La guerriera chic di David Koma incanta Londra

Profuma di un Est ricco di fascino millenario e sensuale femminilità la collezione autunno/inverno 2017-2018 di David Koma: lo stilista cresciuto a San Pietroburgo si ispira alle sue radici georgiane per una sfilata iconica, che coniuga suggestioni army-chic e sensualità felina. Una cultura lontana, con le sue tradizioni e il suo folclore diviene protagonista assoluta sulla passerella londinese: il designer mette in scena una danza tra due amanti. Sulle note di un kartuli -questo il nome del ballo nella lingua georgiana- si consuma una passione tormentata, i cui protagonisti si celano dietro un’anima misteriosa e sfuggente, in cui i confini tra i due sessi risultano ambigui. Enigmatica e strong, la valchiria che calca la passerella stretta in abiti che ricordano un’uniforme dell’esercito: non manca però il coup-de-theatre, per cui la giacca dal sapore military si unisce a gonne bordate di pelliccia, in un inedito connubio dalle suggestioni luxury. Come un’armatura, la donna che sfila sfoggia abiti che ricordano il chokra, la tradizionale divisa dei guerrieri georgiani: largo a pelle matelassé con maniche interamente ricoperte di micro ruches che ricordano le cartucciere, maxi gilet profilati di shearling, pantaloni impreziositi da cinghie. Non mancano note iperfemminili nei colli di pelliccia di volpe e nelle silhouette, che enfatizzano le curve. Severa eppure conturbante, la combattente di ispirazione caucasica ama provocare ed irretire il nemico con le due armi seduttive. Innumerevoli i riferimenti storici e bellici, che si susseguono senza sosta in un crescendo parossistico, tra camouflage floreali e tessuti metallizzati quali il pizzo e il macramè. Numerosi gli input visivi lanciati da Koma, in una sperimentazione ardita che coniuga daywear e note couture. Il focus dell’intera collezione è sui capispalla, come le giacche militari in verde, tra austeri cappotti dalle proporzioni maxi, fino a toccare terra, e vibrante sex appeal nelle minigonne in pelle. Le proporzioni sono body-con, ad enfatizzare le curve del corpo femminile. Largo anche a capi con spalle nude e fiocchi in grosgrain, ornamenti in plexiglass e dettagli dal sapore futurista.

Il senso di Markus Lupfer per lo stile

Eclettica e sofisticata la donna Markus Lupfer: lo stilista per la collezione autunno/inverno 2017-2018, presentata nell’ambito della settimana della moda londinese, punta alla portabilità e ad un inedito mix & match ispirazionale. La sua è un’eleganza che trascende le regole e i trend imperanti, in un’incessante sperimentazione, che dà vita ad una collezione dal sapore timeless. Un senso dello stile fortemente personale che inaugura un’estetica irriverente ed originale, tra knitwear ricamato, cappotti cocoon e layerings. Trionfo di maglieria, impreziosita da decorazioni raffiguranti i segni zodiacali; fiori decorano invece bomber in seta; lana e shirling sono i materiali prediletti per i cappotti caratterizzati da ampi revers. Femminile e delicata, la donna immaginata da Lupfer ama osare, sempre aperta a nuove possibilità dettate dal suo gusto. Estremamente portabile, l’intera collezione si distingue per un’attitudine spiccata per la sperimentazione: il risultato è uno stile genderless, in cui i confini tra i due sessi divengono sempre meno netti. Tra le ispirazioni più evidenti il Circolo Polare Artico, che trova espressione in alcune decorazioni floreali, tra note tailoring che conferiscono un’allure formale pur senza perdere di vista l’ironia. Virtuosismi stilistici nei volumi e nelle forme; le suggestioni mannish si uniscono con garbo e nonchalance a note ladylike, tra bluse a pois mixate a completi dal taglio sartoriale, che sembrano presi in prestito dal guardaroba maschile. Trionfo di stampe floreali per una collezione dal piglio easy, perfetta per affrontare con charme la quotidianità. La musa dello stilista adora mixare capi diversi, come i leggings con le gonne tempestate di paillettes: le ispirazioni divengono quindi multiformi, spaziando dallo sportswear al dailywear. Grande cura per i dettagli, come gli occhiali da sole firmati Linda Farrow. Una moda in cui tutto diviene possibile. Per spiriti liberi.

Il glam rock rivive sulla passerella di Halpern

Tempo di debutti alla London Fashion Week: tra i nomi più interessanti spicca Michael Halpern, newyorkese finalista degli One to watch di questa edizione della settimana della moda londinese. Halpern, che negli ultimi cinque anni ha fatto la spola tra Londra e Parigi, si distingue per una collezione che omaggia il glamour anni Settanta, tra riuscite sovrapposizioni e richiami all’atmosfera di luoghi di culto della disco glam newyorkese: come non pensare allo Studio 54, crocevia di personalità del calibro di Andy Warhol e di icone come Bianca Jagger e Liza Minnelli, solo per citarne alcune? Le stesse atmosfere patinate rivivono ora sulla passerella di Halpern, in un tripudio di citazioni Seventies: glamour ed appariscente, la donna immaginata dallo stilista ama atteggiarsi a diva. Forte di uno stile unico, la vediamo attraversare la passerella con falcate aggressive, stretta in abiti interamente ricoperti di paillettes e cristalli, omaggio neanche troppo velato alla disco glam. Divismo ed eccessi si alternano, tra abiti scultura caratterizzati da un patchwork di tessuti e minidress che lasciano scoperte le chilometriche gambe delle mannequin. Tripudio di raso duchesse, jersey tempestato di paillettes e tessuti preziosi, per una moda che torna ad essere teatrale. La sirena contemporanea non lesina in abiti da gran soirée sapientemente smitizzati attraverso la fusione di pantaloni palazzo, boa di piume e bustier strizzati. Lo stilista, le cui collezioni sono in vendita da Bergdorf Goodman, Browns e Marchesfashion.com, non lesina in una pioggia glitter, puntando ad enfatizzare la silhouette femminile attraverso pannelli e cuciture strategiche. Rocirda un po’ Cher la diva che indossa pantaloni palazzo e abitini in paillettes verde smeraldo; una pioggia argentata caratterizza alcuni capi, tra suggestioni teatrali ed exploit irriverenti veniamo proiettati in flashback di un passato indimenticabile. Tripudio di sfrontata femminilità nei bustier, aggressività nei bolero rosa con spalle oversize. Un debutto che non lascia certo indifferenti, quello di Halpern, destinato a divenire the next big thing della moda britannica.

Suggestioni folk in passerella da Temperley London

Note vintage dominano sulla passerella di Temperley London: Alice Temperley ci prende per mano conducendoci in un festival folk, tra musica e suggestioni alpine. Il folk, da sempre cifra stilistica del brand, si arricchisce nella collezione autunno/inverno 2017-2018 di inediti tocchi rétro, per un trionfo di stampe patchwork e citazioni: dall’Oktoberfest al rodeo, la donna che calca la passerella sfoggia lunghi abiti che ricordano i grembiuli di certi costumi tipici: dalle Alpi in giù, trionfano stampe e decorazioni floreali, grafismi e stilemi, in un tripudio di pizzi e merletti. Note glam nei lunghi abiti da sera interamente ricoperti da una pioggia di paillettes, filigrane preziose e delicate nei pattern floreali. Apre il défilé la splendida Arizona Muse, che incarna al meglio l’universo estetico del brand. Il vintage domina l’intera collezione, tra scollature e silhouette spagnoleggianti e prezioso jacquard floreale rosa e blu, declinato su capi chic e gonne a ruota. Femminilità e classe in chiave esotica, in una collezione in cui emergono anche citazioni surrealiste, come i disegni dei ventagli e le decorazioni che impreziosiscono alcuni dei capi che si alternano sul défilé. Ironia e classe nelle sete preziose, note glam rock nei capi in paillettes, che ricordano gli anni Settanta. Le silhouette accompagnano il corpo con delicatezza, avvolgendo la figura in lunghe gonne da indossare con maglioni e dettagli in tulle. Suggestioni mannish nelle cravatte indossare con maglie a collo alto. Alcuni dei disegni che fanno capolino dagli abiti sono liberamente ispirati ai quadri di Van Dyck.

La masquerade felliniana in passerella da Isa Arfen

Sofisticata ed originale la collezione di Isa Arfen, protagonista della London Fashion Week: Serafina Sama, designer del brand, tratteggia atmosfere felliniane per una collezione dal sapore onirico, che unisce note bon ton alla sartorialità più classica. La donna che calca la passerella sembra una figura circense, a metà tra un clown o un nostalgico Pierrot: largo a rouches, motivi a rombo e pattern cromatici accesi, per capi che evocano atmosfere oniriche e surreali. L’istintiva reazione di comicità si apre ben presto a scenari inediti che evocano il teatro dell’assurdo di Harold Pinter, tra magistrali exploit cromatici e volumi scultorei. Irriverente ed ironica, la stilista spazia dalla femminilità di camicie con maniche svasate e sete preziose ad impermeabili in vinile e giubbotti dalle note sporty-chic. A tratti borghese, la donna che sfoggia colli di pelliccia e ballerine è caratterizzata da un’anima bifronte, una sorta di schizofrenia che tenta di occultare attraverso note ladylike dal piglio bon ton, come nelle gonne a tubo e nei pantaloni Capri liberamente ispirati a Jackie Kennedy Onassis. Attraverso le immagini di Inge Morath e le maschere di Saul Steinberg, la designer si cimenta in uno stile eclettico, che omaggia il saggio di Joan Riviere dedicato alle masquerade al femminile. “Pensavo all’idea di identità e alle maschere e ai volti -reali e metaforici- che indossiamo nel costruire l’immagine di noi stessi”, ha dichiarato Serafina Sama. “Ero affascinata ai personaggi che la gente crea attraverso gli abiti, la pettinatura, il trucco, la postura”, ha aggiunto la stilista, che esplora l’identità femminile attraverso capi sofisticati e capispalla impreziositi da dettagli audaci, come i grafismi e le asimmetrie. Largo a cotone e PVC per cappotti con colli in pelliccia e cintura; note Eighties nei capi in rouche e stampa pois. Una sfilata ricca di pathos per una magistrale prova stilistica.

Noir in chiave Forties per Charlotte Olympia

Un Borsalino a nascondere il viso, una lacrima che scende in un addio struggente e l’appuntamento a Parigi: non è il finale di Casablanca ma il mood della collezione AI 2017-18 di Charlotte Olympia, presentata nell’ambito della settimana della moda londinese. Charlotte Dellal crea un cortometraggio che strizza l’occhio ai noir, tra note Forties e tocchi rétro di squisita eleganza. Il grande schermo e il glamour imperituro degli anni Quaranta costituiscono ispirazione per una collezione intrisa di charme, per dive contemporanee. “An Accessory to Murder” è il titolo emblematico del corto, firmato da Sophie Edelstein: protagonista è Bambi Northwood-Blyth, sublime interprete dello stile di Charlotte Olympia. Ecco che Kitty, Pandora e Dolly trovano incarnazione nei personaggi. Il corto celebra il potere seduttivo della scarpa femminile, immortalata in diversi atteggiamenti: ecco un open toe maculata che esalta la caviglia, o ancora una decollété ad alto tasso erotico, perfetta per completare look all’insegna della più seducente femminilità.
“Sono sempre stata amante dei film noir”, ha dichiarato Charlotte Dellal: la stilista appare in un cammeo all’interno della pellicola. Ispirata dai film di Hitchcock, la collezione evoca atmosfere che ricordano dive del calibro di Rita Hayworth, Lauren Bacall e Barbara Stanwyck. Largo ad un mix irriverente di materiali, dallo stiletto classico in satin rosa decorato con perle al sandalo impreziosito da pelliccia fucsia con tanto di fiocchetto alle pump nere a forma di cuore fino ai modelli in principe di Galles e in pelle maculata: ce n’è davvero per tutti i gusti, in una collezione che strizza l’occhio ai fasti delle star della vecchia Hollywood. Le dive del passato ritornano in auge anche negli accessori, come le clutch, declinate in numerose forme e modelli. Una clutch raffigura una coppia di innamorati mentre si abbracciano, in un addio cinematografico; l’altra è realizzata a forma di telefono, un’altra ancora a forma di boccetta di veleno, fino alla scatola di pop corn. Una collezione iconica che celebra lo stile primigenio del brand.

Sfogliando l’album di famiglia di Erdem

Eterea e delicata la collezione Erdem autunno/inverno 2017-2018, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda londinese. Erdem Moralioglu guarda al suo album di famiglia, traendo ispirazione per una collezione intrisa di charme timeless e tocchi rétro. In bilico tra realtà ed immaginazione, il designer canadese rielabora un’estetica nuova, che guarda alle sue radici: nato da padre turco e madre inglese, Moralioglu crea codici stilistici nuovi, in un melting pot culturale che crea un ponte ideale tra le radici britanniche della bisnonna Ada Stephenson e quelle del bisnonno, originario della Turchia, al confine con la Siria. “Sarebbe stato uno strano scambio”, ammette il designer, che da sempre predilige nelle sue collezioni pregiati tapestry in delicate stampe floreali di gusto squisitamente inglese, accanto a stampe ottomane ed immagini raffiguranti i sultani e i Reggimenti reali scozzesi, di cui il bisnonno era membro. Opulenza, sfarzo e romanticismo si traducono in pattern a stampa patchwork, tra texture delicate declinate in colori come lo smeraldo e il cioccolato. Lunghi abiti in seta profilati di velluto ed impreziositi da decorazioni floreali, tra tocchi di lillà e menta. Largo a fiocchi neri legati al collo e rouche che impreziosiscono le spalle. Pattern che ricordano i tappeti persiani decorano abiti in panno di velluto, da indossare sotto cappotti di astrakan e pellicce a stampa patchwork nei toni del rosa, del nero e del cioccolato. Per la sera, trionfo di paillettes ed abiti da sera in velluto dévoré, tra broccati preziosi ed oro metallizzato. Una collezione pervasa da sofisticate note vintage che abbracciano un multiculturalismo oggi quantomai attuale. Una riuscita prova per lo stilista, che ancora una volta dimostra la sua personalità eclettica e la sua estetica delicata.

L’eroina shakespeariana di Antonio Berardi

Si ispira a Lady Macbeth Antonio Berardi per la collezione autunno/inverno 2017-2018: una sfilata altamente evocativa che porta il designer in un ideale viaggio attraverso le Highlands scozzesi, tra distese di verde incontaminato e scorci naturali ancora selvaggi. Qui Lady Macbeth diviene musa prediletta dello stilista, sublime incarnazione di una collezione pervasa da un simbolismo onirico e da note romantiche. L’eroina shakespeariana calca la passerella avvolta da un’aura eterea, tra capispalla scultorei e styling camaleontico: nulla è come appare, e quel che a prima vista sembrerebbe una gonna o un top è in realtà un abito, mentre sotto le vesti di un tailleur pantaloni dal taglio sartoriale si cela invece una tuta. Apre il défilé un abito blu che sembra costituito da un maglione a collo alto ed una gonna a ruota caratterizzata da volumi esasperati. Una moda camaleontica, perfetta per affrontare il rigore dei paesaggi senza perdere di vista la femminilità e la sofisticata eleganza da sempre emblema dello stile Berardi. Lo stilista reinterpreta il parka in chiave luxury, tra cashmere e colletti drammatici. Le silhouette profumano di antico ma non mancano atteggiamenti di disinvolta eleganza, come i pantaloni ampi. La palette cromatica abbraccia i toni del blu, del cobalto, dell’oro, del crema e del nero, tra abiti in romantico chiffon di seta color nude alternato a nero, tocchi di pizzo nero di stampo vittoriano e preziose sete. In un melting pot ispirazionale, Berardi unisce maniche a sbuffo e ricami di Swarovski a tailleur mannish, note tailoring a exploit iperfemminili. Il focus è sul punto vita, enfatizzato da bustier e cinture attaccate a lunghe gonne in pizzo, da indossare con cuissard altissimi o calzamaglie di ispirazione medievale. Una collezione che esalta la bellezza femminile conferendo alla donna un’aura di mistero e charme.

Sfila a Londra il country chic di Mulberry

Si ispira alla campagna inglese la collezione Mulberry AI2017-2018: qui, nel verde sconfinato della brughiera, attraversato da cavalli, cani e sentieri selvaggi, si affaccia la donna Mulberry. Avvolta da lunghe mantelle e capispalla che sembrano rubati al guardaroba della nonna, la donna che calca la passerella evoca il più autentico British style, tra completi da aristocratica, stivali da cavallerizza e tweed all over. Gioielli preziosi, accessori e borse uniche, che si preannunciano già must have della prossima stagione invernale, ma anche tripudio di principe di Galles e stampe check, ad incarnare uno stile country ma sofisticato, perfetto per una lady contemporanea blasonata rampolla di un’antica famiglia inglese che si ispira allo stile della Regina Elisabetta. Profuma di antico la collezione di Mulberry, di atmosfere sbiadite nei ricordi di un album di famiglia, tra il tepore di un caminetto e il verde che si staglia fuori dalle vetrate, sotto una pioggia battente che imperversa nella brughiera. Affascinante dandismo in gonnella, per la musa che ispira la collezione, che sembra strizzare l’occhio a certa eleganza reale, in un anno in cui ricorre il ventennale dalla scomparsa della principessa Diana: una mostra a Kensington Palace esporrà i pezzi più famosi del guardaroba di Lady D. Mulberry prende la palla al balzo e si lascia trasportare dal mood royal, per una collezione altamente iconica e chic: largo ad abiti crochet con colletti a contrasto, declinati in una palette cromatica che abbraccia i toni della natura, da mostarda a borgogna, dal verde all’azzurro. Il direttore creativo Johnny Coca si lascia ispirare da una giovane donna che vaga per la campagna inglese agghindata come una lady antica: attinge al guardaroba della nonna, adattando i suoi vestiti alle esigenze della vita moderna. Largo a mantelle oversize, abiti in check e cappotti oversize. Non mancano spille da balia rubate ai kilt, catene, gioielli, stivali sopra il ginocchio e borse in pelle ispirate alle scatole dei cappelli ed adornate con medaglioni in madreperla, ispirate ai cammei e agli stemmi di famiglia.

Simbolismi arcaici ed allegorie sfilano da Phoebe English

Concettuale e suggestiva la collezione presentata da Phoebe English nell’ambito della fashion week londinese. La giovane designer non lesina in allegorie e simbolismo arcaici, per esplorare una vasta gamma di emozioni, dalla speranza all’apatia, dalla paura alla tirannia: la donna a cui si ispira per la collezione AI2017-18 è una vestale eterea, quasi un fantasma, proiezione del subconscio che fa capolino come in un’epifania per portare messaggi subliminali. Tripudio di trasparenze ed asimmetrie, tra tessuti preziosi che spaziano dal satin al velluto alla rete. Note knitwear nella collaborazione con il brand britannico John Smedley. “Una celebrazione della forza e della bellezza femminile”, così la stilista londinese ha commentato il concept della collezione, che “intende anche celebrare l’unità sulla divisione e i diversi tipi di femminilità. Ogni personaggio possiede un’identità e un simbolismo colorato”. Quasi come protagoniste di un mazzo di tarocchi, le figure che si alternano sul catwalk incarnano sentimenti umani, in un crogiolo di ispirazioni. Verde, dorato, rosso sono i colori che evocano determinati stati d’animo di cui le muse silenziose divengono incarnazioni metafisiche: Tirannia, Paura, Apatia, Voce, Coraggio, Unità, Riparazione e Speranza sono i sentimenti che Phoebe English cerca di rappresentare ontologicamente attraverso una collezione altamente concettuale e ricca di simbolismi arcaici. La stilista si concentra sulla scelta dei materiali e delle texture, come sull’uso di colori: largo a tessuti grezzi e silhouette scarne, come nel top in velluto verde, impreziosito da uno strato di delicato tulle e accompagnato a pantaloni ampi in jacquard stampato. Non mancano note tailoring con cui la stilista gioca in bilico tra androginia e femminilità, come visto nel completo rosso in lana indossato da Tirannia. Velluto color kaki impreziosisce invece la mise indossata da Apatia, mentre per Unità la stilista sceglie di esplorare tessuti metallizzati declinati in bianco. Una sfilata altamente evocativa per un giovane talento della moda britannica.

L’arte di Ren Hang, genio visionario morto suicida a 29 anni

Irriverente, sensuale, controverso, enigmatico: sono questi alcuni degli aggettivi che meglio si prestano a descrivere Ren Hang. Genio visionario, amante di una provocazione mai fine a se stessa, il giovane fotografo si è tolto la vita venerdì scorso, a soli 29 anni. Considerata una promessa della fotografia mondiale, Ren Hang si è imposto all’attenzione mondiale per i suoi scatti coloratissimi e sensuali: il corpo era protagonista assoluto delle sue fotografie.

Corpi nudi, immortalati nei dettagli più scabrosi, al limite del pornografico: tuttavia la provocazione di Hang non scadeva mai nella volgarità ma annunciava, come un’epifania mistica, misteriosi simbolismi ed allegorie che tracciavano un vincolo tra il corpo umano e gli elementi della natura, come le piante, la frutta, gli animali. Le ninfee abbracciano una giovane che giace quasi come una moderna Ofelia, mentre i corpi creano inedite geometrie: ciliegine, piccioni, fiori divengono parte di una scenografia silenziosa e a tratti ermetica.

Le sue figure adottano una prossemica che cela segreti vincoli primigeni tra gli uomini e tra l’essere umano e la natura. Fondatore di un’estetica altamente riconoscibile nel panorama della fotografia contemporanea, Ren Hang fu più volte arrestato in Cina per quei suoi scatti, considerati scabrosi. Nel Paese che dal 1949 vieta la nudità e la pornografia, i contenuti delle sue foto risultavano quasi incomprensibili e il giovane fu arrestato diverse volte, mentre i suoi scatti sono stati sottoposti ad una dura censura da parte delle autorità. Il giovane però era divenuto un fenomeno di costume ed era molto apprezzato dalla critica, specialmente all’estero: Ren Hang è stato spesso paragonato al fotografo americano Ryan McGinly, autore del volume The Kids Are Alright, che immortalò in alcuni ritratti i suoi amici durante le feste, nei locali e al Gay Pride. Anche il fotografo cinese amava immortalare i suoi amici, in inedite nature morte che trovavano nel corpo umano forme plastiche nuove e ricche di suggestioni oniriche.

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Ren Hang si è suicidato a soli 29 anni lo scorso 24 febbraio


Ren Hang, classe 1987, era nato a Jilin, nel nord-est della Cina: il giovane iniziò ad appassionarsi alla fotografia nel 2008, durante gli studi di marketing. Il suo primo soggetto fu il corpo nudo del suo compagno di stanza. Da tempo affetto da una grave forma di depressione, Hang affermava di scattare la realtà che lo circondava senza alcun progetto, senza alcun filtro, così come la viveva. Amante della poesia ed autore di alcuni versi in cui racconta la sua battaglia contro quel male oscuro che lo ha strappato alla vita così precocemente, il giovane ha pubblicato sette libri fotografici, tra cui Ren Hang, Nude, Republic e Son And Bitch.

Nel 2016 il fotografo era stato selezionato per il Outset/Unseen Exhibition Fund, collaborazione annuale con le istituzioni pubbliche olandesi allo scopo di promuovere gli artisti emergenti. Ironia della sorte vuole che le sue fotografie siano ancora esposte, fino al 12 marzo, al Foam, celebre museo della fotografia di Amsterdam. Ma Ren Hang si è tolto la vita lo scorso 24 febbraio: a darne notizia il suo staff e i suoi fan, che hanno invaso i social network di ricordi commossi. Tra coloro che lo avevano sempre sostenuto anche in Cina, l’artista Wei Wei, che nel 2013 lo aveva invitato al Groninger Museum per la mostra “Fuck Off 2 The Sequel”.

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