15 marzo: un fiocchetto lilla contro i disturbi alimentari

Oggi ricorre la quinta Giornata del Fiocchetto Lilla contro i disturbi alimentari, istituita da Stefano Tavilla, presidente dell’associazione Mi nutro di vita, in seguito alla morte della figlia. Giulia aveva appena 17 anni quando, il 15 marzo 2011, il suo cuore ha smesso di battere. Prima l’anoressia, poi la bulimia: il suo fragile fisico da ragazzina non ha retto. Stefano Tavilla ha fondato l’associazione e istituito la Giornata nazionale dei disturbi alimentari affinché altri genitori non provino il suo stesso straziante dolore. Ma la strada è tutta in salita.


Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata o binge-eating disorder sono sempre più diffusi e un numero elevatissimo di casi riguarda bambini di 8-10 anni. Così è sempre più importante imparare a riconoscere i sintomi il prima possibile e ad affrontare con pazienza e determinazione quelle che sono vere e proprie malattie multifattoriali. L’ossessione per l’aspetto fisico e la magrezza a volte è evidente fin dalla tenera età. “Incontriamo bambine che sono già ossessionate dalla propria immagine fisica – racconta in un’intervista la neuropsichiatra Valeria Zanna, specializzata in disturbi del comportamento alimentare infantile – si guardano continuamente allo specchio, si vedono grasse e hanno paura di ingrassare ancora di più“. Ma a volte riconoscere i segnali è più difficile, soprattutto perché raramente una ragazza o un ragazzo in età preadolescenziale ammetterà di soffrire di anoressia o bulimia. Bisogna che i genitori stiano attenti ad ogni piccolo dettaglio: quando un bambino tende ad evitare completamente un’intera categoria di alimenti può sembrare che non ci sia niente di strano, ma sta gettando le basi per un grave squilibrio nutrizionale. Quando un’adolescente moltiplica le occasioni per pranzare fuori (dicendo di essere stata invitata da un’amica, o portando un panino che poi magari non mangerà), può essere un modo per sfuggire al controllo dei genitori a tavola. Spesso però le famiglie si sentono impotenti di fronte a disturbi che non sanno riconoscere o che, una volta riconosciuti, sono già così gravi da rendere difficile un intervento.


Il Ministero della Salute è attualmente impegnato nella stesura delle Linee di Indirizzo per la riabilitazione nutrizionale in ambito dei disturbi alimentari, per venire incontro ai malati e alle loro famiglie e far sì che sempre più spesso si possa guarire. La Giornata del Fiocchetto Lilla contro i disturbi alimentari e le iniziative organizzate oggi sono quindi un’occasione per conoscere meglio l’anoressia, la bulimia e gli altri dca, per ascoltare le testimonianze di chi ne è uscito e per scoprire insieme come supportare i malati nel processo di guarigione.

Il pontificato di Papa Francesco: 3 anni dall’elezione di Bergoglio

Era il 13 marzo del 2013 quando, affacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni di piazza San Pietro, Jorge Mario Bergoglio si presentava al mondo come Papa Francesco, con quel saluto confidenziale e ormai rituale: Buonasera. Sono passati esattamente tre anni da quando il vescovo di Roma venuto quasi dalla fine del mondo, come lui stesso si definì quella sera, ha scardinato e ricostruito le certezze della Chiesa. Prendendo il nome di Francesco, il Santo della povertà e della misericordia, passo dopo passo ha promosso la politica dell’incontro e del perdono e oggi risulta difficile, credenti o no, pensare che la sua opera passerà inosservata. «L’unità si fa camminando – ha detto ai giornalisti lo scorso 12 febbraio, dopo aver incontrato Kirill, il patriarca della Chiesa ortodossa russa -. Una volta io ho detto che se l’unità si fa nello studio, studiando la teologia e il resto, forse verrà il Signore e ancora noi staremo facendo l’unità. L’unità si fa camminando, camminando: che almeno il Signore, quando verrà, ci trovi camminando». Seguendo questa filosofia, Papa Francesco ha trascorso gli ultimi tre anni camminando, metaforicamente e letteralmente. Dalla Bosnia alla Bolivia, da Cuba al Messico, giusto per citare alcuni dei viaggi compiuti dal Pontefice solo negli ultimi mesi. Perché nessuno si sentisse solo, perché quegli angoli quasi alla fine del mondo fossero coinvolti come e più dei Paesi che detengono il potere. Tanto da scegliere un luogo ferito, sanguinante e sofferente come Bangui nel cuore dell’Africa per l’apertura dmel Giubileo straordinario della Misericordia. Misericordia che arriverà per scelta di Papa Francesco in tutti i luoghi del mondo e a tutti gli individui compresi, per la prima volta, i detenuti.

Il cammino di Papa Francesco è stato spesso cammino verso l’altro, terminato in abbracci e strette di mano. Così Bergoglio è stato il primo Papa a entrare in un tempio valdese e in una comunità pentacostale, chiedendo perdono per le passate persecuzioni, e il primo Capo della Chiesa di Roma ad incontrare il Patriarca della Chiesa ortodossa. Affrontando a muso duro lo scandalo Vatileaks, è riuscito a non perdere credibilità neanche a livello internazionale, raggiungendo importanti risultati come l’avvicinamento storico tra Stati Uniti e Cuba e la pacificazione in Colombia, tenendo discorsi a Washington e all’ONU. In campo sociale, Papa Francesco si è distinto per l’attuazione più pratica dei precetti evangelici: esemplare in questo senso il gesto di accogliere i profughi in Vaticano, di fare installare delle docce per i senzatetto, di promuovere l’accoglienza di ammalati, indigenti e tossicodipendenti nelle parrocchie. Piccoli passi, certo, verso una maggiore coerenza della Chiesa e una più concreta apertura ai bisogni dell’altro, senza giudizi e condanne. Il cammino di Papa Francesco è ancora all’inizio, ma sicuramente la direzione è quella giusta.

#ViajoSola: il grido dei social per il diritto di viaggiare da sole

#ViajoSola è l’hashtag virale che sta invadendo tutti i social network del mondo. E questa volta no, non si tratta della bizzarria di qualche celebrity o di un giochino di popolarità tra ragazzi. Stavolta si tratta di una cosa seria, di un argomento che tocca tutti da vicino e al quale nessuno di noi può dichiararsi indifferente. Perché se sei una donna ti senti in costante pericolo, e se sei un uomo tua sorella, tua moglie, la tua fidanzata, tua madre si sente così. Tutto parte dalla storia di due ragazze: Maria Coni e Marina Menegazzo, di 21 e 22 anni, che decidono di fare un viaggio insieme (insieme, non da sole), zaino in spalla all’avventura in Ecuador. Se fossero stati due ragazzi, tutti avrebbero sorriso all’idea di una vacanza tra amici, con pochi mezzi e tanta voglia di divertirsi, esplorare, conoscere.  Ma Maria e Marina sono due ragazze, due giovani donne, e così quando sono state barbaramente uccise da due uomini e poi abbandonate sulla spiaggia in due sacchi neri, nessuno ha pensato al legittimo desiderio di divertirsi e fare un’avventura tra amiche. In Argentina molti hanno pensato, detto, scritto “Se la sono cercata“. Perché due ragazze sole non dovrebbero viaggiare per il mondo, camminare per la strada, conoscere gente. Se la sono cercata, chissà come erano vestite, chissà se avevano bevuto. Finché una ragazza paraguaiana, Guadalupe Acosta, ha riversato tutto il suo sdegno per l’umiliazione vergognosa e sessista che le due ragazze hanno dovuto subire dopo la morte. Guadalupe ha scritto un lungo post su facebook, che in pochissimo tempo è diventato virale al grido di #ViajoSola: sono una donna e ho il diritto di viaggiare, lavorare, vivere, divertirmi e non essere aggredita per questo.

 

Ieri mi hanno uccisa. Non mi sono fatta toccare e mi hanno spaccato il cranio. Ma peggio della morte è stata l’umiliazione che è venuta dopo. Dal momento in cui è stato trovato il mio corpo nessuno si è chiesto dove si trovasse l’uomo che aveva ucciso i miei sogni, le mie speranze, la mia vita. Anzi, hanno iniziato a farmi domande inutili. A una morta, che non può rispondere. Che vestiti avevi? Perché viaggiavi da sola? Sei entrata in una zona pericolosa, cosa ti aspettavi? Hanno criticato i miei genitori per avermi insegnato a essere indipendente, come qualunque essere umano. E da morta mi sono resa conto che per il mondo non sono uguale a un uomo. Che la mia morte, in fondo era colpa mia. Mentre se a morire fossero stati due ragazzi le persone starebbero parlando del dolore per quelle morti e chiederebbero la pena maggiore possibile per i loro assassini.

Lottiamo insieme, e vi prometto che un giorno non ci saranno abbastanza sacchi per metterci tutte a tacere.

Polemiche che conosciamo bene, perché nel nostro civilissimo mondo quando una donna viene rapita, aggredita, massacrata, violentata, è sempre colpa sua. Così è successo per Pippa Bacca nel 2008 in Turchia, per la giornalista Giulia Innocenzi che dopo un viaggio in Iran ha scritto di essere stata importunata pesantemente. E quindi? ha risposto l’opinione pubblica sui social. Che ci facevano in quei Paesi? Perché non sono rimaste a casa? Perché non si sono fatte accompagnare da un uomo? Essere importunate è il minimo, e forse essere stuprate è da tenere in conto, quando si viaggia da sole, ma anche in discoteca, di ritorno dal lavoro, o in qualsiasi altra situazione. La donna deve frenarsi, nascondersi, vivere nella paura. Perché l’uomo ha certi istinti, si sa, e non può mica frenarsi lui! La maggior parte degli italiani risponde così sui social a ogni notizia di questo genere, e sono gli stessi italiani che criticano la barbarie dell’Isis e la sottomissione della donna nel mondo arabo.

Non potremo mai parlare di parità di genere finché non avremo abbattuto questa mentalità, finché ogni donna non potrà dire #ViajoSola.

I diritti delle donne: il punto della situazione sull’uguaglianza di genere

L’8 marzo si è celebrata la cosiddetta festa delle donne (in realtà Giornata Internazionale della Donna) e in Italia, come nel resto del mondo, si sono moltiplicate iniziative, celebrazioni, dibattiti sull’uguaglianza di genere. A che punto si trova il nostro Paese? Lo rivelano le numerose ricerche di enti specializzati.

 

In Italia le donne si laureano più e prima degli uomini, e ottengono voti più alti. Nonostante ciò, però, fanno più fatica  a trovare un’occupazione commisurata al proprio titolo di studio e alle proprie capacità. Lo racconta Valore D, partner dell’azienda di telefonia Vodafone, durante l’evento HeForShe. Un passo avanti. La parità di genere riguarda tutti. Anche gli uomini. Ad un anno dalla laurea, il 68% delle donne trova lavoro contro il 77% dei neolaureati uomini, e una volta ottenuta un’occupazione, lo stipendio è inferiore di circa 200€ rispetto a quello dei colleghi maschi. Il dossier Trova l’intrusa del blog Openpolis, invece, indaga la presenza femminile nelle istituzioni: numericamente in crescita, ma ancora poche nei posti di rilievo. Numeri, comunque, non troppo lontani dalla media europea. Su 145 Paesi, l’Italia si trova al 41° posto della classifica delle differenze di genere (Global Gender Index). Le donne che occupano posizioni manageriali nelle aziende italiane sono il 29%. Secondo il rapporto del Centro Studi Internazionali IBR, un dato in leggera crescita rispetto all’anno scorso e quindi indice che qualcosa si sta muovendo. Ma non è abbastanza. «Senza un aumento del lavoro femminile, – ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la celebrazione della festa della donna al Quirinale – il paese non avrà la crescita che tutti speriamo e non potremo parlare davvero di uscita dalla crisi. Non è vero che il lavoro allontana la donna dalla maternità. E’ vero il contrario: proprio l’aumento del lavoro femminile può diventare un fattore favorevole alle nascite. Le politiche per la famiglia, comprese quelle di conciliazione dei tempi di sua cura con quelli di lavoro, sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del paese».

 

Mentre l’Italia riflette sulla questione delle differenze di genere, ieri si è celebrato il 70° anniversario dell’estensione del diritto di voto alle donne. Il 10 marzo 1946, infatti, le donne italiane votarono per la prima volta durante le elezioni amministrative di circa 400 comuni. «Sentivo di contare – racconta all’Ansa la signora Maria Giulia Tonini, che quel giorno si recò per la prima volta alle urne – il mio voto valeva come quello di un uomo, come quello di Benedetto Croce, che all’epoca per me rappresentava la massima espressione dell’autorevolezza maschile». Un passo fondamentale nella battaglia per i diritti delle donne, giunto nell’Italia post-fascista con diversi anni di ritardo rispetto agli altri Paesi occidentali. In Inghilterra, per esempio, il diritto di voto alle donne è arrivato nel 1928 dopo un decennio e più di battaglie. Lo racconta il film Suffragette, proprio in questi giorni nelle sale. Diretto dalla regista inglese Sarah Gavron, e con un cast che vanta Helena Bonham Carter, Carey Mulligan e Meryl Streep, parte dalle vicende del 1912-1918 e giunge all’estensione del diritto di voto alle donne britanniche. La critica è divisa sulla qualità del film, definito da alcuni “troppo semplicistico” in merito alle battaglie dell’epoca, ma sicuramente da vedere per comprendere le motivazioni e le lotte che oggi ci permettono anche solo di parlare di uguaglianza di genere.

Miu Miu: tra miseria e nobiltà, si chiude la stagione delle sfilate

Miseria e nobiltà è la dicotomia su cui si regge il delicato equilibrio della collezione autunno inverno 2016-17 di Miu Miu. Il marchio più giovane della signora Prada chiude la fashion week di Parigi, e con essa tutta la stagione delle sfilate, mostrando ancora una volta il volto da borghese ribelle di Miuccia. C’è di tutto in questa sfilata che ripercorre le età della moda e della donna, condite con un pizzico di ironia. C’è il giubbino di jeans (che sarebbe proprio il caso di tirare fuori dall’armadio!) decorato con patch sportive e n po’ boysh. C’è il colletto ampio e ricamato, di pizzo o di lana. Ci sono le cinture a vita alta che chiudono cardigan e cappotti. Le ragazze Miu Miu giocano a vestirsi da scolarette o da signore, da ragazzacce o da figlie dei fiori, e in ogni caso si divertono da morire.

 

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Gli abiti ampi in taffetà anni ’80 testimoniano che la disco non è morta, ha solo imparato a fraternizzare con stili ed epoche molto diversi. Così si mischia a completi sartoriali di ispirazione militare, cappotti anni ’50 e twin-set da signora perbene. Ma il vero fulcro della sfilata autunno inverno 2016-17 sono i tessuti tappezzeria: gonne lunghe, cappotti, giacche, borse in diverse nuance della stessa fantasia, danno vita a un nuovo concetto di mix and match. Se i capi derivano dall’armadio della mamma, gli accessori e le borse Miu Miu sono sicuramente l’eredità di qualche eccentrica zia. Splendide le cinture broccate, le ciabattine ricoperte di pelliccia turchese e pietre colorate, le decolleté con tacco gioiello. Ma saranno soprattutto le doctor bag di velluto, con manico a fiocco e fibbie preziose, a conquistare i cuori di tutte le ragazze innamorate del vintage.

 

Foto da Vogue.com

A Parigi sfilano le scolarette manga di Kenzo

Se Parigi ha inventato il concetto di chic, è a New York che nasce la coolness: due elementi che Carol Lim e Humberto Leon, direttori creativi di Kenzo, hanno saputo mettere insieme con successo. Abbandonando i vecchi capannoni dismessi e le atmosfere urban, la griffe ha scelto la più classica sala da concerti Salle Wagram per sfilare il penultimo giorno della settimana della moda di Parigi. Anche la collezione autunno inverno 2016-17 si discosta dallo stile sporty per tuffarsi nell’universo giapponese dei manga. «Il personaggio di Sailor Moon – hanno dichiarato Lim e Leonla sua consapevolezza e il suo approccio molto femminile alla moda, ci ha portato a pensare a una silhouette con il taglio Impero costruita molto spesso con dei dettagli e dei capi di lingerie e di abbigliamento intimo».

 

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Sulla passerella di Kenzo sfilano studentesse in uniforme in versione pop. Gli abiti in vinile si indossano su camicie vittoriane, le stampe animalier metallizzate si abbinano a grafismi futuristici, le spalline sporgenti e le voluminose ruches ricoprono abiti e bluse. Il focus è sui cappotti, le cui cinture sotto il seno sottolineano il taglio impero. L’effetto manga è aumentato dal make up, dalle pettinature cotonate e a codini e dagli orecchini lunghi e attorcigliati come stelle filanti. Infine le decolleté tigrate a tinte forti e le micro-bag con maxi-tracolla in toni acidi sono destinate ad essere i prossimi oggetti di culto. Kenzo si inserisce nel filone cartoon per portare una ventata di ironia alla settimana della moda parigina. Potere del cristallo di luna!

 

 

Foto da Vogue.com

 

 

Paris Fashion Week: Svelato il “nuovo capitolo” di Balenciaga

L’intera settimana della moda parigina è stata pervasa da una febbrile attesa, serpeggiante sotto i sorrisi estatici e le corse ticchettanti di giornalisti e buyer. Il pensiero di tutti era rivolto a questa domenica mattina e a una sfilata che si annunciava già chiacchieratissima. Balenciaga ha svelato oggi, infatti, la prima collezione firmata da Demma Gvasalia come nuovo direttore artistico. Il designer, che l’anno scorso ha lanciato il proprio marchio Vetements, è stato nominato pochi mesi fa. L’uscita di scena di Alexander Wang, direttore creativo della maison dal 2012 allo scorso ottobre, non aveva poi sorpreso più di tanto. Designer geniale, mago dello sportswear e animo sensibile e giocoso, Wang è riuscito a conciliare perfettamente il suo stile con i codici estetici di Balenciaga solo nell’ultima sfilata, dopo aver già annunciato la rottura con il gruppo Kering. La nomina del suo successore è stata preceduta da chiacchiere e sussurri, improbabili candidati e pettegolezzi.

 

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Quando oggi Gvasalia si apprestava a presentare la sua prima collezione autunno inverno 2016-17 per Balenciaga, tutta l’attenzione è stata catalizzata da una sua frase. “Una rivisitazione del lavoro di Cristobal Balenciaga…una traduzione, non una ripetizione. Un nuovo capitolo“. Una frase che suona quai minacciosa. Subito dopo le prime uscite, parecchi nomi illustri delle prime file hanno smesso di prendere appunti e scattare fotografie per incrociare le braccia, indignati. Il lavoro di Demma Gvasalia sembra lontano anni luce dai volumi perfettamente bilanciati di quello che  Christian Dior definì “il maestro di tutti noi“.  Apre la sfilata un tailleur grigio seguito da abiti, completi, bomber e cappotti dai volumi esagerati, secondo molti semplicemente “rubati” all’ultima collezione Vetements. Sebbene sia innegabile che molti capi – i cappotti over per esempio, la borsa già destinata a diventare it-bag, i look interamente stampati – siano molto interessanti, questo è quanto di più lontano si potesse immaginare dall’universo Balenciaga. E sicuramente di questa sfilata si parlerà a lungo.

 

Foto da vogue.com

Le principesse rock di Elie Saab sfilano a Parigi

Poetica e romantica, regale e opulenta: così ci aspettiamo la sfilata di moda di Elie Saab, una delle più attese ad ogni edizione della Paris Fashion Week. Con il suo lusso raffinato, lo stilista libanese propone collezioni a cavallo tra favola e realtà e conquista schiere di fan adoranti e devote. La sua chiara propensione al decorativismo, al barocco, al pizzo e agli abiti da sera, viene però interpretata ogni volta secondo un nuovo punto di vista. Così ogni collezione presentata alla settimana della moda di Parigi è una piacevole variazione sul tema principesco.

 

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La collezione autunno inverno 2016-17 aggiunge un tocco dark ai preziosi abiti da sera. Domina il nero, con accenti di rosso cupo e viola acceso e un solo, leggerissimo, abito candido. La passione di Elie Saab per il pizzo e gli strati di tulle è confermata eppure stravolta dall’aggiunta dell’onnipresente biker in pelle. Gli abiti lunghi con romantiche ruches e delicate trasparenze si indossano con chocker metallici da bad girl. La pelle scoperta si fa più sensuale, delineata da spacchi vertiginosi e bilanciata da colli alti e austeri. Accanto ai preziosi ricami di perline, si impongono lunghissime frange e pois mini e maxi. Tra gli accessori, si confermano le lussuose clutch e le sottili cinture in vita alle quali Elie Saab ci ha ormai abituati. Le sue principesse diventano più dark ma mantengono quell’allure regale che fa sognare.

 

 

Foto da vogue.com

Paris Fashion Week: Isabel Marant ritorna agli anni ’80

Se vi dicessero che la moda anni ’80 sta per ritornare? Le spalline imbottite, i capelli cotonati e le minigonne in vinile: dite la verità, non sareste terrorizzate? Considerati dai fashionisti puri la decade più brutta della storia della moda, meritevole di eterno oblio, gli ’80s hanno rappresentato comunque un periodo spensierato, divertente e in qualche modo “libero”. Almeno così la pensa Isabel Marant, la stilista che da anni decide cosa sia cool e cosa no nel panorama della moda parigina.

 

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La Paris Fashion Week 2016 è turbata e adombrata da una cupa insicurezza: gli attentati terroristici di pochi mesi fa non hanno ancora allentato la stretta sul cuore di chi ama la Ville Lumière. Così Isabel Marant ha pensato che fosse necessario presentare in passerella una moda easy e spensierata. «Dopo i tristi eventi di Parigi, mi è sembrato che fosse il momento giusto per fare festa e divertirsi – ha dichiarato la designer – Sono tornata indietro con la memoria a quel periodo di metà anni ’80, quando sgattaiolavo fuori casa per andare ai punk club». Nella collezione autunno inverno 2016-17 questa ispirazione è evidente, senza scadere però nel revival nostalgico. I pezzi chiave della moda anni ’80 mantengono il loro brio, ma sono rivisitati in chiave contemporanea. Così i pantaloni in vinile si abbinano a cappotti over in tessuti maschili, l’esuberanza delle mini rosso lacca è attenuata da maglioncini bon ton, gli abitini cortissimi e vaporosi si indossano con calze a rete e sandali bassi. Isabel Marant apre uno squarcio di spensieratezza sulla Paris Fashion Week, con una collezione divertita ma non sguaiata: state pur certi che in molti la seguiranno!

 

Foto da vogue.com

Il lusso decadente di Dries Van Noten incanta Parigi

Lusso decadente ed eccentrico quello che sfila sulla passerella di Dries Van Noten alla settimana della moda di Parigi 2016. Devoto a uno stile eclettico e unico, lo stilista belga si lascia ispirare da due figure di spicco del panorama culturale italiano: Gabriele d’Annunzio e l’eccentrica Marchesa Luisa Casati, con la quale ebbe una scandalosa relazione. Lui poeta dandy nell’animo e nell’aspetto, lei stravagante nobildonna che amava circondarsi di animali esotici e indossarne le pellicce.

 

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La collezione autunno inverno 2016-17 gioca sull’ambiguità di genere e un esotismo ostentato. Smokey eyes, cascate di perle e piume, silhouette allungate insieme a faux-fur e stampe animalier ripercorrono l’ossessione per il diverso, l’estraneo, l’esotico dei primi decenni del ‘900. I completi pigiama, le vestaglie, i pantaloni maschili dalla linea fluida sono invece ispirati ai poeti decadenti e al tema, a loro tanto caro, dell’ambiguità dei sessi. Non solo d’Annunzio, ma anche Oscar Wilde e George Sand ispirano la figura del dandy moderno in cui maschile e femminile si fondono. Panciotti e tuxedo, golfini da collegiale e abiti animalier dai colori sgargianti, reinterpretati con la moderna raffinatezza della moda parigina. Definito dal New York Times “uno degli stilisti più celebrali” per le colte citazioni che affollano le sue collezioni, Dries Van Noten sorprende la Paris fashion week con uno stile ancora una volta incantevole e conturbante.

 


Foto da fashionmag.com

Avventure in motocicletta per Chloé

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Ad oggi uno dei brand più riconoscibili della moda parigina, Chloé ha assunto ormai un’identità così chiara e precisa da rischiare di ripetersi. Ma il direttore creativo Clare Weight Keller sa bene a chi rivolgersi e come: la giovane donna francese amante di frange, pelle e avventure è l’icona del marchio da anni e continua a funzionare. La musa di questa collezione autunno inverno 2016-17 è Anne-France Dautheville, giornalista e scrittrice francese che nel 1972 attraversò il Medio Oriente in sella a una moto Guzzi 750. Da Parigi all’Iran attraversando l’Afghanistan, strizzata in tute di pelle e guidata dallo spirito avventuroso e hippie dei mitici ’70s, la giornalista è la figura perfetta per ispirare la millenials dallo spirito bohémien a cui Chloé si rivolge.

 

Accanto ai caftani ricamati, agli abitini svolazzanti e ai poncho sfrangiati, ormai grandi classici del marchio, sulla passerella della settimana della moda di Parigi sfilano riproduzioni esatte delle tute in pelle indossate da Anne-France Dautheville. Lo spirito romantico-hippie della maison si conferma e si rinnova in questa donna avventurosa di cui la moda parigina senza dubbio si innamorerà. Stivali camperos, cinture strette in vita e comode bisacce completano i look, ma il pezzo forte del prossimo autunno inverno è già designato: è la nuova it-bag Lexa. Una cartella-zainetto che conquisterà le fashion victim.

 

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Foto da fashionmag.com