“Tits up” – Un mantra di vita da “La fantastica signora Maisel”

Ci troviamo nella New York di fine anni ‘50, in uno di quegli appartamenti di lusso dell’Upper West Side. Nell’atrio si diffonde un delizioso profumo di arrosto inebriante, intanto la domestica ci prende il cappotto. A quel punto giriamo l’angolo, oltre il lungo corridoio stampato a fiori, troviamo una graziosa cucina fin troppo animata. Il forno stride, e da una nuvoletta di fumo grigio si fa spazio un’esile figura armata di guanti da forno: Miriam “Midge” Maisel.

Miriam (Rachel Brosnahan), la cosiddetta fantastica signora Maisel, è graziosa tanto quanto la sua cucina: capelli cotonati, visino gentile, corpo da urlo. Insomma, incarna a puntino lo stereotipo di “donna perfetta”, ma non certo per questo è considerata fantastica. Il suo aspetto così femminile non è altro che una piccola sfaccettatura del suo personaggio stereotipato. Tutto ciò perché i bei vestiti, il trucco e i bigodini, le sono sempre stati familiari sin da quando imparò a camminare sui tacchi. 
D’altro canto, se nel suo bel quartiere tutte le donne sono abituate a indossare un certo attire, nelle profondità di una sudicia caffetteria adibita a locale notturno, il Gaslight Cafè, c’è n’è una di tutt’altra specie: Susie Myerson (Alex Borstein), aspetto ermafrodita, incrocio fra un 15enne e una donna cresciuta. Ed è per questo che il più delle volte la scambiano per un uomo; non male per gli affari di quel periodo!


Le due si incontrano per caso al Gaslight, dove il marito di Miriam, Joel (Michael Zegen), si esibisce in un pezzo comico. Persuasosi che si tratti di un hobby, è invece spinto da un insicuro e improbabile sogno di fare successo, oltre che da una moglie disposta a supportarlo con tutta se stessa. Difatti, quando Midge tenta di offrire a Susie la sua consueta e deliziosa punta di petto — con la speranza di poter ottenere degli orari di stand up decenti per suo marito — riceve in risposta solamente un rozzo rifiuto. 
Questa insolita reazione la destabilizza: per la prima volta nella sua vita Miriam non ottiene ciò che vuole, ed è proprio Susie a negarglielo.


La storia prende una brutta piega quando Joel, scosso dall’insuccesso dell’esibizione, decide di lasciarla per la sua sciocca segreteria temperamatite, amante da lungo tempo. Abbandonata casa, due bambini e una moglie, che rimpiangerà per tutta la vita, Joel incolpa Miriam per non averlo dissuaso dal continuare la carriera da comico. Miriam, d’altra parte, decide di fare del suo smarrimento, un’arma: si sbronza, esce di casa in camicia da notte, raggiunge il Gaslight in taxi e proprio lì si lascia andare nel suo primo vero numero da comica. Un numero fantastico.

Se per Mrs. Maisel la notizia di essere divertente non è niente di speciale, per Susie, che ha assistito all’intero spettacolo, rappresenta un miraggio. Convinta di aver visto in lei una “scintilla”, Susie si autoproclama la sua manager autoritaria.


Tutto questo accade nel primo episodio, come la lettura di un diario, tutto in un boccone e senza più segreti.

Seppure apparentemente incompatibili, le due donne iniziano ad avvicinarsi in un modo singolare. È Midge la prima a confidarsi, raccontando la sua nuova vita da madre single di giorno e neocomica di notte (nulla che non avesse già rivelato a una platea intontita dall’alcol quella famosa notte al Gaslight Cafè). Nonostante sia “un pizzico di panna montata a cui è cresciuta la testa”, fidarsi le riesce difficile, ma col tempo quell’incompatibilità tra le due donne si dimostra un limite ironicamente sbagliato.
È proprio la perfezione fittizia di Miriam che porta Susie a rivalutarla come amica. Realizza di aver incontrato una persona “spezzata” tanto quanto lei. Una donna che — nonostante il vantaggio di una famiglia benestante e una vita di beni e piaceri — ha sofferto e, dopo averci bevuto sopra, non ha cercato di aggiustare i pezzi, ma di ricostruirli.

Io sono la Signora Maisel, e buona notte.

– Miriam Maisel

Dopo svariati tentativi di inventarsi uno pseudonimo decente, Miriam decide di essere se stessa. Il palcoscenico è la sua seconda casa; unica titubanza è il momento prima di salirci. Per scaramanzia “Tits up” o “Tette in su” diviene mantra di vita, un rituale rivolto a tutto il pubblico femminile, pronunciato per infondere sicurezza laddove la paura prende il posto del coraggio.


Miriam diventa sempre più brava nella stand up comedy, ma se i familiari accettano la sua ridicola ossessione per i cappelli, quella per la comicità non trova una singola cappelliera per sé. I genitori della signora Maisel non ne vogliono sapere di cabarettisti, soprattutto se portano il suo nome. 

Rispetto allo stile del tempo, Midge scopre di avere un modo grezzo di fare comicità, usando tabù quali sessualità, gravidanze, per cui rischia la galera. Una notte dietro le sbarre non le farà cambiare idea su chi intende diventare: lei sa di essere bella, talentuosa e ossessionata dal proprio lavoro, ma vuole essere autentica nel desiderarlo.

Tutti i comici sono comici perché qualcosa nella loro vita è andata orribilmente male”, dice Miriam una sera rivolta al pubblico. Sul palco arrivano delle risate, ma l’osservazione è solo vestita da barzelletta. Traspare l’ironia di una sorte che ha giocato con lei e non ha vinto. Non è l’invulnerabilità a rendere La fantastica signora Maiselfantastica”, ma la forza di accettare la sofferenza per amore di qualcosa per cui valga la pena lottare. Significa rivestirsi di grinta e fronteggiare un audience intera rimanendo salda su dei tacchi scomodi. Non è magia, è quella sua commistione di timore e speranza che la rendono coraggiosa oltre ogni limite.

Havas Arte e Cultura – Comunicare la ricchezza della cultura italiana

Il nuovo hub creato da Havas per promuove una cooperazione intelligente tra enti pubblici e privati

L’Osservatorio di Havas Arte e Cultura di CSA tenutosi al MUDEC – Museo delle Culture di Milano ha condiviso la crescente importanza di incentivare le aziende a supportare, diffondere e valorizzare il settore culturale italiano. 
Se da un lato tale patrimonio suscita interesse e passione, dall’altro è indispensabile che il suo sviluppo diventi un impegno condiviso tra Stato, istituzioni e imprese. 

L’Italia e la cultura vanno a due velocità diverse?”, domanda Maurizio Luvizone – Senior Advisor di Havas Arte e Cultura.

Dai dati emersi si evince che nonostante l’Italia sia provvista di un’eredità culturale smisurata, il percepito popolare di sostegno da parte delle aziende risulta del 71% insufficiente, mentre l’85% degli italiani ritiene la cultura una priorità, il 57% riscontra un declino delle iniziative culturali con accessibilità e costo come principali barriere.
A dispetto del divario tra le aspettative della popolazione e l’impegno aziendale, vengono invece premiate al 90% le aziende socialmente impegnate sia come fornitori di prodotti che come datori di lavoro.

Affiancando i dati, Daniele Frattini- Chief Data Officer CSA – Havas afferma che “Misurare un fenomeno significa farlo esistere. Il nostro osservatorio vuole proprio aprire gli occhi degli italiani sulle potenzialità inespresse della relazione impresa e cultura.”

L’obiettivo di Havas è andare oltre il semplice mecenatismo o sponsorizzazione, incoraggiando una comunicazione strategica reattiva da parte del nostro Paese. Havas Arte e Cultura nasce appositamente per rispondere a queste esigenze. Un nuovo hub di consulenza in comunicazione e marketing basato su 5 pilastri fondamentali: Audit, Strategia, Design, Amplificazione e Misurazione.

La CEO di Havas Creative Network, Caterina Tonini, ha dichiarato: “Dobbiamo aiutare le aziende a capire i benefici dell’impegno in arte e cultura, non solo per la popolazione ma anche per il proprio valore. Gli italiani si aspettano che le imprese intervengano dove le istituzioni non possono arrivare.” E prosegue “L’offerta di Havas Arte e Cultura va a costituire un modello unico tailor-made, sulle singole esigenze dell’impresa o dell’organizzazione per sostenere i propri progetti in ambito artistico e culturale attraverso un team di professionisti in grado di analizzare lo scenario competitivo e fornire progettualità targettizzate volte al risultato e amplificate da strategie di comunicazione ad hoc.”

Havas Arte e Cultura abbraccia “La Comunicazione al servizio del Valore Culturale”, per dare vita a un dialogo costruttivo tra pubblico e privato e beneficiare dell’inestimabile patrimonio italiano generando vantaggi economici e sociali. 
Si tratta di marketing non convenzionale che opera in un mondo del “sapere” e del “saper fare”, sostenendo le organizzazioni artistiche e culturali che di conseguenza hanno bisogno di “far sapere” la loro offerta per generare valore e sostenibilità, e le aziende, che con la cultura “rendono conto” e migliorano il proprio storytelling. È una contaminazione necessaria che stimola reciprocamente un dibattito.

Come ha sottolineato Maurizio LuvizoneSolo un patto tra pubblico e privato può migliorare l’offerta culturale, stimolando partecipazione e inclusione.

Per realizzare questo rapporto, Havas Arte e Cultura vuole promuovere il dialogo tra aziende e istituzioni culturali favorendo collaborazioni attive e iniziative durature. Testimoni di successo sono i rappresentanti di realtà come Deloitte Italy, BPER Banca, OGR Torino e la Fondazione Ermanno Casoli di Elica, che dimostrano come l’unione tra arte e impresa possa generare valore significativo.

Titanic – Una mostra sotto il livello dell’oceano

Affascinante è l’impressione di trovarsi in un luogo a cui non si è mai appartenuti e, al contempo, essere spinti dalla curiosità morbosa di calarsi in un’altra epoca e vivere una storia. 

La mostra Titanic: An Immersive Voyage, fa da cantastorie a una delle tragedie più leggendarie del ventesimo secolo. L’Exhibition Hub Art Center di Milano, a Scalo Farini, ha svelato agli spettatori aneddoti e segreti in una accurata e quanto mai ricca esibizione sulla grande vicenda del Titanic.
Grazie a un’eccezionale esperienza multimediale immersiva si viene teletrasportati in un viaggio nel Novecento, la cui percezione così autentica è quella di trovarsi fisicamente a bordo del transatlantico tra i più grandi al mondo, “l’inaffondabile”.

Il percorso si divide in 13 sale raffiguranti il dualismo tra la celebre pellicola di James Cameron del 1997, e l’effettivo Grand Hotel galleggiante concepito al tempo come un miracolo di meccanica, lusso e tecnologia

Una volta ottenuto il biglietto d’imbarco (lo stesso di allora e provvisto di un personale identikit da scoprire), le porte della mostra si aprono sulla ricostruzione scenica più romantica tratta dal film, la prua dove Jack e Rose si scambiano il loro primo bacio. Molto gettonata per fotografie, la sala è inoltre allestita con una collezione memorabile di alcuni accessori e oggetti di scena autentici e riproduzioni riconoscibili, come l’incredibile Cuore dell’oceano (gioiello indossato dalla protagonista Rose, interpretata da Kate Winslet). Da qui in poi ci si prepara a un’escursione entusiasmante all’insegna di una storia piena di grandi promesse e grandi speranze verso il futuro.


La traversata continua ripercorrendo le orme lasciate dal tempo, il prima e dopo la tragica collisione avvenuta nell’oceano Atlantico la notte fra il 14 e il 15 aprile del 1912. Osserviamo passo passo i documenti della sua costruzione, e notiamo che il titanico transatlantico salpò con le dispense piene per ogni classe e ogni occasione (nella lista uova e latte in quantità); una serie di oggetti appartenuti all’equipaggio tra cui il cappello del capitano e uniformi e accessori dei marinai; delle planimetrie digitali degli spazi e degli ingranaggi utilizzati, insieme agli strumenti di lavoro originali e un modellino in scala dell’imbarcazione.

In uno spazio dedicato, con enormi schermi animati, un video racconta l’impatto dell’iceberg con il Titanic all’ora esatta della collisione. Scopriamo la curiosa ipotesi di una “nascita gemellare”, in quanto l’iceberg si sarebbe staccato dalla banchisa nello stesso anno in cui è stato firmato il contratto per la costruzione della nave. Il blocco di ghiaccio sarebbe andato alla deriva lungo l’Atlantico per i successivi cinque anni, mentre il transatlantico prendeva forma sugli scali di Belfast: le due masse avrebbero vissuto vita propria sino al loro tragico scontro.

Oltrepassando una scaletta d’imbarco si arriva nella sala dove la tragedia ha avuto inizio. Fra gli stupefacenti reperti in mostra recuperati dalla nave di lusso e dalle sue due navi gemelle (l’Olympic e il Britannic), ci troviamo di fronte a una collezione di 300 oggetti d’uso comune provenienti da alcune fra le più note collezioni del mondo volute dalla White Star Line per il suo RMS Titanic. Magnifici sono i ritrovamenti di porcellane autentiche, argenti per la prima classe e acciaio per la seconda classe. Per ognuna di queste segue uno schermo digitale con ricostruzioni delle sale da pranzo (diverse per ogni classe) e l’esclusiva sala fumatori riservata solo agli uomini, che fungeva anche da locale notturno, una sorta di gentleman’s club. Superando le camere da letto arriviamo alla parte più opulenta della nave: lo scalone centrale, unica zona mai fotografata nella realtà. Un progetto di maestria artigianale decorato con angeli ispirati alla reggia di Versailles che attraversava sei ponti, tra cui quello delle scialuppe. L’assurdità è che il Titanic era equipaggiato con scialuppe sufficienti per passeggeri ed equipaggio, anche se passate in secondo piano perchè considerato inaffondabile data la struttura a compartimenti stagni, ma che non vennero utilizzate nel totale perchè alcuni passeggeri, all’allarme, preferirono vivere le ultime ora giocando a carte, bevendo o passando momenti insieme ad amici e parenti

L’affascinante tour si conclude con un’esperienza virtuale davvero realistica e ricca di proiezioni e riproduzioni in 3D (con l’uso di visori per la realtà virtuale), tramite cui riviviamo in prima persona gli ultimi attimi di vita del Titanic da una scialuppa di salvataggio, per poi immergerci a bordo di un sommergibile e scoprire il relitto dell’inaffondabile così come viene mostrato oggi sul fondo dell’oceano. 

Con la mostra Titanic: An Immersive Voyage è possibile ricostruire un universo che da oltre 112 anni giace a quasi quattromila metri di profondità. Un’esposizione che ha scelto l’Italia per debuttare in Europa, e la cui tragica fama ha scosso l’animo di tante persone in tutto il mondo e che ancora oggi fa discutere.

La storia del Titanic, ormai indimenticabile, sarà ricordata come una terribile fatalità e non certo come un incidente meccanico o un errore di progettazione. Vivere l’esperienza da protagonisti — come attori e non più spettatori —  ci permette di ricordare con commozione un grande sogno trasformatosi purtroppo in tragedia.