prima persona diventa il vero motivo di cambiamento.
Lotte Tisenkopfa-Iltnere, mamma, attivista e imprenditrice, fonda il brand MÁDARA dopo una reazione allergica del viso ad un prodotto di bellezza sintetico. Questo avvenimento è l’inizio del vero cambiamento e dell’impegno che Lotte mette nella ricerca e nello sviluppo costante del marchio, basato su 3 concetti fondamentali:

ingredienti biologici, innovazione e sostenibilità.

Tutte le formule di MÁDARA sono senza parabeni, siliconi, oli minerali, fragranze sintetiche, coloranti artificiali, filtri UV chimici, microplastiche e altri ingredienti discutibili; sono tutti certificati naturali e bio da ECOCERT/Cosmos.
L’azienda possiede un polo produttivo tra i più tecnologicamente avanzati del Nord Europa – tutti i prodotti sono stati sviluppati esclusivamente nei laboratori di proprietà e prodotti sempre da MADARA, nel nucleo di Riga, Lettonia. Questo garantisce il 100% del controllo in tutti le fasi di sviluppo del prodotto, produzione e controllo qualità. MADARA esporta la sua clean Northern beauty -skin care, hair care e make-up certificati- in oltre 30 Paesi.

Basato sul rispetto per la natura, sull’eticità del lavoro e sull’efficacia degli ingredienti, MÁDARA crea delle linee ad hoc per ogni tipo di pelle, tenendo sempre presente l’importanza fondamentale di una buona idratazione.
Qui i prodotti must have:

DEEP MOISTURE VITAMIN OIL 50 ml
Per tutti i tipi di pelle, in particolare per pelli secche e spente

Questa miscela multiuso di oli di enotera, borragine e semi di lampone, abbinata ad estratti vitaminici di olivello spinoso e rosa canina, fornisce una grande quantità di attivi energizzanti, mirati a diminuire secchezza, opacità e segni di stanchezza.

Ricco di acidi grassi essenziali, Omega 3-6, aiuta a migliorare l’idratazione e rinforza la barriera cutanea. La vitamina E aumenta la protezione quotidiana contro i fattori di stress esterni. Ricca di note profumate di agrumi e frutti gialli, l’olio leggero ad assorbimento istantaneo rivitalizza e ammorbidisce la pelle, lasciandola più liscia e luminosa.

GLI INGREDIENTI:

L’OLIO BIOLOGICO DI SEMI DI BORRAGINE
contiene un’abbondanza di acidi grassi essenziali Omega 6 (fino al 24% di acido gamma linolenico (GLA) e fino al 39% di acido linolenico (LA)). L’applicazione topica dell’olio di borragine ha scientificamente dimostrato essere estremamente efficace nel migliorare l’idratazione della pelle.

L’OLIO DI ENOTERA
è ricco di acidi grassi essenziali Omega 3 e Omega 6, tra cui l’acido linolenico (LA) e l’acido gamma linolenico (GLA). La ricerca mostra che l’olio di enotera è notevolmente efficace nell’alleviare i sintomi della disidratazione e nel migliorare le imperfezioni della pelle. Nutre e protegge la pelle dalla perdita di elasticità e compattezza.

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è una vitamina naturale, derivata dalla soia. La vitamina E è uno dei più importanti antiossidanti e anti- radicali liberi, che favoriscono il mantenimento dell’idratazione cutanea. Difende le cellule della pelle dall’inquinamento e da altri fattori di stress ambientali, lenisce la pelle e combatte i segni del tempo.

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Una crema idratante ricca e ultra nutriente, ideale per pelli secche, climi freddi o secchi. La crema aiuta a mantenere livelli ottimali di idratazione mentre lenisce l’epidermide disidratata e rivitalizza l’incarnato.

I test dermatologici mostrano che il 100% delle donne hanno un miglioramento dei livelli di idratazione della pelle durante il giorno. Il 92% ha una pelle più liscia e dall’aspetto più sano dopo 4 settimane di utilizzo.

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I test dermatologici indicano che l’89% delle donne sperimentano un miglioramento dei livelli di idratazione della pelle durante il giorno e il 93% riscontra una maggiore elasticità e compattezza della pelle dopo 4 settimane di utilizzo.

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Il 95% delle donne coinvolte nei test clinici riscontra un miglioramento dei livelli di idratazione della pelle durante il giorno. Il 95% ha una pelle più liscia e dall’aspetto più sano dopo 4 settimane di utilizzo e il 75% conferma che la loro pelle appare significativamente meno grassa.

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Il 100% delle donne riferisce che la pelle appare più soda, levigata e con una carnagione notevolmente più luminosa dopo 4 settimane di utilizzo.

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