C’è stato un tempo in cui il cappello da uomo era l’accessorio più importante del guardaroba, indipendentemente da professione e classe sociale. Negli anni ’20 nessuno usciva di casa senza un cappello e l’Italia era il paese che produceva ed esportava il maggior numero di modelli. In quel periodo l’azienda italiana Borsalino, che ha fatto della manifattura made in Italy, del design classico ma creativo e dei materiali pregiati il suo punto di forza, è diventata il riferimento internazionale dello stile. I cappelli Borsalino sono famosi in tutto il mondo, tanto da aver dato un nome proprio all’intramontabile cappello da uomo e da donna in feltro che negli ultimi anni è ritornato ad essere un must have. Oggi Borsalino si rinnova, dando all’iconico accessorio da dandy la massima possibilità di personalizzazione. Nasce Itinerant Made To Measure Experience Trunk, un servizio itinerante che toccherà tutti i principali punti vendita della manifattura di Alessandria per garantire ad ogni gentiluomo il suo cappello Borsalino su misura.
Il servizio su misura, che a partire dal 2015 è una prerogativa della boutique milanese di Borsalino, va in tour. Si parte da Lodenfrey, department store di Monaco di Baviera che ha dedicato ai cappelli Borsalino una speciale vetrina celebrativa in stile surrealista, per poi toccare le principali città del mondo. Il trunk permette di scegliere la larghezza della tesa del proprio cappello in feltro e personalizzarlo nelle nuance e nei dettagli. Ben 33 varianti di colori per l’inverno 2016/17, da colori neutri quali le palette di grigi, marroni e blu ai colori caldi e freddi che saranno di tendenza la prossima stagione: giallo senape, azzurro intenso, rosso aurora, da abbinare ad altre 38 tinte per il nastro. E poi la fodera in seta, il marocchino in pelle, tutti i dettagli che fanno di un cappello il proprio cappello. Fino ad arrivare alla personalizzazione estrema: l’incisione delle proprie iniziali in lamina d’oro.
Autore: Giovanna Errore
Target annuncia la collaborazione con Victoria Beckham, anche nel kidswear
Target annuncia una collaborazione esclusiva con l’ex posh spice e oggi stilista Victoria Beckham. Una notizia che renderà felici le fashion addicted ma anche le loro bambine: la capsule collection primavera estate 2017 sarà composta da capi di moda donna e kidswear. La designer dall’inconfondibile stile chic e minimalista si lancia per la prima nel mondo della moda bimbi e in una collaborazione con il colosso del reatail Target. Nei circa 200 capi che saranno in vendita su Target.com e sul sito e-commerce della stilista sarà fortissima l’influenza di Victoria, Victoria Beckham, la seconda linea dai prezzi più accessibili e dallo stile più easy. «La linea Victoria, Victoria Beckham è nata quando ero incinta di Harper, nel 2011 – spiega – Ora che sia la collezione che mia figlia hanno compiuto 5 anni di vita, ho sentito che era il momento perfetto per dare una svolta al mio lavoro e creare capi dai prezzi più accessibili, celebrando queste tappe importanti con la mia prima collezione childrenswear. Lavorare con Target è stato entusiasmante: questa partnership ci permette di condividere l’essenza di Victoria, Victoria Beckham con un numero di persone mai immaginato prima»
Colori pastello, fantasie primaverili e i primi capi per piccole fashioniste: ecco le linee guida dell’attesissima capsule collection, che appena annunciata ha già scatenato la febbre dell’acquisto. Mamme e figlie saranno conquistate dagli abitini, dalle salopette e dalle maglie in perfetto stile Mommy and Me. «Essere mamma mi ha aiutata a capire ciò che è importante per questa categoria – ha dichiarato ancora Victoria Beckham parlando della sua prima esperienza con il kidswear – Per me l’importante è stato trovare un equilibrio tra la funzione giocosa e quella pratica di ogni indumento». Victoria ha quattro figli, di cui Harper Beckham è solo la più piccola: nessuno meglio di lei sa cosa è meglio per vestire le piccole fashion victim.
Il Met sceglie Rei Kawakubo e Comme des Garçons per il gala e la mostra 2017
Il Metropolitan Museum of Art di New York ha rivelato il tema del Met Gala 2017: si tratta della stilista giapponese Rei Kawakubo e del suo brand Comme des Garçons. L’annuale gala si svolgerà al Metropolitan il primo maggio, anticipando la mostra visitabile dal 4 dello stesso mese. Rei Kawakubo è la prima stilista vivente alla quale il Met dedica una mostra personale dopo quella di Yves Saint Laurent nel 1983, e la motivazione viene rivelata da Andrew Bolton in un’intervista al New York Times. “Pochissimi designer offrono creazioni adatte a un contesto artistico – ha dichiarato l’attuale curatore del Met – Rei, invece, ha cambiato la storia della moda, declinandola in nuove possibilità e significati”.
Con la sua griffe Comme des Garçons, dal 1969 la stilista giapponese laureata in letteratura ha creato un modo nuovo di pensare la moda: i suoi sono abiti – non abiti, austeri e spesso importabili. Vere e proprie opere d’arte la cui ultima funzione di vestire il corpo è marginale. Negli anni ’70 Rei Kawakubo, insieme a Yohji Yamamoto e Issey Miyake, è stata portatrice di una rivoluzione dal Giappone che ha scardinato l’essenza stessa della moda europea e della sua comunicazione. Niente celebrities nelle campagne pubblicitarie Comme des Garçons, i cui protagonisti sono stati più spesso fiori, animali, personaggi dei fumetti. La mostra del Metropolitan Museum di New York esporrà tra i 100 e 120 look di Comme des Garçons a partire dalla sfilata d’esordio del 1982 a Parigi, la cui forza esplosiva fu tale da dare alla moda di Rei Kawakubo la definizione di Hiroshima chic. Da allora ogni stagione la stilista ha saputo sorprendere con volumi esagerati, tagli architettonici, colori cupi o abbaglianti e atmosfere a volte sinistre.
In molti scommettono che la signora Kawakubo, allergica com’è ai party e alla fama, non si presenterà neanche al Met Gala 2017 i cui padroni di casa, insieme ad Anna Wintour, saranno Katy Perry e Pharrell Williams. L’attesa per i look sfoggiati dagli invitati, invece, è altissima.
Emilio Pucci firma le nuove tazzine Illy Cities of the World
Il caffè e la moda: niente rappresenta la cultura italiana come queste due cose, che oggi si uniscono nelle nuove tazzine Illy disegnate da Emilio Pucci per la serie Illy Art Collection. L’azienda triestina leader nel settore del caffè ha lanciato le sue edizioni limitate Illy Art Collection nel 1992, collaborando di volta in volta con grandi firme dell’arte e del design: Marina Abramovich, Robert Rauschenberg, Jeff Koons, Julian Schnabel, Anish Kapoor e Daniel Buren solo per citarne alcuni. Quest’anno per la prima volta le tazzine da caffè Illy sono state disegnate dal team creativo di Emilio Pucci, che ha trasferito sulla ceramica le stampe pop e i colori brillanti rubati ai foulard di seta della serie Cities of the World.
“È la prima volta che collaboriamo con un marchio di moda – dichiara Carlo Bach, Direttore Artistico e Creativo di Illy – ma Emilio Pucci era in realtà un artista, dunque aveva assolutamente senso dare vita in questa collezione alla sua visione duratura e al suo stile inconfondibile“. Era il 1957 e il marchese Emilio Pucci abbozzava per la prima volta la stampa Battistero, dichiarazione d’amore alla sua Firenze in colori vivaci. Giallo limone e arancio tangerine, rosa “Emilio” e azzurro brillante. Le stesse tonalità scelte dallo stilista sono state poi recuperate dalla figlia Laudomia Pucci e dal team creativo del brand per una linea di foulard di seta chiamata Cities of the World: metropoli e località turistiche, rappresentate in nuance vivaci su seta e oggi anche su ceramica. “Mio padre era sempre lì ad abbozzare, disegnare, creare – racconta Laudomia Pucci – in un modo che lo rendeva più un artista che uno stilista, così è meraviglioso vedere la sua opera tra le collaborazioni artistiche di Illy“. L’ultima Illy Art Collection riproduce lo skyline di Parigi, Londra, Milano, Roma, New York e ovviamente Firenze su tazzine da caffè, da cappuccino e mug con tanto di piattini coordinati.
I Medici: il Quattrocento fiorentino nei costumi della serie tv
La serie tv più attesa della stagione, I Medici – Masters of Florence ha debuttato martedì sera su rai 1 suscitando, come previsto, reazioni contrastanti da parte del pubblico e della critica. Il cast internazionale ha incontrato subito il favore dei telespettatori: dal mostro sacro Dustin Hoffman alla star del Trono di Spade Richard Madden, passando per l’ex Miss Italia Miriam Leone e Alessandro Preziosi nei panni di Brunelleschi. Non sempre positivi invece i commenti sulla regia e la fotografia. Forse le aspettative in merito alla serie tv anglo-italiana che racconta il Quattrocento fiorentino erano troppo alte per essere del tutto soddisfatte. A raccogliere il maggior numero di critiche positive e negative, però, sono stati i costumi di Alessandro Lai. Tra appassionati di moda e puristi del Rinascimento, non tutti hanno apprezzato la scelta dei mantelli e delle vesti troppo dark indossate da Cosimo e Lorenzo de’ Medici.
Il costumista Alessandro Lai, allievo della grande Gabriella Pescucci, si è imposto al pubblico italiano per i film di Ferzan Ozpetek come Allacciate le cinture e Saturno Contro, e l’attesa per il suo lavoro ne I Medici era palpabile. Ricostruire il Quattrocento delle Signorie in metri di velluto e ampi mantelli non dev’essere stato un compito facile, e le critiche che sono state mosse alle scelte del costumista lo confermano. Lai è stato accusato di aver scelto colori troppo scuri e atmosfere troppo dark che poco si intonano – secondo alcuni – al Rinascimento. Il pubblico si aspettava forse farsetti e vesti più colorate per Richard Madden/ Cosimo de’ Medici e gli altri personaggi della serie tv, senza però considerare che il periodo di ambientazione de I Medici è a cavallo fra il Trecento e il Quattrocento. Periodo di passaggio e di grande fermento nell’arte ma anche nella moda italiana e, a ben vedere, proprio grazie alla famiglia fiorentina. «La famiglia Medici è nota per avere imposto uno stile – racconta Alessandro Lai in un’intervista – Uno stile piuttosto sobrio, spoglio, non legato alla moda del momento, che rispecchiava il loro modo di essere ma anche la loro morale e la loro politica. Io penso che la rivoluzione stilistica a cui i Medici hanno contribuito sia simile a quello che ha fatto Giorgio Armani nel secolo passato: ripulire la moda dalla decorazione fine a sé stessa». Quanto appare emblematica, alla luce di queste parole, una delle prime scene della serie tv in cui Dustin Hoffman/Giovanni de’ Medici getta alle fiamme il mantello bordato di pelliccia del figlio Lorenzo:«I Medici non attirano attenzione su di loro con abiti sfarzosi»
Giornata ProGrammatica: su twitter è caccia alle parole fuori moda
Parole fuori moda: quali sono i termini desueti preferiti dagli italiani? Provando a stilare una lista, gli utenti di twitter si sono lanciati in una romantica caccia alle parole dimenticate, raccogliendole sotto l’hashtag #parolefuorimoda. Usufruire e dissapore, cincischiare e all’uopo, vagheggiare e perdindirindina, desueto e struggersi. Tra le parole fuori moda compaiono inevitabilmente anche termini inventati da Dante e altri più recenti ma velocemente destinati all’oblio quali SMS e shatush.
Oggi è la Giornata ProGrammatica, indetta dal programma Radio 3 – La lingua che batte in collaborazione con l’Accademia della Crusca, il Ministero dell’Istruzione e quello degli Esteri, l’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI) e la Comunità Radiotelevisiva Italofona (CRI). Una manifestazione che si inserisce nel piano della Settimana della lingua italiana nel mondo (dal 17 al 23 ottobre) e che mira a educare giovani e meno giovani sull’uso corretto della lingua di Dante. La lingua italiana possiede uno dei vocabolari più vasti del mondo tra sinonimi, sfumature di significato e occasioni d’uso di ogni singolo termine. Sono più di 160.000 i vocaboli della nostra lingua, ma quanti di questi vengono utilizzati quotidianamente? Solo una piccolissima percentuale. Eliminando i termini settoriali e quelli riferiti a concetti del passato, tantissimi pensieri vengono oggi tradotti in parole inglesi, neologismi e vocaboli gergali. Basti pensare all’abuso di inglesismi come sharare al posto del bellissimo condividere, fare network invece di instaurare connessioni, perfino l’inquietante deadline che ha sostituito scadenza. Se in alcuni ambiti (la moda, la tecnologia, gli affari) l’utilizzo della lingua inglese è comprensibile, nel quotidiano l’abbandono di bellissime parole italiane dimenticate è imperdonabile. Accanto alle parole fuori moda, la Giornata Pro Grammatica è stata scandita sui social da lezioni estemporanee sull’uso delle virgole e odi al congiuntivo (usato correttamente). La cultura torna ad essere sexy: basta scorrere le foto sotto l’hashtag #books su instagram per averne la prova.
Il Gruppo Miroglio lancia Tailoritaly, shopping online su misura
Moda e web sono sempre più legati: non solo comunicazione, marketing e shopping online, ma l’intero processo di produzione diventa sempre più digitale. Così è per il Gruppo Miroglio, che ha acquisito la start-up lucana Tailoritaly per fornire ai propri clienti il servizio di abbigliamento su misura del futuro. I capi di moda femminile completamente made in Italy proposti dal Gruppo Miroglio si potranno acquistare e personalizzare tramite la piattaforma web. Modificare le misure e la vestibilità di ogni abito, inserire dettagli unici, customizzare una camicia su misura con fiocchi, bande, bottoni: Tailoritaly rende possibile una personalizzazione fino ad ora mai realizzata a distanza, grazie alla visualizzazione dei dettagli scelti sul modello. La comodità dello shopping online incontra così l’artigianato made in Italy, punto di forza del Gruppo Miroglio.
“La partnership rientra nel percorso avviato con il Miroglio Innovation Program” ha precisato Leonardo Raineri, responsabile del programma. I primi pezzi in vendita su Tailoritaly saranno quelli di una capsule collection autunno inverno composta da 13 capi e 2 accessori per più di 800 versioni in base ai dettagli scelti. Il programma del Gruppo Miroglio è dedicato attualmente solo alla moda femminile, ma il progetto è di ampliare la scelta dei capi e l’utilizzo della piattaforma. Sarà così possibile acquistare capispalla, borse, camicie su misura senza recarsi in una sartoria ma rimanendo comodamente seduti sul divano. Una versione raffinata dello shopping online che non mancherà di appassionare le fashion victim.
Lusso: Louis Vuitton percepito più caro di quanto non sia, all’opposto Brunello Cucinelli
Lusso accessibile: un’espressione che è percepita quasi come un ossimoro, perché lusso significa esclusività. Così sembra pensare la maggior parte degli intervistati per uno studio di Exane BNP Paribas sulla percezione dei grandi marchi del fashion system. La convinzione diffusa è che il rapporto tra prezzo ed esclusività del prodotto sia l’equazione vincente nel mondo della moda e del lusso. Più alto è il prezzo di un prodotto, più sarà difficile acquistarlo e di conseguenza possederlo significherà appartenere a un’élite. “Il prezzo di entrata (bottom quintile average price) è di vitale importanza per le dimensioni e la redditività dei marchi di lusso, che hanno nel contempo la loro ragion d’essere nel dare una percezione di esclusività. Un brand che appare troppo accessibile può facilmente diventare vittima del suo stesso successo e perdere desiderabilità“, spiega Exane. Ma qual è veramente la visione che i clienti hanno delle maison del lusso?
Il broker che ha condotto la ricerca ha scoperto dati interessanti: comprare una borsa Louis Vuitton è considerato un acquisto di lusso, perché la casa di moda francese è percepita come più cara di quanto non sia. Al polo opposto si trova il brand italiano Brunello Cucinelli: i pregiati maglioncini in cashmere sono più cari di quanto appaiano al potenziale cliente. Un fenomeno complesso, in cui entra in gioco il rapporto tra il prestigio del brand e il suo prezzo di entrata. “Minore è il prezzo di entrata, migliore è il rapporto di esclusività percepita rispetto al prezzo – spiega Exane – Questo fa bene ad esempio ai brand che hanno una forte presenza nel business dei cosmetici, come Chanel e Dior“. Case di moda di lusso che propongono però prodotti accessibili, come appunto quelli per make up, mantenendo un’aura di esclusività intorno al marchio. “Louis Vuitton ha il miglior rapporto esclusività percepita/prezzo di entrata” conclude lo studio di Exane BNP Paribas. Acquistare una borsa Louis Vuitton, quindi, appare come un investimento migliore di un maglioncino in cashmere di Brunello Cucinelli, indipendentemente da quale sia il prezzo reale dei due prodotti.
Il potere di un rossetto rosso: il mito di Elizabeth Arden
Può un rossetto rosso cambiare il mondo? Certo che sì. Lo ha sempre creduto Elizabeth Arden, al secolo Florence Nightingale Graham, che a colpi di make up ha cambiato non solo il beauty case ma anche la vita di tutte le donne. Ricorre in questi giorni l’anniversario della morte dell’imprenditrice canadese che ha mostrato per la prima volta al mondo il potere di una donna che indossa un rossetto rosso fuoco.
La sua storia comincia in Ontario, Canada, dove nasce nel 1878. A 24 anni Florence decide di lasciare la scuola per infermiere di Toronto per dedicarsi alla bellezza delle donne. A New York inizia a lavorare per un’estetista e nel 1909 fonda il marchio Elizabeth Arden. Il nome le viene suggerito da un’amica, in onore di una poesia di Alfred Tennyson: nasce così il brand che rivoluzionerà per sempre il beauty case femminile. I primi prodotti creati da Florence/Elizabeth Arden sono una crema per il viso chiamata Venetian Cream Amoretta ed una corrispondente lozione, la Arden Skin Tonic che ottengono un grande successo. Nel 1910 viene aperta per la prima volta la Red Door, logo della maison. Una porta dello stesso colore di un rossetto rosso, e allo stesso modo capace di schiudere un mondo di bellezza e femminilità. Elizabeth Arden è la prima a proporre l’idea del total look: rossetto, blush e smalto abbinati con l’eleganza che ancora distingue il brand. Ma anche fondotinta, creme, lozioni, prodotti per il make up occhi. Un intero beauty case di strumenti pensati per esaltare la naturale bellezza di ogni donna, anche in trincea. Durante la seconda guerra mondiale, è la stessa Elizabeth Arden a ideare un rossetto che si abbini alle uniformi delle donne nelle forze armate. Forse un rossetto rosso, un ottimo make up occhi e un beauty case fornito non fanno vincere una guerra, ma sono sempre ottimi alleati.
Animali Fantastici e dove trovarli, J.K. Rowling: 5 film per lo spin-off di Harry Potter
Il mondo magico di Harry Potter incontra la moda anni ’20 nell’attesissimo spin-off che arriverà nelle sale il 17 novembre, e questa notizia basta a mandare in visibilio i fan del maghetto con gli occhiali. Se poi, durante un evento in diretta mondiale, J.K. Rowling annuncia di aver moltiplicato il numero di film della nuova saga Animali Fantastici e dove trovarli, il delirio è assicurato. Ieri sera, durante un Q&A in mondovisione da Londra e Los Angeles e con collegamenti nelle maggiori città del mondo, l’autrice insieme al regista David Yates (che ha già firmato gli ultimi quattro Harry Potter) e il produttore storico David Heyman, ha spiazzato migliaia di fan accorsi e anche gli stessi attori di Animali Fantastici annunciando la grossa novità. “All’inizio è stato un po’ stressante scrivere un grande film hollywoodiano – ha raccontato J. K. Rowling, al debutto come sceneggiatrice – ma con il tempo ci ho preso gusto e oggi possiamo annunciare che la saga di Newt Scamander sarà di cinque capitoli“. Animali Fantastici e dove trovarli è ambientato nella New York degli anni ’20. Protagonista il magozoologo Newt Scamander, giunto da Londra con una valigia carica di creature magiche. Una volta scambiata la sua valigetta con quella del panettiere Jacob Kowalski dovrà affrontare mille avventure per recuperare i suoi animali. Così tante avventure da non riuscire a raccontarle in una trilogia, come previsto.
I fan di Harry Potter hanno risposto con entusiasmo all’idea di un prolungamento della nuova saga con protagonista Eddie Redmayne, premio Oscar nel 2015 per La teoria del tutto. L’attore inglese si è detto un po’ sotto pressione per la paura di non essere all’altezza del mondo creato da J.K. Rowling, ma allo stesso tempo euforico. Gli hanno fatto eco gli altri protagonisti, tra cui Katherine Waterston, Alison Sudol, Dan Fogler, Colin Farrell, entusiasti di impugnare la bacchetta magica e trovarsi sul set tra creature fantastiche e oggetti volanti. Merito dello scenografo Stuart Craig (Il paziente inglese, Le relazioni pericolose, Gandhi) che ha reso perfettamente l’atmosfera degli anni ’20 ricostruendo New York agli studios Leavesden di Londra e con l’aiuto del green screen. Sembra però che Animali Fantastici e dove trovarli renderà felici anche i fashion addicted: la costumista Colleen Atwood (premio Oscar per Alice nel paese delle meraviglie, Memorie di una geisha e Chicago) promette cloche e abitini da flapper girl per tutte le amanti della moda anni ’20. Il cappotto blu che Eddie Redmayne indossa nella locandina del film è già leggenda.
A Bob Dylan il premio Nobel per la letteratura 2016
Cos’è in fondo la musica? Pensieri e parole, versi e discorsi che si intrecciano a una melodia. Cosa c’è allora di tanto strano se il premio Nobel per la letteratura 2016 è stato assegnato a un musicista? La notizia, diffusa stamattina dal Comitato dei Nobel a Stoccolma, è stata accolta da un boato d’approvazione. A vent’anni dalla sua prima candidatura, Bob Dylan ha vinto il premio più prestigioso del mondo per aver “creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana“. Ancora prima che il cantautore statunitense ricevesse la notizia, il mondo si era già spaccato a metà: è giusto dare il premio Nobel a Bob Dylan?
All’anagrafe Robert Allen Zimmerman, Bob Dylan ha plasmato la storia della musica americana e non solo, partendo dal folk per approdare all’elettrica. Ha cantato pensieri e parole di una generazione che voleva cambiare il mondo con la naturalezza degli hobo, i cantanti di strada folk, e i testi poetici con cui “ha liberato le nostre menti“, come disse Bruce Springsteen nel 1988 alla cerimonia per l’inclusione nella Rock and Roll Hall of Fame. Il cantautore, però, ha sempre amato giocare con le parole in varie forme: Tarantula (1971) è il suo romanzo sperimentale fatto di poesie, giochi di parole, flussi di coscienza e pensieri in libertà. Altri suoi scritti sono stati pubblicati nel 1973 in Writings and Drawings e nel 2004 è stato pubblicato Chronicles – Vol.1, prima parte di un’autobiografia in tre capitoli. Non a caso, già nel 1996 Bob Dylan aveva ricevuto la candidatura al premio Nobel su indicazione del professore di letteratura Gordon Ball e con il supporto del poeta Allen Ginsberg, che descrisse il suo stile come “catene di immagini squillanti”. Oggi, vent’anni dopo, l’annuncio del premio Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan è accolto con gioia da chi in Hurricane e in Blowin’ in the wind, in Mr. Tambourine Man e Things Have Changed ha sempre trovato poesia.