MIA Photo Fair 2018 – il meglio della fotografia d’autore

Che ruolo ha la fotografia oggi? La risposta possiamo trovarla al MIA Photo Fair di Milano, la fiera internazionale delle fotografia d’arte appena conclusasi e allestita presso lo spazio The Mall tra i nuovi grattacieli in Porta Garibaldi.

L’evento, che ha visto un’affluenza in crescita rispetto alle edizioni precedenti – 25.000 visitatori di quest’anno rispetto ai 15.000 della prima – ci rimanda un ritratto di quello che oggi è allettante e in voga, nel mondo dell’immagine. In che modo? Attraverso quei bollini rossi che abbiamo visto accanto a nome dell’autore e prezzo dell’opera, un simbolo che sta a significare “venduto“. E allora le fotografie esposte al MIA sono per lo più destinate ai collezionisti, e il MIA stesso è il mercato del mercato dell’arte fotografica dove, quest’anno, hanno vinto gli stranieri. Sì perché mai come in questa edizione, gallerie e autori parlano una lingua diversa dalla nostra, e soprattutto, una lingua che è armoniosa e melodica come le immagini che la rappresentano, a partire dai fotografi olandesi che, per lo meno in me, hanno lasciato il segno.

A partire da Justine Tjallinks, classe 1984, che riprende il lavoro del ritratto fiammingo, quello pittorico del ‘400 dove il soggetto dipinto crea un’interazione, una sintonia, un collegamento con chi lo guarda (lo spettatore, noi). Opere che si espandono a ceti differenti, quindi non abbiamo solo regnanti ritratti, ma anche la nuova borghesia, i banchieri, i mercanti, che posano di tre quarti e non di profilo, così come posiziona i suoi soggetti Justine Tjallinks. Volti di persone dall’aspetto non convenzionale, un’immagine dalla perfetta ricerca stilistica, quasi aulica, in cui l’atmosfera, la scelta dei toni, lo sguardo, le pose, creano un forte senso di intimità.

@ Justine Tjallinks


Da Jan van Eyck a Erwin Olaf (altro fotografo olandese – e non è un caso), fino a Justine Tjallinks, dal primo che fu un moderno ritrattista fino a chi fa della fotografia un passaggio “moderno” di quello che fu il nostro passato, mantenendone le leggi, la composizione, le regole, le armonie, i significati. E in genere chi le rispetta, non sbaglia.

In questa ottava edizione fieristica, la fotografia diventa necessità espressiva (quindi aumentano gli autori) e forma rappresentativa, con un aumento degli acquisti che, nello specifico, vede i prezzi delle opere partire da 350 a 20.000 euro circa, numeri che arrivano da “Il Sole 24 ORE.

Chi acquista cosa e perché? Perché la fotografia diventa sempre più succulenta, non solo ai fedeli collezionisti di sempre, quelli che andavano con le proprie gambe dagli autori a chiedere delle immagini da comprare, ma anche ai neofiti?

Cosa si legge dietro una “piatta” fotografia? In fondo è la rappresentazione di una realtà, ma vista in maniera distorta e quindi non oggettiva, perché “modificata” dall’occhio che fa “clic”. E’ un oggetto superficiale che esprime un concetto superficiale perché illusorio, voglio dire: se vediamo una modella che ammicca, quell’immagine ci porterà ad elaborare una serie di fantasie che in realtà la macchina fotografica non ha impresso, e cioè il carattere della modella, la sua vera natura, il suo andamento, il linguaggio che usa. Vediamo invece quello che il fotografo ha voluto sussurrarci, il desiderio di una bocca socchiusa, la sensualità in una spalla nuda accarezzata dai capelli sciolti, ci racconta sottovoce del guizzo intelligente attraverso gli occhi curiosi, o accenna la dolcezza con uno sguardo umido. Ma sono solo dei mezzucci per occultare il vero. Perché dietro quel finto sentimentalismo, dietro quell’apparenza, abbiamo magari un maschiaccio, una persona scortese, una donna volgare, un’analfabeta, un rude, una a cui puoi solo chiedere di “mettersi in posa”. E allora cos’è la fotografia se non la conferma che l’essere umano vuole essere preso in giro? Così come ha bisogno di simboli per pregare, una chiesa, una croce, un dio sofferente, ha bisogno di ritratti per sognare. E la bravura di un ritrattista sta nel rendere bello ciò che gli altri ritengono privo di interesse.

Leggendo alcune interviste a noti fotografi, la risposta ricorrente alla domanda “Cosa rappresenta questa immagine?” è sempre la stessa: “Semplicemente quello che vede”. Un paesaggio rappresenta un paesaggio, un volto rappresenta un volto, un’albero riflesso sull’acqua rappresenterà un semplice albero riflesso sull’acqua. Chi ha inventato il “concetto” dietro la fotografia? Sicuramente qualcuno che ha un ruolo molto vicino a quello del critico d’arte, o per essere più precisi e non fraintesi, a colui che dell’arte ne scrive le prefazioni sui cataloghi delle mostre. “Bla bla bla bla bla bla“.

Quante fotografie hanno quel privilegio? Quello di essere davvero più di ciò che raccontano, più di quello che la carta stampata o un file jpg ci rimandano? Poche. E al MIA Photo Fair, per chi ci è stato, si ha avuto la fortuna di poterle vedere: i ritratti di Steve McCurry, i reportage di Sebastiao Salgado, la potenza comunicativa dei colori di Joel Meyerovitz, i bianco e neri di Mario Giacomelli, l’umanità delle stars di Harry Benson, l’eleganza di Edward Quinn, la visione geometrica di Gabriele Basilico


@ Steve McCurry


E ancora ritroviamo al MIA Photo Fair un Giovanni Gastel nuovo, con delle fotografie che sembrano un omaggio al pittore Edward Hopper.

I suoi colori, i tagli netti della luce, il silenzio degli interni, i dettagli freddi, spogli e artificiali, lo sguardo del soggetto perso nel vuoto.

E’ un nuovo stile per spronare le coscienze?


@ Giovanni Gastel


Diverso è invece lo spazio riservato a Settimio Benedusi, che anziché partire con una esposizione “già stampata”, ha progettato dei ritratti momentanei rivolti al pubblico, in cui ogni foto ha il valore di 30 euro. Il progetto ha preso il nome di “NON MI RICORDO“. Perché? “Quando tra 10 anni mostrerete la vostra stampa e vi chiederanno “quanto l’hai pagata?”, voi risponderete: NON MI RICORDO.”
Il fotografo è stato pero’ costretto a delegare i ritratti a degli assistenti a causa di un grave problema di salute. Ora sta bene per fortuna e, anche nell’ospedale dov’è stato curato, il reparto di chirurgia di Imperia, non ha resistito a prendere in mano la macchina fotografica e dire “grazie” con i suoi simbolici ritratti. Credo abbia più valore esporre questi:

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@ Settimio Benedusi


Qui una piccola selezione delle immagini esposte al MIA PHOTO FAIR 2018:



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