Si è appena conclusa la mostra “Frida. Oltre il mito” con un record di presenze per il Mudec di Milano: oltre 360.029 visitatori per la monografica che entra nella top ten delle mostre più visitate di sempre a Milano, inserendosi al terzo posto.
La mostra ha registrato inoltre un altro primato: è stata per ben 11 settimane al primo posto tra quelle più visitate in Italia. L’esposizione ha raccolto, per la prima volta in Italia e in un’unica sede, tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, e ad accrescere la sua importanza, la presentazione di inediti tra dipinti, disegni, fotografie e documenti epistolari.
La si odia o la si ama, ma Frida Kahlo è (e questo non ha zone d’ombra) un’icona di stile e un personaggio che ha lasciato delle impronte in ambito artistico, stilistico e politico.
Tutto il corpo della sua opera è di natura irriducibilmente politica, anche quella giovanile, persino i suoi disegni (i più interessanti), ogni immagine si fa veicolo della resistenza sociale e dell’opposizione. Tutta la tensione a cui la vita l’ha obbligata, a partire da quel terribile incidente che l’ha costretta a sottoporsi a ripetuti interventi nel corso della vita, diventa energia vibrante nei suoi quadri. Quadri che hanno il linguaggio del surreale, che possiedono ogni sorta di simbologia, che rimandano ai terribili episodi della sua vita. Sfortunata, per quanto ricca di incontri importanti e di amicizie influenti, perché il dolore fisico l’ha sempre accompagnata, come un’ombra, come un macigno da cui è impossibile separarsi, come quel palo nell’incidente in autobus, che le ha attraversato schiena e vagina. L’evento che accosterà, come malefico, all’incontro con Diego Rivera, l’uomo che sposerà.
Il suo corpo si fa, da subito, veicolo di messaggi, manifesto di protesta , usato per contestare ingiustizie, malvagità, delinquenza, controllo, a partire dai suoi autoritratti, il suo inizio, l’immagine riflessa allo specchio che l’ha accompagnata nelle ore agonizzanti bloccata a letto. Frida fece installare uno specchio sul soffitto per potersi guardare e dipingere la propria figura, da allora, quelli che noi oggi chiamano “selfie” sono stati le pagine di diario che ci raccontano il suo carattere psicologico. Nel 1948 ne dà alla luce uno, il suo secondo, in cui appare indossando il copricapo tradizionale da Tehuana, che Diego Rivera (il grande pittore messicano, suo marito) amava tanto. Qui Frida appare sofferente, intrappolata, prigioniera del suo stesso dolore. Gli occhi, lacrimanti, non dissimulano la tristezza, ma al contrario la amplificano recuperando l’iconografia mariana della Vergine Addolorata. I contorni del viso sono marcati e i baffi induriscono il volto conferendole l’aspetto maschile che Frida non nascondeva. Sono gli anni in cui Frida reclama un po’ di pace, qui equivocata dalla paloma de paz (la colomba) posta al centro del medaglione.
Imperfetta o tecnicamente sbagliata, la pittura di Frida Kahlo si fa potente nelle immagini, che hanno forza espressiva e oratoria. Si muove tra la realtà e la metafora, creando storie torturanti, disturbanti, necessarie per mandare in frantumi l’indifferenza e il generale senso di impotenza. E trova sempre, anche in questo quadro che racconta un episodio di cronaca, “Qualche colpo di pugnale”, un’attinenza alla sua vita privata. Qui una donna ricoperta di sangue giace sulle lenzuola completamente nuda, indossando solo una calza con giarrettiera scivolata alla caviglia e una scarpa. Accanto alla vittima, il carnefice, una mano d’indifferenza nella tasca, e l’altra colpevole con un pugnale alla mano; Frida lesse la storia dell’omicidio su un giornale, un raptus di gelosia dell’uomo che si difese davanti al giudice dicendo: ” Sono solo pochi colpi di pugnale”. Proprio come Rivera, accanito donnaiolo, giustificava i suoi innumerevoli tradimenti: “E’ solo sesso, non significa niente”. Frida ha in quel momento ha il cuore spezzato, ha appena scoperto la relazione extraconiugale tra Diego e sua sorella Cristina, ma il dolore è talmente forte da non riuscire a dipingerlo in prima persona, usa così la proiezione della sua digrazia in un’altra donna.
Frida Kahlo ha utilizzato tutti i mezzi che aveva a disposizione per esprimersi, lo ha fatto attraverso l’arte pittorica e tramite l’uso del suo corpo, vestendosi di grandi collane e abiti tradizionali, e agghindando le sue acconciature con fiori freschi e nastrini colorati. Le trecce facevano da corona intorno alla testa, il classico scialle messicano copriva le spalle o veniva usato intorno alle ampie gonne, le sopracciglia erano folte, nere e unite al centro, il suo tratto distintivo insieme alla peluria sopra la bocca e agli abiti maschili che amava spesso indossare, a volte per provocazione, altre perché non amava le etichette; noi oggi la chiameremmo gender, lei è arrivata prima di noi!