Suggestive epifanie, incontri furtivi, porte che si aprono e che quotidianamente richiudiamo alle nostre spalle, inconsapevoli della fatuità dei momenti: si ispira a Sliding Doors la collezione autunno/inverno 2017-18 di Céline. Phoebe Philo riflette sul senso ultimo dell’esistenza, a partire dai momenti furtivi che caratterizzano la nostra quotidianità: attimi apparentemente insignificanti nel disegno dell’esistenza, ma portatori di verità inattese. In tempi in cui imperversano red carpet e divismo patinato, è ancora una volta dalla vita quotidiana che la stilista trae i suoi input per le collezioni Céline: era già successo la scorsa stagione ed ora nuovamente la designer riflette sulle tante donne che catturano il suo occhio in un giorno qualunque. Donne sconosciute, le stesse che si siedono accanto a noi sulla metropolitana o che vediamo passare per strada nella fretta concitata delle giornate lavorative. In una passerella in cui le mannequin si affrettano, quasi disorientate, sfila un tripudio di eleganza daywear: la donna a cui si ispira Phoebe Philo è sicura di sé e forte, ma non disdegna un tocco di eleganza timeless. Suggestioni luxury si alternano nei tagli, nelle costruzioni, nei colori e nelle stampe, in uno stile cosmopolita e versatile. Largo a trench in pelle e stivali, accanto a cappotti in pelliccia da indossare sopra un maglione a v e tacchi alti. Non mancano smoking dalle linee tailoring impreziositi da stampe esotiche, accanto a maxi dress dal piglio quasi monacale, inno ad un minimalismo chic sempre attuale. Sartorialità evergreen nei capispalla, suggestioni mannish nei tailleur dal retrogusto mannish e dalle proporzioni oversize, fascino tribale nei maxi dress a stampa esotica e nei kimono. Una collezione che esplora a trecentosessanta gradi le innumerevoli sfaccettature della femminilità contemporanea.
Autore: Chiara Caputo
La femminilità decostruita di Acne Studios
Decostruzioni ardite e tagli grezzi sfilano sulla passerella di Acne Studios, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week: sarà un autunno/inverno 2017-18 all’insegna di uno stile timeless tutto da riscoprire. Lungi dall’abbracciare qualsiasi tendenza avente a che fare con lo streetwear o con suggestioni sporty o urban, Jonny Johansson è andato alla riscoperta di una femminilità oggi in disuso, per una collezione romantica e naif. Una svolta in casa di Acne Studios: Johansson si ispira ai burattini che Paul Klee era solito creare per i suoi figli. Largo a decostruzioni, tagli grezzi e stampe patchwork che sfilano su abiti tagliati a vivo. Le silhouette sono fluide, i maxi dress vengono attraversati da pannelli diagonali a stampa check che si alternano ai pattern floreali, in una palette cromatica che abbraccia i toni del bianco e nero e del blu. Suggestioni Twenties/Thirties nelle silhouette, tra maxi dress e cappotti sartoriali dal piglio mannish. Sperimentazione e costruttivismo sfilano in una collezione ricca di personalità e stile effortlessy-chic: romantici e suggestivi i maxi dress a strati con tagli imbastiti e cuciture patchwork a contrasto. Raffinatezza rétro si unisce ad audace sperimentazione avanguardistica, in una collezione che non lesina in sovrapposizioni iconiche. Trench e capispalla in pelle si alternano a pashmine avvolgenti, che conferiscono alla figura una protezione dal rigore invernale. Il crochet, trend tipicamente estivo, rivive sulla passerella in un’inedita chiave invernale, declinato su salopette e jumpsuit come anche su maxidress. Non mancano decorazioni come piume e frange, accanto a mini cardigan in versione cropped e note che strizzano l’occhio ad una femminilità tutta da scoprire.
Il rodeo in chiave luxury di Nina Ricci
Leggiadra ed iperfemminile la collezione Nina Ricci, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda parigina. Sulla passerella una cowgirl irriverente: un tema alquanto inflazionato, in realtà, ma reso efficace da Guillaume Henry, che sceglie come musa una donna chic in bilico tra spavalderia da Saloon e grazia timeless. Gioiosa e playful, la collezione autunno/inverno 2017-18 di Nina Ricci ha sfilato nella cornice del Grand Palais: Henry si ispira al Texas, per motivi iconici che coniugano femminilità e grinta in modo effortlessy-chic. Il Far West rivive sulla passerella, in una collezione pervasa da grande ironia e pensata per una donna che non ama prendersi troppo sul serio. Camaleontica e ribelle, la musa di Nina Ricci è un cowboy in gonnella, che non rinuncia però alla propria femminilità. Ecco sfilare cappotti e shirtdress in un tripudio di pelle all over, di lucertola e frange iconiche: non mancano accanto alle ispirazioni da rodeo contemporaneo sapienti suggestioni urban, per una moda altamente portabile. La palette cromatica sdogana i colori pastello, tra giallo pallido, per cappotti in cashmere ed abitini in seta da indossare con cravatta bohémien, rosa e toni neutri, come il marrone e la scala dei beige, che conferiscono un tocco autunnale alla collezione. Le silhouette bodycon abbracciano il corpo, lasciando scoperte le spalle e ponendo il focus su di esse. Accessorio cult della collezione la minibag a secchiello, che si unisce alla cintura, quasi come un ciondolo, che si preannuncia già must have della prossima stagione invernale. Largo a balze e pizzo nude look da indossare con il reggiseno del bikini in bella vista; note tailoring nei capispalla dalle proporzioni mannish.
Dolce & Gabbana a Bari: le foto dello shooting
Da sempre amanti dell’Italia, dalla Sicilia a Napoli, Dolce e Gabbana scelgono ora la Puglia come location della nuova campagna pubblicitaria. Bari, con i suoi vicoli e il lungomare, con i mercati del pesce e le orecchiette, diviene set di uno shooting che ha già fatto impazzire il web. Protagonista degli scatti realizzata da Morelli Brothers è il volto splendido di Rianne Ten Haken, top model olandese ritratta per le vie di Bari: l’abbiamo vista mangiare voracemente i ricci sul lungomare, accanto ai pescatori, o ancora nei vicoli della città vecchia, sorridente accanto ad una venditrice delle celebri orecchiette. L’Italia, con i suoi borghi e le sue tradizioni, torna protagonista della moda grazie a Dolce & Gabbana. La campagna pubblicitaria, le cui prime foto sono state postate dallo stesso Stefano Gabbana sul suo profilo Instagram, si arricchisce ora di un altro shooting iconico, realizzato per Elle Middle East dal duo fotografico composto da Luca ed Alessandro Morelli, al secolo i Morelli Brothers. “Ciao Bari” è il titolo dello shoot iconico, destinato ad entrare nel glorioso archivio del brand: sulla cover del magazine spicca la splendida Rianne Ten Haken strizzata in un tailleurino in pizzo con tanto di corona in capo. In un trionfo di italianità si alternano tra le pagine del magazine le foto del servizio, che inneggiano alla bellezza mediterranea grazie anche alla location. Il mercato del pesce, il teatro Margherita e, ancora le celebri chianche della città vecchia divengono mirabile set di uno shooting che esalta il Bel Paese. Il pizzo effetto nude look, le stampe che strizzano l’occhio alla cucina italiana, il fermento della vita e la quiete senza tempo delle costruzioni antiche, che profumano di Barocco: suggestive ed iconiche, le fotografie realizzate in esclusiva per Dolce & Gabbana riescono ad immortalare con grazia e poesia mirabili scorci italiani.
Modigliani in mostra a Genova
È stata inaugurata lo scorso 16 marzo presso Palazzo Ducale di Genova la mostra dedicata a Modigliani: un’affascinante retrospettiva che celebra le donne enigmatiche immortalate dal genio italiano. Mistero e delicatezza in quei volti affilati, sensualità e poesia nelle linee gentili del corpo nudo. Protagonista emblematico della Parigi bohémienne, dopo una vita in cerca di un successo che arrivò solo postumo, l’opera di Modigliani viene ora indagata nella sua complessità, esplorando le tappe salienti della sua breve ma intensa carriera: attraverso una trentina di dipinti provenienti da musei tra cui il Musée de l’Orangerie e il Musée National Picasso di Parigi, o ancora il Fitzwilliam Museum di Cambridge, la Pinacoteca di Brera e il Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa si indaga il carattere dei soggetti rappresentati nei dipinti di Modigliani, figure misteriose e complesse.
Personaggio quasi unico nella Parigi dei primi del Novecento, Modigliani non ascoltò mai i consigli del suo agente Zborowski, poeta e mercante di origini polacche che lo esortava a disegnare paesaggi. Da sempre scrutatore dell’animo umano, l’artista predilesse nell’arco della sua intera produzione un’opera introspettiva, capace come nessun altro di leggere nelle pieghe più intime della personalità attraverso i suoi ritratti. Figura di spicco della vita parigina, accanto ad artisti come Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, e scrittori come Jean Cocteau e Guillaume Apollinaire, Modigliani restò tuttavia profondamente italiano, come italiana era la sua formazione; circondato da uno stuolo di amici e colleghi, che rappresentarono per lui i modelli più interessanti da ritrarre, l’artista viveva in realtà una sorta di paradosso per cui era profondamente solo pur in mezzo alla gente.
“Modigliani sembra vivere una doppia situazione. E’ circondato da colleghi, intellettuali, belle donne e questo si vede nella mostra, ma è anche un artista che sceglie deliberatamente una solitudine e ciò tende ad isolarlo -così si è espresso il curatore dell’esposizione, Stefano Zuffi”. “Modì, crea in solitudine, ma non una solitudine penosa perché è nutrita dalla grande arte italiana”. Proprio gli stessi colleghi letterati ed intellettuali, come anche gli amici della sua cerchia, costituirono sempre per lui il soggetto più interessante da ritrarre: “Per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti. L’astrazione mi affatica, mi uccide ed è come un vicolo cieco”, così il pittore si esprimeva a proposito dell’urgenza di instaurare un rapporto con ognuno dei suoi soggetti.
La mostra di Palazzo Ducale si concentra in particolare sui ritratti, sui disegni e sui celebri Nudi, tra i capolavori assoluti di Modigliani, opere selezionate da Rudy Chiappini: accanto al Nudo accovacciato di Anversa e al Nudo disteso sarà possibile ammirare disegni, acquarelli, tempere e studi. Particolarmente interessanti sono le Cariatidi, donne accovacciate dalle forme sinuose, che rimandano all’arte greca ma anche a quella etrusca e all’arte primitiva. L’allestimento, progettato da Corrado Anselmi, ricrea virtualmente l’atelier dell’artista insieme ad un caffè di Montparnasse: il visitatore si trova quindi immediatamente proiettato nella realtà vissuta da Modigliani e nella sua quotidianità.
Dopo una vita costellata da clamorosi insuccessi, senza mai tradire se stesso, il genio cadde in un vortice di autodistruzione: “Sento che prima o poi mi farò strada”, così Modigliani scriveva al fratello, prima di morire a soli 36 anni, poverissimo. “Quello che cerco non è né il reale né l’irreale, ma l’inconscio, il mistero istintivo della razza”, scriveva l’artista maledetto. La mostra, che nella prima settimana ha già registrato la cifra record di oltre diecimila visitatori, resterà aperta fino al 16 luglio 2017.
Sfila a Parigi la galassia urban di Mugler
Angeli e motivi celestiali sono solo un ricordo in casa Mugler: a prevalere nella collezione autunno/inverno 2017-18, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week, è uno spirito fortemente urban, principale cifra stilistica della nuova estetica del brand sdoganata da David Koma. Sulla passerella parigina sfila una donna combattuta tra rigore e classicismo: e se il peplo viene declinato in chiave metropolitana, attraverso un patchwork in pelle nera che lo rende più simile ad un turbino dalle note workwear, il blu cobalto, colore iconico del brand, si impone come protagonista assoluto della palette cromatica, direttamente preso in prestito dagli archivi storici e declinato su dress percorsi da pannelli asimmetrici e top con inserti in lamé. Largo a capi scultura monospalla, suggestioni tailoring e silhouette a clessidra, con il focus proiettato sulle gambe: trionfano infatti le minigonne, tra lamé plissettato in chiave stretch a creare giochi di volume a contrasto con le maniche. Non mancano note knitwear nell’uso di pregiato cashmere, accanto a pelle e tessuti laminati. Il tema della stella, tipico della fragranza Angel, che ha da poco festeggiato il 25esimo anniversario, decora i capi black all over, accanto a corpi celesti declinati in chiave strong, che Koma ha definito “costellazioni decostruite”. Nessuna nota di dolcezza è prevista: domina il piglio fortemente strong di capispalla in pelle, come il trench con spalline scultoree, o le linee sartoriali di jumpsuit e tailleur. Le silhouette sono slim e il punto vita è evidenziato da fusciacche e cinture rigide: pelle froissé nei minidress aggressivi, che si alternano a miniabiti con stella e bordo asimmetrico. Forza e modernità sono le parole chiave di una collezione che restituisce una nuova immagine al brand francese. Chiudono il défilé sprazzi di giallo su capi pensati per il daywear e note siderali di tute intere da space oddity.
L’estetica punk di Junya Watanabe
Junya Watanabe porta sulle passerelle del prêt-à-porter parigino una collezione sconsigliata ai deboli di cuore: in un inedito flashback veniamo infatti proiettati all’interno dell’estetica punk, protagonista underground della Londra anni Ottanta, come anche dello streetwear berlinese. Anarchica, dirompente e distopica, la collezione autunno/inverno 2017-18 di Watanabe si pone quasi come un excursus sull’interno movimento punk e su quelli che sono i suoi motivi iconici: largo a tartan all over, declinato non solo nel tradizionale rosso ma anche in giallo lime, per inediti patchwork cromatici che sdoganano il plaid accanto alla pelle nera, alle paillettes, ma anche a suggestioni sartoriali dal piglio tradizionale. Non mancano jacquard floreali ed animalier, tra cappe amorfe e giacche biker da indossare su kilt. Pizzo e paillettes conferiscono un’aura femminile ad una collezione dal piglio fortemente strong; qui sfilano anche giacche dalle suggestioni army-chic accanto a dress e giacche sartoriali con maniche patchwork. Lo stilista ci ha da sempre abituati ad un’estetica altamente sperimentale: fin dalla prima collezione infatti i materiali utilizzati provenivano dai mercatini delle pulci di Londra. Ecco che tessuti presi in prestito da tende e sofà si univano al tweed di stampo classico, in un melting pot ispirazionale. Ora il designer rispolvera il punk grazie anche a due collaborazioni, con Tricker’s, per le scarpe, e con l’interior designer londinese Jimmie Martin, da cui Watanabe prende in prestito una stampa di Union Jack. In passerella si alternano cappe in pelle nera intervallata da patchwork tartan, animalier declinato in diverse nuance da indossare con calze rotte, guanti aperti, capelli rosa shocking e un vasto corollario di quelle immagini che costituiscono per antonomasia l’emblema dell’estetica punk. Tripudio di alta sartorialità nei capispalla scultorei, capolavoro artigiano decorato con patchwork multicolor dal grande impatto scenografico. Grintosa ed androgina, la musa di Watanabe percorre fieramente il catwalk, forte di una personalità esplosiva e di uno stile iconico. Una collezione pensata per nostalgici doc.
Suggestioni Eighties in passerella da Véronique Leroy
Un’ode ai favolosi anni Ottanta sfila sulla passerella di Véronique Leroy: è un trionfo di proporzioni over, spalline maxi e sovrapposizioni sperimentali, in un nostalgico déja vù che ci riporta indietro al decennio più controverso ed irriverente. Sulla passerella parigina tornano prepotentemente alla ribalta i trend che hanno reso gli anni Ottanta iconici, tra flashback ed echi di epoche ormai lontane, perdute nei meandri della memoria o nei ricordi immortalati su fotografie sbiadite. Ma, come talvolta accade, il rischio che si corre riportando in auge il passato è di apparire stucchevoli o scontati: Véronoque Leroy cade nel tranello del ricordo falsato, in una parata di capi che non convincono. Sfilano sovrapposizioni iconiche e note grunge che si uniscono a materiali pesanti, come velluto e ciniglia. Apre il défilé una salopette in velluto indossata su una maglietta bianca, con tanto di stivali in velluto ai piedi. La palette cromatica predilige i toni del marrone e del grigio, accanto a sprazzi rosa shocking. Largo a pantaloni con elastico in vita, da indossare con crop top zebrati, stivali grigi e bomber. Pesante ed eccessivo l’accostamento di giacche bomber animalier con minigonne drappeggiate e collant bianchi: la stilista più di una volta oscilla tra suggestioni tendenti all’overdressing e tentativi di emulare certa moda streetwear in cui però l’eleganza resta la più grande incognita. Dimenticate la subcultura yuppie e i paninari: qui sfila un concentrato di tendenze unite solo dal comune denominatore della nostalgia. Tra improbabili pettinature e accostamenti cromatici eccessivi, sfila una collezione che non convince, lasciando l’amaro in bocca rispetto allo stile a cui Véronique Leroy ci ha abituati. Ci si chiede se gli stessi outfit avessero avuto una sorte diversa posti sotto la lente dell’ironia, altro tratto saliente del decennio in questione, dimenticato però dalla stilista.
La sartorialità minimale di Haider Ackermann
Essenziale e pulita la collezione presentata da Haider Ackermann nell’ambito della fashion week parigina: stanco dell’overstatement e di coup de théâtre di dubbio risultato, Ackermann sceglie un’estetica che predilige la sostanza alla forma, senza perdere di vista l’allure originario del suo stile iconico. “Volevo davvero qualcosa di tranquillo e silenzioso”, così lo stilista ha commentato l’ispirazione alla base della collezione autunno/inverno 2017-18. Lontana dai colori accesi e dalle stampe tropicali dell’ultima collezione, la sfilata ha visto un tripudio di suggestioni workwear, che si snodano in una palette bicromatica, che predilige rigorosamente i toni del black & white. Ackermann torna alle origini, avvertendo forse un’urgenza di semplicità in un mondo patinato che punta invece sempre più alla mera apparenza: una scelta coraggiosa, quella del designer, specie in un epoca come quella attuale, in cui i nuovi arbiter elegantiae passano attraverso i social network. Monastica e scarna, l’estetica dello stilista porta sulle passerelle parigine un trionfo della più minimale sartorialità, tra rare digressioni gold e sprazzi di blu elettrico. Sfilano dress fluidi il cui focus è incentrato sulle spalle: largo a proporzioni cocoon e colli alti, tra capispalla dal piglio tailoring impreziositi da dettagli furry. Chic e voluttuosi i pantaloni in agnello della Mongolia, da indossare con maglioni sobri. Contrasti forti che conferiscono all’intera collezione un’anima eclettica: la personalità è potenzialmente esplosiva, ma si sceglie la via della sobrietà, come un vulcano pronto ad esplodere fuoriescono qua e là dettagli vibranti, come il filo d’oro che illumina maxi dress neri accollati o ancora gonne in pelliccia e piume che accompagnano la più minimal delle uniformi. La musa di Ackermann ricorda quasi una Giovanna d’Arco in chiave contemporanea, con i capelli a caschetto e il volto pulito: largo a lunghi guanti in pelle e stivali da valchiria, a conferire un tocco punk all’insieme. Potente e suggestiva, sofisticata e chic la collezione è perfetta per chi ama certa eleganza timeless, senza perdere di vista la grinta.
Il romanticismo avanguardistico di Yohji Yamamoto
Aria di novità sulla passerella di Yohji Yamamoto: lo stilista ammette il suo impellente bisogno di trasformazione, che dà vita ad una collezione originale e ricca di pathos. Non deve certo essere facile la vita quando si è una leggenda vivente e non solo per il carico di aspettative che inevitabilmente si genera ad ogni stagione. “Dopo più di quarant’anni, sono diventato troppo famoso. La gente normalmente mi rispetta anche senza alcun motivo”, così lo stilista ha commentato, senza peli sulla lingua, la sensazione provata all’apice di una carriera straordinaria, che l’ha reso uno dei protagonisti indiscussi del fashion biz. “Io voglio sorprendere ed ispirare la gente”, così ha continuato Yamamoto, che ha espresso un’urgenza creativa dirompente. Il risultato è un romanticismo avanguardistico, che attraversa la collezione autunno/inverno 2017-18, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda di Parigi. Lirismo ed austerità si alternano senza sosta, in una collezione altamente sperimentale, che sfila sulle note della chitarra suonata dallo stesso designer. Intimista e poetica, la collezione è pervasa da atmosfere oniriche: come un sogno, l’estetica di Yamamoto affonda le sue radici in uno stile vittoriano che si unisce in modo mirabile alle suggestioni sportswear, da sempre cifra iconica del brand. La collezione si pone come una esplorazione iconica delle costruzioni, dei tagli, dei drappeggi che da sempre rendono unico lo stile Yamamoto, dando vita alle sue silhouette entrate nel mito. Tra capispalla scultorei sfila una carrellata di suggestioni teatrali, come tuniche alla Pierrot, party dress con gonne a palloncino, giacche dal sapore army-chic e cappotti altamente scenografici, seppur nel loro minimalismo d’ordinanza. Mirabile deus ex machina della sfilata, Yamamoto continua ad incantare generazioni di fashionisti, grazie ad uno stile capace di trasformarsi, carpendo i nuovi diktat della moda pur senza perdere di vista l’heritage originario.
Sfila a Parigi la sperimentazione sovversiva di Lutz Huelle
Contrasto sembra essere la keyword sulla passerella di Lutz Huelle: la collezione autunno/inverno 2017-18, che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda parigina, è infatti interamente giocata su contrasti arditi ed irriverenti, che sdoganano una nuova moda, in bilico tra suggestioni streetwear e luxury contemporaneo. Lutz Huelle appare perfettamente a proprio agio nel suo giocare con i materiali e i volumi, per silhouette scultoree ed interessante sperimentazione che attraversa l’intera collezione. Lo stilista resta sostanzialmente fedele alla propria estetica ibrida, fatta di contrasti affascinanti e mai scontati: ecco che un giubbotto in denim si unisce ora al piumino oversize, in un gioco che inneggia alla più ardita sperimentazione. I volumi esasperati conferiscono un’aura grottesca, quasi teatrale, ad ogni outfit, specialmente nei capispalla studiati ad hoc per affascinare: le spalle dei trench e di alcune giacche appaiono oversize, tra echi Eigthesi e nuove note streetwear. Le sovrapposizioni sono irriverenti, come nella tunica cin scollo a v da indossare su pantaloni neri e argentati e guanti lunghi; largo anche a sfrontate asimmetrie, come nei dress da indossare con gli stivali firmati da Robert Clergerie. Huelle si rivela un sovversivo, nel suo tentativo di ribaltare i tradizionali diktat imperanti nel fashion biz: sulla passerella regna l’anarchia, ma sempre senza perdere di vista un’estetica di fondo che non smette di affascinare, stagione dopo stagione.