Alzi la mano chi almeno una volta nella vita ha sognato di essere Carrie Bradshaw. Con il suo personaggio in Sex and the City, Sarah Jessica Parker ha convinto più o meno ogni ragazza sulla faccia della terra che tutto fosse possibile: vivere a New York, lavorare come giornalista, scrivere su Vogue, essere sempre alla moda, possedere abiti e scarpe di un valore di gran lunga superiore a quello di un appartamento in centro a Manhattan. E ha finito per identificarsi con lei, tanto che media e fan faticano a distinguere l’attrice dal personaggio. Perché Sarah Jessica Parker, nonostante cerchi di affrancarsi dal ruolo che l’ha resa celebre, somiglia molto a Carrie: ama la moda e ama New York, come tutte le fan della serie.
Oggi mamma di tre figli e moglie di Matthew Broderick, Sarah Jessica continua a far parlare di sé e del possibile ritorno di una settima stagione di Sex and the City. Viene avvistata, spesso in compagnia delle sue gemelline Marion e Tabitha, in look che sembrano rubati dal gigantesco armadio di Carrie Bradshaw e ha collaborato con le case di moda preferite del suo alter-ego televisivo. Per dirne una, dal 2014 è disegnatrice di una linea di scarpe in collaborazione con Manolo Blahnik, lo shoe-designer osannato in Sex and the City. Nel 2015, invece, ha disegnato una speciale Fendi baguette per la griffe italiana. Proprio la stessa borsa che veniva sottratta a Carrie Bradshaw da un ladro nella terza stagione di SatC. Oggi, Sarah Jessica Parker rilancia il suo ruolo di fashion icon creando un tubino nero per tutte le fan di Carrie, anzi un’intera linea. È stata lei stessa a rivelarlo un paio di giorni fa in un video pubblicato su instagram. La clip mostra l’attrice che svolazza tra le porte girevoli del Claridge’s Hotel di Londra in un delizioso little black dress con gonna a corolla e scollatura sulla schiena. «È il momento della rivelazione. Vi presento SJP LBD (Sarah Jessica Parker Little Black Dress) – spiega l’attrice sul social network – Una nuova collezione di little black dress disegnata da me, interamente e orgogliosamente made in USA. Il nostro primo modello (una sorpresa!) verrà lanciato a ottobre da Bloomingdale, e altri saranno rivelati in seguito, compreso questo». Non ci resta che attendere ottobre per sentirci tutte un po’ più Carrie Bradshaw.
Autore: Giovanna Errore
Kim Kardashian aggredita alla Paris Fashion Week
Dopo l’aggressione a Gigi Hadid, il giornalista ucraino Vitalii Sediuk torna a tormentare una celebrity: Kim Kardashian è stata aggredita dall’uomo mentre si recava ala sfilata di Balenciaga alla Paris Fashion Week. Subito dopo essere scesa dalla macchina, attorniata dalla stampa e dai fan, Kim è stata raggiunta dal giornalista che ha tentato di baciarle il celeberrimo lato b. Il disgustoso attacco è stato prontamente sventato dalla security, permettendo alla donna di assistere allo show senza altri incidenti.
Solo uno spavento quindi per Kim Kardashian, ma Vitalii Sediuk non è nuovo a episodi di questo tipo. L’ultima in ordine di tempo è stata l’aggressione a Gigi Hadid, durante la settimana della moda di Milano. La bella Gigi è stata “abbracciata” in maniera violenta e molto invadente dal giornalista, ma è riuscita a difendersi benissimo. In quell’occasione, infatti, Sediuk si è guadagnato una gomitata dalla modella, riuscendo poi a scappare mentre i bodyguard riportavano l’ordine. L’uomo ha spiegato l’aggressione su instagram, definendola un gesto di protesta contro il fashion system che regala celebrità alle reginette dei social come appunto Gigi Hadid, Kim Kardashian e la sorellina Kendall Jenner. In altre occasioni l’aggressore si è scagliato invece contro star della musica e del cinema. Celebre il suo tentativo di importunare Madonna alla conferenza stampa del film W.E. nel 2011. In quel caso, il giornalista ha regalato alla cantante un mazzo di ortensie, nonostante la sua allergia a questi fiori sia risaputa. Nel 2013 Vitalii Sediuk ha cercato di rovinare il discorso di ringraziamento di Adele alla cerimonia dei Grammy Awards, ma è stato prontamente fermato da Jennifer Lopez, decisa a lasciare alla collega il suo momento d’oro. Infine, anche Will Smith e Brad Pitt sono stati aggrediti dall’uomo, che però in quest’ultimo caso è finito in manette. Insomma, l’aggressione a Kim Kardashan è solo la più recente delle imprese di Sediuk. Aggressore seriale o solo personaggio in cerca di notorietà?
È morto Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della riservatezza e dell’orgoglio nazionale
È morto stamattina in una clinica romana Carlo Azeglio Ciampi, ex Presidente della Repubblica Italiana e senatore a vita. «Ho avuto una botta di vecchiaia» ripeteva ultimamente. Aveva 95 e, agli acciacchi dell’età, si era aggiunto da tempo l’invalidante morbo di Parkinson. Nonostante ciò, quest’uomo severo e riservato continuava a recarsi nel suo studio di senatore a vita, a lavorare e ricevere finché ha potuto. Al suo fianco fino all’ultimo Franca, moglie di Ciampi famosa per le sua sua presenza costante e i suoi interventi “fuori dal protocollo” durante il settennato di Presidenza.
Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, ha battuto un record assoluto: è stato eletto in sole 2 ore e 40 minuti. Un uomo capace di unire, di placare gli animi e di guidare l’Italia in un periodo particolarmente delicato. Prima Governatore della Banca d’Italia, poi Presidente del Consiglio, ha ricoperto diversi ruoli ministeriali prima di giungere alla carica più alta dello Stato. Nel suo mandato di presidenza è stato definito il “defibrillatore istituzionale” per la sua capacità di civilizzare il confronto pubblico nel fragile periodo in cui la Repubblica ha affrontato il passaggio all’Euro. Dietro al suo aspetto quasi severo, sempre riservato, si nascondeva una serietà istituzionale o semplicemente una timidezza congenita? Non lo sapremo mai, ma tante sono state le manifestazioni di puro affetto per la sua nazione che ci hanno mostrato un uomo gentile e nostalgico. Carlo Azeglio Ciampi ha insegnato all’Italia e agli italiani l’orgoglio nazionale di cui spesso siamo privi. Grazie a lui abbiamo ricominciato a festeggiare il 2 giugno, dopo la cancellazione della Festa della Repubblica nel 1976 per ragioni di risparmio. Lui ha riportato in auge il rito, forse vetusto ma sicuramente romantico, dell’esibizione della bandiera tricolore all’esecuzione dell’inno nazionale, e ha istituito le celebrazioni dei “padri della patria”, in un costante e delicato ricordo del passato e della storia d’Italia.
Alla notizia della morte di Carlo Azeglio Ciampi, il premier Matteo Renzi ha twittato: «L’abbraccio del Governo alla signora Franca. E un pensiero grato all’uomo delle Istituzioni che ha servito con passione l’Italia».
È morto Carlo Azaglio Ciampi, Presidente della riservatezza e dell’orgoglio nazionale
È morto stamattina in una clinica romana Carlo Azeglio Ciampi, ex Presidente della Repubblica Italiana e senatore a vita. «Ho avuto una botta di vecchiaia» ripeteva ultimamente. Aveva 95 e, agli acciacchi dell’età, si era aggiunto da tempo l’invalidante morbo di Parkinson. Nonostante ciò, quest’uomo severo e riservato continuava a recarsi nel suo studio di senatore a vita, a lavorare e ricevere finché ha potuto. Al suo fianco fino all’ultimo Franca, moglie di Ciampi famosa per le sua sua presenza costante e i suoi interventi “fuori dal protocollo” durante il settennato di Presidenza.
Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, ha battuto un record assoluto: è stato eletto in sole 2 ore e 40 minuti. Un uomo capace di unire, di placare gli animi e di guidare l’Italia in un periodo particolarmente delicato. Prima Governatore della Banca d’Italia, poi Presidente del Consiglio, ha ricoperto diversi ruoli ministeriali prima di giungere alla carica più alta dello Stato. Nel suo mandato di presidenza è stato definito il “defibrillatore istituzionale” per la sua capacità di civilizzare il confronto pubblico nel fragile periodo in cui la Repubblica ha affrontato il passaggio all’Euro. Dietro al suo aspetto quasi severo, sempre riservato, si nascondeva una serietà istituzionale o semplicemente una timidezza congenita? Non lo sapremo mai, ma tante sono state le manifestazioni di puro affetto per la sua nazione che ci hanno mostrato un uomo gentile e nostalgico. Carlo Azeglio Ciampi ha insegnato all’Italia e agli italiani l’orgoglio nazionale di cui spesso siamo privi. Grazie a lui abbiamo ricominciato a festeggiare il 2 giugno, dopo la cancellazione della Festa della Repubblica nel 1976 per ragioni di risparmio. Lui ha riportato in auge il rito, forse vetusto ma sicuramente romantico, dell’esibizione della bandiera tricolore all’esecuzione dell’inno nazionale, e ha istituito le celebrazioni dei “padri della patria”, in un costante e delicato ricordo del passato e della storia d’Italia.
Alla notizia della morte di Carlo Azeglio Ciampi, il premier Matteo Renzi ha twittato: «L’abbraccio del Governo alla signora Franca. E un pensiero grato all’uomo delle Istituzioni che ha servito con passione l’Italia».
Settimana della moda di New York: le modelle curvy di Christian Siriano
Il tema più dibattuto di questa settimana, sui giornali e sui social network, è stato il significato della parola “curvy“. Complice il concorso di Miss Italia, la questione delle misure in passerella è tornata all’ordine del giorno. Cosa vuol dire essere delle modelle curvy? Quali sono le misure che identificano questa categoria? Quanto è inclusivo e quanto è invece discriminatorio il fatto che le plus size models partecipino ai concorsi di bellezza in una categoria a parte? Mentre il Bel Paese discuteva di questo, alla settimana della moda di New York uno stilista dava il suo personale contributo alla faccenda, senza sensazionalismi e dichiarazioni plateali: Christian Siriano è riuscito nell’impresa di far sfilare diverse plus size model, senza farla sembrare una mossa di marketing. Non è la prima volta, d’altra parte. All’inizio dell’estate, avendo realizzato un abito per l’attrice curvy Leslie Jones, aveva dichiarato «Non dovrebbe essere sensazionale lavorare con persone brillanti, solo perché non hanno una taglia da campionario. Non voglio complimenti, voglio un cambiamento».
La sfilata di Christian Siriano alla settimana della moda di New York è ispirata alle foto di Jackie O in vacanza a Capri, scattate da Settimio Garritano. Abiti scivolati e morbidi o aderenti, pantaloni e maniche ampie, abiti da sera e da giorno, completi da spiaggia. Ogni look restituisce la sensazione della brezza marina tra i faraglioni. L’anima spiccatamente rilassata e vacanziera è sottolineata da tessuti fluidi e colori neutri, qua e là intervallati da total look in colori brillanti come l’arancio e il turchese. Sulla passerella sfilano donne dalle caratteristiche fisiche diverse. Ragazze magrissime, alte e slanciate insieme a modelle curvy dal fisico burroso, una mescolanza di forme femminili che rende la collezione davvero adatta a tutte. «Mettiamo un abito a una modella, e per la prima volta vediamo come sta veramente su un corpo femminile – ha spiegato lo stilista dietro le quinte – E anche con le modelle tradizionali, che per mestiere devono avere certe misure e certe proporzioni, devi sempre fare delle modifiche una volta che hai visto i capi addosso a una persona reale. Adesso immagina di farlo con diverse misure, diverse proporzioni. Abbiamo trovato il tempo, abbiamo impiegato i nostri sforzi, perché essere un marchio che diverse donne possano indossare è importante per noi».
Fashion blogger, la guida (ironica) alla New York fashion week
New York fashion week: glamour, champagne, outfit elaborati e pr isterici. A metà strada tra duro lavoro e leggende metropolitane, le sfilate di moda della stagione primavera estate 2017 sono iniziate. Sulla Fifth Avenue e a Central Park, in questo preciso momento, sfilano fashion blogger di corsa tra una sfilata e un post su snapchat. Ma come sopravvivere alla follia collettiva delle sfilate? Come vestirsi alla fashion week? Come destreggiarsi tra inviti, caffè di Starbucks e gift bags? Ci ha pensato Stylebop.com a raccontarlo, con una serie di disegni dell’illustratrice Julie Houts. Il retailer tedesco ha scelto la matita graffiante e ironica della Houts, famosa per i suoi sketch su instagram ma anche per la collaborazione con J. Crew, per cogliere il lato divertente delle sfilate di moda.
Tredici illustrazioni irriverenti che mostrano come per il mondo della moda questa settimana (e le tre a seguire di Londra, Milano e Parigi) siano cruciali. Nei disegni di Julie Houts c’è la pr di nero vestita, che non dorme da giorni e manda email a raffica. La celeb che si addormenta sul front row, forse stremata dall’afterparty della sera prima. E ancora la giornalista che sceglie la praticità perché “è lì solo per fare il suo lavoro“, la semi-sconosciuta che cerca di intrufolarsi in prima fila, la modella fuori servizio che nasconde la sbronza continuando a bere con nonchalance. La Guida illustrata al fashion month prende in giro gli outfit più stravaganti e i tagli di capelli più costosi, echeggiando la domanda: come vestirsi alla fashion week? La più divertente, però, è la fashion blogger che si dichiara distrutta tra uno show e l’altro, lamentandosi nell’enorme quantità di party a cui è costretta a partecipare. Salvo poi sbraitare contro la pr se non la fa entrare all’evento più cool della settimana della moda. Chiamasi: fear of missing out.
Harald V parla di immigrazione e omosessualità: il discorso del re di Norvegia diventa virale
Il discorso del re di Norvegia Harald V del primo settembre è diventato virale in pochi giorni: si parla di omosessualità, di disabilità, di immigrazione e di integrazione. Ci voleva un uomo di 79 anni per ricordare all’Europa quanto sia preziosa la diversità. Dal giardino del Palazzo Reale di Oslo, re Harald V ha conquistato i Norvegesi e non solo, diventando in breve il nonno più ammirato del mondo. «I norvegesi siete voi. I norvegesi siamo noi, la Norvegia è unita, è una, alla Norvegia appartengono tutti gli esseri umani che ci vivono per quanto diversi tra loro possano essere» è il succo del discorso del re condiviso milioni di volte sui social media.
Sono soprattutto le nuove generazioni a sentirsi finalmente capite e accettate nella loro vastità di sentimenti, idee e aspirazioni da una testa coronata con diverse decadi più di loro alle spalle. In una Nazione, e più in generale in un’Europa, sempre più diffidente, spaventata, intollerante verso l’altro, re Harald V dichiara la sua visione della vita con un piglio serio e tenero allo stesso tempo. «I norvegesi vengono dal nord della Norvegia, dalla Norvegia centrale, dal sud della Norvegia e da tutte le altre regioni. Sono norvegesi anche coloro che sono venuti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Somalia e dalla Siria – ha detto il sovrano, puntando i riflettori sull’integrazione – I miei nonni vennero qui emigrando dalla Danimarca e dall’Inghilterra centodieci anni fa. Non è sempre facile dire da dove veniamo e di che nazionalità siamo. La casa è il luogo dove batte il nostro cuore, e non sempre può essere confinata all’interno delle frontiere nazionali». Il re ha toccato anche i temi dell’omosessualità e della tolleranza religiosa, continuando «Sono norvegesi ragazze che amano altre ragazze, ragazzi che amano altri ragazzi, e ragazze e ragazzi che si amano tra loro. I norvegesi credono in Dio, in Allah, in tutto o in nulla». Ingegneri e sportivi, atleti e disabili, sportivi e pigroni, amanti del rock o della musica dance, tutti i Norvegesi sono uguali nel cuore del loro sovrano.Così si può riassumere il discorso del re 79enne che ha tanto da insegnare alle giovani classi politiche e dirigenti dei Paesi Europei.
Chi è Bansky? Secondo un giornalista inglese, sarebbe il leader dei Massive Attack
Chi è Bansky? Una domanda che tutto il mondo dell’arte, e non solo, si pone da diversi anni. Tanto che per le teorie più strampalate sull’identità dell’artista sono stati scomodati perfino criminologi e scienziati. Era già successo alcuni mesi fa, quando uno studio dell’università Queen Mary di Londra, basato su un metodo usato in criminologia, aveva identificato il discusso street artist con Robin Gunnigham, di Bristol. Una teoria mai confermata. Oggi l’interrogativo chi è Bansky? torna sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, grazie allo studente di giornalismo e aspirante scrittore scozzese Craig Williams. Trentun’anni, grande appassionato di musica, ha pubblicato sul suo blog un lungo post in cui spiega dettagliatamente tutti i legami tra Bansky e i Massive Attack, sostenendo che l’artista potrebbe essere proprio il leader del gruppo trip-hop britannico.
Bansky sarebbe Robert “3D” Del Naja, e il giornalista ha spiegato anche perché, con tanto di studi, dati incrociati e coincidenze che sembrano un po’ troppo precise. La teoria parte da un assunto semplice quanto incontestabile: sia Bansky che i Massive Attack hanno iniziato le rispettive carriere nella città di Bristol. Qui 3D, prima di fondare la band, si sarebbe dedicato proprio ai graffiti, diventando anche abbastanza famoso. Non a caso qualche anno fa Bansky lo ha nominato tra gli artisti che apprezza e a cui si ispira. Inoltre, i due hanno dichiarato in diverse occasioni di conoscersi e di essere amici. E qui finiscono i dati oggettivi, e inizia il tortuoso percorso di ricerca di Craig Williams. Seguendo la sua passione per la musica, ma anche l’ambizione di diventare uno scrittore e quindi un’innegabile fantasia galoppante, lo studente avrebbe confrontato le date dei concerti dei Massive Attack con quelle della comparsa di opere di Bansky nelle stesse località. Seguendo l’itinerario del gruppo nella primavera del 2010, tre opere dell’artista dal volto sconosciuto sono comparse a San Francisco, Toronto e Boston nello stesso periodo dei concerti. Collegamenti meno precisi, ma comunque plausibili, tra opere d’arte e show della band si possono riscontrare anche nel 2006, nel 2008 e nel 2013, sempre negli Stati Uniti. Bisogna tornare indietro al 2003 invece per un tour dei Massive Attack in Australia, tra Melbourne e Sidney: nelle due città nello stesso periodo apparvero i famosi ratti dello street artist. Ma tra Robert 3D Del Naja e Bansky ci sarebbe un collegamento ancora più profondo. Il musicista, figlio di un emigrato napoletano e grande tifoso della squadra partenopea, avrebbe assistito a una partita di calcio tra Napoli e Cittadella nel 2004. Appena poche settimane prima, sulle strade di Napoli, apparve “La Madonna con la pistola”.
Craig Williams, comunque, ci tiene a precisare che la sua è solo una teoria. Si detto «infastidito dal modo in cui la cosa è stata fatta uscire, come se io avessi detto che Banksy è 3D». Lo scrittore non esclude che dietro il misterioso e discusso artista si possa nascondere, come già ipotizzato da molti, un collettivo di vari artisti e non una singola persona. La domanda, alla fine, rimane: chi è Bansky?
Fertility Day, Lorenzin: “La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova”
Ha suscitato numerose polemiche la campagna del Fertility Day, designato per il 22 settembre dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. La giornata, ideata per sensibilizzare sui temi della procreazione consapevole e della fertilità, è diventata oggetto di scherno e polemiche a causa delle indelicate cartoline diffuse per pubblicizzarla. “La belezza non ha età. La fertilità sì”; “Datti una mossa, non aspettare la cicogna”; “La fertilità è un bene comune” sono solo alcuni degli slogan che hanno fatto indignare gli italiani. Il primo a scatenarsi sul web è stato Roberto Saviano, che ha twittato «Il #fertilityday è un insulto a tutti: a chi non riesce a procreare e a chi vorrebbe ma non ha lavoro. E il 22 mi rovinerà il compleanno», per poi dilungarsi su facebook in un post più dettagliato. A sconvolgere sono stati diversi fattori: non solo il riferimento al tempo che passa e all’orologio biologico, profondamente sessista. Altri slogan danno la sgradevole sensazione che lo Stato voglia inserirsi in una sfera così intima e privata del singolo cittadino, altri ancora sembrano prendersi gioco dei giovani in cerca di un’occupazione. “Genitori giovani. Il modo migliore per essere creativi” recita una delle cartoline. Ma come possono i giovani italiani mettere al mondo un figlio in situazioni lavorative estremamente precarie, quando la prima domanda che una ragazza sotto i 30 anni si sente rivolgere a un colloquio è proprio «Ha dei figli o intenzione di averne nel breve periodo?». Anche le immagini hanno fatto la loro parte nella complessiva malriuscita della campagna: quella con una donna che si sfiora l’addome stringendo in mano una clessidra è stata giudicata la più offensiva. Perfino il grande Oliviero Toscani ha voluto dire la sua, sostenendo che in queste cartoline «è tutto sbagliato».
Mentre sul web singoli cittadini, associazioni femministe, medici, personaggi famosi continuano ad infiammare la polemica, neanche il Governo è unanime sul Fertility Day. Il Ministro Lorenzin ha avuto l’appoggio del compagno di partito e di governo Angelino Alfano, per il quale la campagna «era condivisibile nel merito. E ha anche centrato l’obiettivo: tutti ne parlano ed è diventata elemento di dibattito. Missione compiuta». Molte sono state invece le critiche, anche dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi. «Certo non conosco nemmeno un amico che fa un figlio perché ha visto un cartellone – ha dichiarato il Premier – se vuoi creare una società che scommette sul futuro devi creare le condizioni strutturali, gli asili nido, i servizi, creare lavoro. Nei paesi dove si fanno figli non credo che sia per effetto di una campagna». «Se non fosse drammatico ci sarebbe da ridere – affermano in una nota congiunta le parlamentari M5S di Camera e Senato – Non è che rinunciare a diventare genitori sia una moda da scoraggiare o una consuetudine capricciosa. Non si fanno figli perché non si può».
Il Ministro Lorenzin però non si scompone. Su twitter ha scritto: «La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline, è prevenzione, è la #salute degli italiani».
Morto Gene Wilder: da Willy Wonka a Frankenstein, i film cult dell’attore
Quando uscì al cinema nel 1971, Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato non ebbe un gran successo: bocciato dal pubblico e dalla critica, rinnegato dall’autore dell’omonimo romanzo Roal Dahl. Più di quarant’anni dopo, un fotogramma di quel film è uno dei meme più condivisi al mondo, un vero tormentone social. Questo accade quando la personalità di un attore trasforma un fiasco in una pellicola cult. Gene Wilder, con il suo incredibile talento, la sua ironia pungente e la sua indimenticabile mimica facciale, è stato un grande protagonista della storia del cinema tra gli anni ’60 e la fine degli anni ’80. Jerome Silberman, vero nome di Wilder, è morto ieri all’età di 83 anni a Stamford, nel Connecticut, in seguito a gravi complicazioni dovute all’Alzhaimer che lo tormentava da tempo.
“Gene Wilder è morto“: quando Associated Press ha diffuso la notizia, confermata da uno dei nipoti dell’attore, il web si è riempito ancora una volta di meme e video, gif animate e citazioni dai suoi film cult. Il primo in ordine di tempo, Per favore non toccate le vecchiette (1968) ha segnato la nascita di un sodalizio creativo difficile da eguagliare: quello con Mel Brooks. I due si erano conosciuti nel ’63 quando Wilder, protagonista dello spettacolo teatrale Madre Coraggio e i suoi figli, era stato presentato a Brooks dalla futura moglie del regista. La sintonia è stata subito palpabile e Gene Wilder si è assicurato il ruolo di Leo Bloom nella pellicola d’esordio di Mel Brooks. Il regista parlò di lui come “L’uomo della strada con tutte le sue vulnerabilità ben visibili”. Il duo collaborò ancora in Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco (1974), ma la vera consacrazione arrivò lo stesso anno con Frankenstein Jr. Fu lo stesso Wilder a scrivere la sceneggiatura e a proporre all’amico questa parodia dei film horror degli anni ’30, una pellicola di culto che ottenne immediato successo.
Gene Wilder è famoso anche per il suo divertente ruolo del dottor Doug Ross in Tutto quello che avete sempre voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere), film di Woody Allen del 1972 che mise in luce le sue capacità nella commedia brillante. Attore, sceneggiatore e regista, Wilder diresse tra gli altri La signora in rosso, che nel 1984 gli valse un Golden Globe. Il web però lo ricorderà sempre come lo strambo e geniale Willy Wonka, e come il dottor Frankenstein che urla “Si può fare!“
Portugal Fashion, 3 fashion designer emergenti ad Altaroma
Altaroma 2016 si è confermata un osservatorio privilegiato sui fermenti creativi del sistema moda e in particolare su quelle spinte che arrivano dai fashion designer emergenti in piena scalata al successo. La fashion week capitolina ha raccolto i nomi più interessanti della scena creativa, andando a pescarli anche fuori dai confini italiani: è nata così Portugal Fashion, la sfilata collettiva organizzata da Altaroma con ANJE – Associação Nacional de Jovens Empresários (Associazione Nazionale dei Giovani Imprenditori). Tre stiliste portoghesi hanno mostrato all’Italia le proprie collezioni, contribuendo all’atmosfera cosmopolita e alla fertilità di scambi culturali ed estetici. Daniela Barros, Susana Bettencourt e Pé de Chumbo: queste le tre fashion designer iberiche le cui collezioni hanno sfilato durante l’evento.
Daniela Barros ha studiato alla Oporto Fashion School e da alcune stagioni sfila in calendario alla Portugal Fashion Week. La stilista ha raggiunto il successo nel 2013 vincendo il premio Best Female Collection a Who’s Next Salon Paris. Sulla passerella di Altaroma ha portato una collezione androgina ma sensuale, fatta di capi stratificati e porzioni di pelle in vista, dominata da colori neutri come bianco, nero, blu con incursioni nel gessato maschile.
La seconda collezione di Portugal Fashion è stata quella di Susana Bettencourt, specializzata in Knitewear alla Central Saint Martins di Londra. La passione della stilista per la maglieria è evidente dai look che ha portato in passerella: abiti, completi e maglie coloratissimi, ricchi di frange e dettagli sbarazzini.
A concludere l’evento di Altaroma, la collezione Pé de Chumbo della fashion designer Alexandra Oliveira, specializzata nella sperimentazione di materiali innovativi da abbinare a tessuti tradizionali. La sua moda è fatta di maxi cardigan lavorati a maglia e abiti da sera che giocano con materiali opalescenti e trasparenze ad arte.